16 Giugno 2023

Herbert Read: l’epopea poetica di un anarchico Sir

Tutto, forse, va ricondotto alle origini, all’erebo dell’infanzia. Herbert Edward Read nasce il 4 dicembre del 1893 a Muscoates, piccolo borgo del North Yorkshire, primogenito di un fittavolo trafitto da nobili utopie. I vicini dicevano che “i Read erano degli snob”: avevano una governante, il padre portava i figli – quattro – a caccia. Credeva in ciò che nobilita l’uomo: lo svago, il vagabondaggio, il diamante della vita. Vivere tra solchi, boschi, sangue che brilla, appendice della luce. Quando morì, il proprietario si riprese la terra e i Read si dispersero: Herbert fu spedito ad Halifax, in un istituto per orfani; la madre trovò lavoro in una lavanderia, a Leeds.

Nel ragazzo, voglio dire, si sommavano due attitudini egualmente ferine: la fame di fama, appropriata ai poveri, ai defraudati, e la rivolta contro l’ordine costituito. Talentuoso, sagace, esagitato, con quel viso da faina, Herbert Read interruppe gli studi – alternava le lezioni universitarie al lavoro in banca – allo scoppio della Prima guerra. Spedito in Francia con la divisa dello Yorkshire Regiment, riuscì a tornare in patria decorato della Military Cross e con i gradi da capitano. Nel frattempo, insieme a Frank Rutter, aveva trovato il tempo di fondare una rivista, “Art & Letters”, che riassumeva i suoi interessi: l’arte e le lettere, appunto.

Sir Herbert Read (1893-1968)

Ad ogni modo, tutto è nelle origini. L’infanzia rurale, con la certezza di essere un re frainteso e senza pari; il ricettacolo per gli orfani. Da lì, la letteratura come riscatto, l’esigenza di sfuggire al ricatto dello Stato, il pallino per una nuova educazione, che non crei cittadini con lo stampino, sudditi, ma uomini. Nel dettato poetico, Herbert Read fonde la fiaba con l’estro dei poeti metafisici, il sole della tradizione – Keats, George Herbert, Coleridge – con l’egida modernista – preferiva Marianne Moore e William Carlos Williams. I suoi primi libri in versi, autopubblicati, sconvolgono fin dal titolo: Songs of Chaos (1915) e Naked Warriors (1919) imprimono una nuova audacia alla poesia britannica. Allo stesso tempo – atavico spirito nobiliare, pur di latta, dei Read – il poeta pubblica, nel 1919, una serie di delicatissime Eclogues per la Beaumont Press in duecento copie numerate, di cui trenta stampate su tessuto giapponese, con le illustrazioni di Ethelbert White, un gioiello. William Butler Yeats è affascinato da questo poeta così diverso da lui, che con spietata eleganza mette in versi la morte e la mattanza: nel leggendario “Oxford Book of Modern Verse” diciassette pagine – tratte da The End of a War, Faber, 1933 – sono dedicate a Herbert Read. Per intenderci, Ezra Pound, in quella stessa antologia, è stipato in sei pagine; T.S. Eliot in dodici.

Antifranchista, poligrafo, in lotta con tutti, Herbert Read professa il suo personale anarchismo dagli anni Dieci. La fede anarchica si concretizza in una serie di saggi – Poetry & Anarchism; Art and Industry; Art and Alienation; The Paradox of Anarchism; Existentialism, Marxism and Anarchism, Chains of Freedom – spesso affascinanti. Certo, Herbert Read si foggia un anarchismo sul suo passo, che passa per Max Stirner e Schelling, che fonde William Morris e i Preraffaelliti con Peter Kropotkin. È, per così dire, un anarchismo ideale, per lo più lirico, forse metafisico. Insieme a Michael Fordham, cura, dagli anni Cinquanta, l’edizione inglese dell’opera omnia di Carl Gustav Jung.

Nel 1953 la Regina Elisabetta II lo elegge Knight Bachelor for services to literature. Per Herbert Read è il riconoscimento perfetto: lo chiamano Sir, raggiunge i gradi che il padre credeva di possedere per carisma, il contadino preso per snob dai vicini, che andava a caccia, con fiera prestanza. I colleghi anarchici non gliela perdonarono, Read passò oltre: insieme a George Orwell e a Eliot è stato il maestro di quegli anni, l’autorità massima. Il suo unico romanzo, The Green Child (1935), è una specie di fiaba gotico-filosofica, inesplicabile, che ha per protagonista un immaginario dittatore sudamericano, Olivero, che si muove in pieno Ottocento. Il libro, come La fanciulla verde, fu pubblicato da Bompiani nel 1952. In Italia, ebbe una certa fama l’Herbert Read saggista, l’esperto d’arte, il genialoide che nel 1936, insieme a David Gascoyne, a Henry Moore e a Roland Penrose, aveva organizzato l’International Surrealist Exhibition presso le New Burlington Galleries, a Londra. Nel 1962 Lerici pubblica il suo studio su Arte e industria; dagli anni Sessanta le Edizioni di Comunità pubblicano Educare con l’arte (Read era affascinato dai disegni dei bambini, da una scuola, antisistematica, che passava attraverso il verbo artistico); nel 1968 Mazzotta pubblica Arte e alienazione mentre Dedalo traduce I simboli dell’ignoto (1977); nella ‘Biblioteca moderna’ Mondadori stampa Il significato dell’arte (1962) mentre Silvana si occupa di editare L’opera completa di Marino Marini curata da Read (1970). La sua poesia è stata, invece, ingiustamente ignorata, che ignoranti.

Onnivoro, polimorfico, malsopportato dai vili, Herbert Read muore nel giugno del 1968. Gli accade ciò che capita a chi ha segnato un’epoca: viene, cioè, decorosamente, dimenticato. Il nobile anarchico, il sovversivo Sir fu davvero troppo.

***

Canzone per gli anarchici spagnoli

Il limone d’oro non esiste
cresce su un verde tronco:
un uomo forte dagli occhi di cristallo
è un uomo libero.

I buoi passano al giogo
i ciechi sono condotti in schiere:
ma un uomo libero ha la strada per sé
e una casa sulla collina.

Un uomo è chi coltiva la terra
mentre la donna tesse i suoi abiti:
cinquanta uomini posseggono il limoneto
e nessuno è schiavo.

*

Notte

I tetti scuri precipitano
nell’infinità del cielo.

I balconi bianchi dalla luna
infiammati sembrano
mani giunte in preghiera.

*

Pensieri invernali

La vita è breve…
sono vecchio
dopo un’era di dolore.

La terra svela
una triste nudità:
le colline si piegano
sulla mia sofferenza.
Distillata pace
in cui gridano i vivi
e i morti, snervati,
perdono il genio del sonno.

Da un funebre calco
gli astri tardivi sembrano una blasfemia.

*

Notturno

Costruirò per lei un letto di felci
alla foce degli alberi
e lei verrà a me nuda nella luce stellata
e quando mi inginocchierò per baciarla
capirò che è umana – odore mescolato
alla resina del bosco, come sale nel pianto.

Non rivolgeremo più parola
al mondo: ci caleremo
presso la verde pozza
sdraiandoci sull’erba
a bere, insieme.

Libellule e pipistrelli
gli uccelli che dormono tra i rami
saranno i nostri compagni.
Le pecore nei campi
vedranno i nostri corpi, bianchi,
sgargianti nel crepuscolo
inghiottito dal bosco.

*

Tetti

La città vibra: sopra
il suo sordo clamore
i tetti sembrano lame
frastagliate che irrompono
nella nebbia dorata – mosaico
di tessere luminose, lapidario
che brilla metallico.

Presto sbocceranno le stelle
sono le suole della morte, i tetti,
eteree sagome che bucano l’oscuro re.

*

Meditazione di un amante all’alba

Vedo gli alberi lontani
e mi domando se i loro
pennacchi si inchineranno
al tuo passaggio, mentre
il vento trascina i suoi carri…
Oppure, sono semplici creature
che tremano nella fredda luce dell’alba,
foglia gialla che si scuote
appesantita dalla rugiada.

*

Nella brughiera

Bianchi umori venano la Terra
i venti linfatici della primavera
velano l’origine del mattino
mentre sul colle
uomini cominciano a scavare
voltano la terra, la cruda zolla,
scampanio di zappe sulle pietre.

I cavalli corrono sulla sabbiosa via, in silenzio.

Avida la corsa, bianca
di chi ora si appoggia alla fontana.

*

Vittime dei bombardamenti: Spagna

Sono più rosei i volti delle bambole, è vero ma questi
si chiamano bambini, i loro occhi non sono di vetro, ma cartilagine
che luccica, iride cupa: nel loro sguardo argenteo
si è fratturata la luce del sole. Labbra pallide
calde, appena poco fa – il sangue li fa
lucidi, perfetti, sangue
che non si versa, che non si spettina,
è chiuso su quel grumo di carne.

Tra queste intrecciate ombre
i rossi petali non si coagulano
sempre in una cicatrice.

Questi sono volti morti:
arnie che non hanno cera
braci di legno che abbracciano
il cuore cinerino.

Li hanno disposti in schiere
come lanterne di carta
crollate dopo una notte frivola:
l’aria secca del mattino
le ha sbriciolate.

*

Lepidotteri

Le crisalidi hanno facce rosa
prive di ataviche verità come le basette
uniforme fiamma sotto cervici di feltro –
svergognate torce alla luce del giorno.

Intenti a una solenne inanità
preferiscono atteggiarsi al torpido.

Fino quando non cala la notte
e spogliati delle guaine grigie e di ogni
altro orpello, imitano Narciso in un medioevo
di specchi oscuri, mostrano le loro grazie
al bagliore malato dei gas, sulle trapunte
rococò: per un po’, giocano a fare
i coribanti.

*

I sette dormienti

Prima di lasciare la luce e il colore
della terra, i sette dormienti piansero
per sette giorni (vanificando le loro paure).

“Ciò che è bello non svanirà.
Ci ritiriamo nella nostra caverna
condannati a dormire diecimila anni.
Una roccia sigillerà il divario.

Dunque, dimentichiamo tutto
rigidi e freddi restino i nostri corpi
in una quiete inutile. La Terra si muoverà
al nostro cospetto, mostrandoci
che è mortale.

Al nostro risveglio chiameremo
bellezza la solitudine per terra e per mare”.

Herbert Read

Gruppo MAGOG