02 Maggio 2024

“Un incanto di vita”. Edward Carpenter, il messianico anticonformista che cambiò la vita di E. M. Forster

Un rifugio di ritrovata armonia: così si stagliava davanti agli occhi di Edward Morgan Forster la luminosa visione del cottage di Millthorpe, l’appartata casa di campagna, situata al confine del Peak District nello Yorkshire settentrionale, dove il filosofo e poeta inglese Edward Carpenter aveva messo radice insieme a George Merrill, sensibile lavoratore di Sheffield e suo amato compagno, dei quali lo scrittore aveva l’onore di essere ospite un giorno di settembre del 1913.  

Una sorta di Walt Whitman anglosassone, il profilo di Edward Carpenter figurava per fama, stile di vita e pensiero come un lontano fratello d’oltremanica del caro bardo americano (d’altronde, lui Whitman lo aveva incontrato ben due volte durante i suoi soggiorni statunitensi, rimanendone incredibilmente affascinato, e da allora gli avrebbe mostrato il proprio debito ponendosi come suo continuatore nell’opera dall’impegno democratico con testi come Walt Whitman’s Children). Personalità poliedrica, fervido attivista socialista, utopico militante fabiano, vegetariano e antivivisezionista, libero pensatore la cui ampia produzione in prosa e versi va affiancata alla calcata marcia per l’abbattimento delle distinzioni di classe, in difesa dei diritti dei lavoratori, alla feroce critica mossa all’industrialismo e al sistema capitalistico, oltre al merito di essersi ribadito eletto sostenitore dell’amicizia cameratesca fra uomini e portavoce progressista dell’ideale di “amore omo-genico”, concetti di grande modernità espressi con efficace forza retorica e suffragati da innovative tesi filosofiche nelle sue opere più importanti, tra i capisaldi lo si ricorda innanzitutto come l’autore visionario dei celebri saggi Homogenic love and its place in a free society e l’antesignano The Intermediate Sex (entrambi fondativi negli studi di genere) che ne fanno un precursore assoluto del movimento di liberazione omosessuale in area britannica.

Edward Carpenter (1844-1929)

Nei primi del Novecento Carpenter rappresentava un punto di riferimento intellettuale e una guida spirituale per chiunque denunciasse un’aperta differenza sessuale e una dissidenza di pensiero rispetto ai codici etico-normativi e alle convenzioni sociali del periodo post-vittoriano. Per questo l’amico Forster l’aveva descritto come un reincarnato profeta, un messianico pastore laico (in gioventù si era addirittura spogliato dei panni di sacerdote per indossare dei leggeri sandali da lui stesso ideati, che ancora oggi portano il suo nome), un anticonformista dallo stile yogico e la folta barba bianca, il quale emanava un’aura radiosa di autorità, senza nascondere un’immensa gentilezza, un atteggiamento paterno che ispirava la grande fiducia con cui era capace di raccogliere attorno a sé larghe file di amici e sostenitori a mo’ di entusiasti discepoli. Con coraggio aveva abbracciato una vita fuori dagli schemi, coltivando i principi rivendicati a livello sociale, e la duratura relazione col più giovane compagno si era dipanata, quasi del tutto in segreto e fuori dall’occhio intrusivo della legge, all’ombra dei processi e dell’esemplare scandalo d’indecenza di Oscar Wilde, durante tempi difficili in cui la giustizia aveva rinsaldato più strettamente le maglie delle condanne in merito agli atti pubblici e privati di ‘sodomia’ emesse a tappeto in tutto il paese (la criminalizzazione dell’omosessualità in Inghilterra cadrà soltanto nei tardi anni Sessanta con un lento decorso di depenalizzazione, alla rimozione del rigidissimo e spietato Labouchere Amendment).

Per un allegro trentennio avevano vissuto l’uno al fianco dell’altro fino alla morte prematura di Merrill, sopraggiunta di colpo nel gennaio 1928, a cui seguì di lì a poco quella dell’anziano Carpenter, aggravatosi per il dolore infertogli dall’assenza del partner che lo vide costretto sul letto di morte da un attacco paralitico con tutti gli aspetti di un crepacuore. Per una singolare nemesi, il tragico epilogo sanciva il credo e lo spirito ‘uraniano’ al quale il poeta-filosofo era fedele, e sotto la cui ala si ponevano tutti quegli scrittori omosessuali – uniti e animati dall’altra Afrodite Urania che ispirava il loro sentimento – esponenti del movimento degli “Uranian Poets” (tra le sue file annovera figure del calibro di John Addington Symonds, Ralph Chubb e Lord Alfred Douglas, a cui il nostro era marginalmente legato, condividendone forme e tesi poetiche) che dalla fine del XX secolo cominciava a riflettere intorno alla possibilità di espressione e alla legittimità dell’amore maschile. In accordo a quell’ideale, per Carpenter, gli amanti si giuravano estrema fedeltà con un patto eterno, rimanendo legati per tutta la vita, anche se a dividerli era la morte (per ultimo volere, il suo corpo è stato inumato e riposa assieme a quello di Merrill presso il Cimitero di Guildford nel Surrey). Va ricordato anche l’intimo scritto da lui dedicato al compagno di una vita ritratto con forte attenzione psicologica in George Merrill, a true history, & study in psychology (1913).

Comrades. Carpenter al centro e Merrill ai suoi piedi, in giardino a Millthorpe. Da notare, i tipici sandali ideali alla simple life di campagna, fabbricati e indossati da Carpenter.

Così, l’arrivo di Merrill a Millthorpe, chiamato dapprima nel ruolo di domestico nel febbraio 1898, adocchiato da lontano mentre “trascinava a fatica in un carretto, con l’aiuto di due bambini, i suoi umili averi sulle colline durante una scoraggiante tempesta di neve”, viene raccontato nel poemetto Hafiz al suo coppiere, trasformato in un momento epifanico dal valore iniziatico per entrambi, in versi sommersi di luce, calore e tenerezza, in cui l’adorante padrone si dichiara pronto ad accogliere a braccia aperte il giovane comrade nella sua nuova casa, riprendendo la parabola del ritorno di un prodigo figlio. Con parole magnanime, l’auspicio favorevole per la loro relazione viene dunque elogiato come un dono, mescolando le categorie semantiche di ‘amico’ e ‘amante’, padre e figlio, sapientemente confuse nel libero spazio della lirica. 

“Figliolo, tu che arrivasti dagli
affollati sentieri di Shiraz,
a passi esitanti,
venisti a me e posasti la tua vita
ai miei piedi
pallido e carico di vergogna,
come un uomo avvinto dal vino degli dèi:

accetto il tuo dono,
tanto grazioso e sfavillante,

il tuo ingenuo dono,
come quello di un semplice bimbo

preso dalla meraviglia, come un uomo
che veda sbocciare una rosa

in inverno o un cipresso
in mezzo a una terra rocciosa;

o trovi tra la marna e
l’argilla, sotto ai suoi piedi,
un rubino ben racchiuso –
e fermatosi lo raccolga.
[…]

Vieni, figlio mio (da quando sei stato tu a dirlo),
lontano da tutta Shiraz,

Hafiz ti accoglie come suo compagno. Andiamocene
per un incanto di vita lungo la strada insieme”.

Al momento della visita di Forster, l’esistenza anticonvenzionale dei due trascorreva ancora serena e immersa nella vita di campagna, dove provvedevano autonomamente al proprio fabbisogno, in comunione con i ritmi naturali, lontani dalle asfittiche logiche morali e dalle costrizioni dei ruoli imposti dalla repressiva società benpensante che all’epoca condannava la pratica omosessuale esecrandola come “indicibile vizio”. Soltanto vivendo perlopiù ritirati e vicini ai propri intimi amici ed ospiti più fidati, tra città e campagna, i due uranians erano riusciti a rifuggire il rigido sistema di classe che rendeva inconciliabile, oltre al sesso, il sostrato altoborghese di Carpenter con quello working class di Merrill, a condurre una vita indipendente, autosufficiente, all’insegna della “Simple life”: la filosofia di libertà e minimalismo elaborata da Carpenter (che avrà poi molti seguaci primo-novecenteschi) come unico antidoto per superare le oppressive dinamiche economiche del capitalismo borghese e i devastanti effetti dell’industrialismo, per cercare di “riconnettersi alla Natura” e sfuggire in tal modo alla forza disumanizzante della modernità nel sogno di un’utopica armonia sociale, con quartier generale Millthorpe, che Forster aveva designato col nome di shrine, un sacro “tempio” bucolico incapsulato di pace e giustizia.

Su tali temi, si segnalano alcuni testi di carattere sociologico e ambientalista che presentano l’autore come un nuovo Thoreau, tradotti per la prima volta in Italia e raccolti nel volume Per una vita più semplice, a cura di Mauro Maraschi, uscito nel 2022 per Piano B Edizioni.

A contatto con questa particolare atmosfera domestica, la curiosità di Forster lo aveva fatto sentire di certo un intruso, un escluso da un simile rapporto d’amore, proprio lui che aveva tenuto il territorio della propria omosessualità celato sotto una coltre di paure e insicurezze – gli si addiceva forse il soprannome di “Talpa”, affibbiatogli dagli amici del Bloomsbury per il suo carattere schivo, introverso e la vista corta – tant’è che mai era riuscito ad esternare liberamente le sue pulsioni più intime e a venire a patti con la verità più autentica del proprio essere. Non poteva che restare esterrefatto di fronte alla disinvoltura dei modi di Merrill e attirato come un magnete dal carisma della personalità di Carpenter. Come da una forza di natura quasi trascendente, il risveglio spirituale fu ben presto annunciato allorché la frequentazione sporadica dei due amici lo incoraggiò nella sua profonda autoanalisi, un ripiegamento nella parte più nascosta di se stesso, offrendo motivo per una lucida presa di coscienza e maturazione della propria sessualità repressa che ebbe nel romanzo Maurice (apparso postumo dal suo secrétaire, dopo una lunga gestazione durata per decenni, soltanto nel 1971) il suo più compiuto esito di esorcismo in forma di fictio narrativa. Rievocato vividamente l’incontro tra i tre uomini nella celebre Nota posposta al suo romanzo “segreto” che da lì prende origine, investendo della sua carica omo-erotica i tre giovani protagonisti maschili, un improvviso tocco di Merrill – lievemente malizioso e appena accennato sul fondoschiena del rigido scrittore – bastò ad accompagnare l’impressione generale della visita stimolando al contempo l’immaginazione creativa e finendo per agire da catalizzatore o, forse più di questo, come l’ultimo scossone alla corda profonda per l’ispirazione chiave alla scrittura, già da tempo tesa al suo intimo ascolto.

Per i due amanti del romanzo, Maurice e Alec, non può esistere nella società del tempo un posto loro riservato per vivere come meritano e desiderano, rischio la condanna e la pena, per ciò fuggono dal libro nel sovversivo finale aperto (dedicato da Forster “a un anno più felice”) diventando degli absent, dei volontari reietti, ma a ragion veduta lo saranno assieme fino all’ultimo, senza alcun consenso da parte delle loro famiglie borghesi né in attesa di un appoggio da parte delle masse popolari. E se il lieto fine prefigurato per loro dalla penna dell’autore era quello di perdersi nei boschi, risolvendosi “via dalla pazza folla” nel sogno di una ritrovata Albione premoderna e preindustriale, vaneggiata da Forster come l’unica via di scampo al di fuori delle catene che ostacolavano la libertà sessuale nell’Inghilterra edoardiana, la storia di Carpenter e Merrill era invece simbolica di una nascente possibilità per chi viveva nel buio: una sfida al residuo d’intolleranza dell’imperante retroterra vittoriano la cui cappa di puritanesimo non si era sollevata affatto nella direzione di riconoscimenti civili e parziali diritti per gli omosessuali nella più libertaria età edoardiano-georgiana.

Il ricordo di Merrill, ancor prima degli avvenenti guardiacaccia di D. H. Lawrence (dietro cui sembra celarsi la sua più modesta figura), potrebbe inoltre aver contribuito a modellare il personaggio forsteriano del giovane gamekeeper Alec Scudder,  prendendo le mosse dall’abbozzo rozzo e disinibito del fraterno Stephen Woham nel precedente romanzo più autobiografico dell’autore, l’amatissimo The Longest Journey, riplasmato nelle sue vesti con la differenza che qui la salvezza del protagonista, in primo luogo in termini di distanza dalla propria classe e poi dalla morsa della società intera, proviene non dall’amicizia puramente fraterna o dalla fiducia infine ripagata ma dal richiamo notturno dell’amante-liberatore che prenderà la via della scala appoggiata alla finestra della sua camera da letto per farsi posto accanto a lui, dall’offerta del piacere carnale e della passione erotica contro ogni casta mistificazione e riflessione platonica sull’amore, passando attraverso il risveglio dei sensi con l’ingenuo e reticente Clive Durham nelle claustrali aule di Cambridge e superandolo per avviarsi su un cammino di crescita individuale e redenzione dalle ombre del gravoso senso di colpa e dal castigo socialmente imposto. Una vera e propria rivelazione sfociata in un’ardente reazione di ribellione dalla forza di natura antisociale che lo porterà, in parallelo al simbolico percorso di formazione dalle tenebre della notte verso l’immersione nella luce e concluso nel riparo dei boschi, alla consapevolezza di sé, dei misteriosi segreti del cuore e i vitali desideri del corpo, fino all’autoesclusione che ha il sapore dolce amaro di una difficile ma conquistata libertà. 

Pierluigi Piscopo

Gruppo MAGOG