Hanno osato esibire la loro disinibita intelligenza diventando oltraggio, ostaggio di chiacchiere e maldicenze, neglette dal “canone” – ipocrita – della letteratura del loro tempo.
Donne diverse, dall’esistenza, a tratti, conturbante e contraddittoria, che hanno percorso la via della rinuncia e quella della lussuria, hanno frequentato il sanatorio e i più importanti salotti di Londra e di Parigi, hanno preferito l’avvenenza pubblica o la penitenziale stola dell’anonimato. Sottratte al proprio secolo, sorrette tra tutto e nulla, tra la Maddalena e le Baccanti. Dotate di un’artiglieria di artigli verbali che ancora reca il prezioso stigma dello scandalo.
Da Banine, spregiudicata ammaliatrice, ninfa ninfomane, amante di Ernst Jünger, che si getta nel baratro della fede a Dorothy Wellesley, poetessa di incomparabile grandezza, idolatrata da William Butler Yeats, amante di Vita Sackville West, indifferente ai proclami della fama. Da Margiad Evans, speleologa dei neri latrati del cuore, solitaria avventuriera nelle vie oscure della letteratura a Margot Ruddock, la pura ispirata che per eccesso di candore finì i suoi giorni in manicomio, autrice di un unico libro di marziale e ingenua bellezza.
Di quale estremismo sono colpevoli queste donne? Hanno snaturato i cliché che le avrebbero volute pie mogli, abili mestieranti della cultura, cameriere votate alla causa femminista. Sono state, colpevolmente, se stesse: per questo, inclassificabili, non registrate in club, movimenti letterari, partiti politici.
Hanno tentato di dimenticarle, leggerle è un gesto di rivolta.