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“La poesia sarà divina il giorno in cui le parole diverranno plastiche”
W. H. Auden lo riteneva, con Emil Cioran, “lo scrittore francese più originale emerso dal dopoguerra”. Aforista esuberante, dall’immaginazione ferina, Malcolm de Chazal, piuttosto – a guardare le fotografie – pare il gemello di Pessoa. Nato alle Mauritius, da possidenti terrieri, per un po’ pensò di darsi alla coltivazione dello zucchero e all’industria tessile, studiando – e lavorando – in Louisiana e a Cuba. L’esperienza – per sua somma gioia – fu un fallimento: de Chazal si ritirò nell’isola natia, impiegato in un ufficio statale (“Feci sfoggio di incapacità. Almeno, mi hanno lasciato in pace”, dirà), dandosi, totalmente, alla scrittura. I suoi libri, un elettroshock per il cervello, escono, con trasalimenti da poligrafo, per minuscole edizioni. Jean Paulhan, estasiato da questo “singolare Malcolm de Chazal, giunto da un pianeta alieno”, fa pubblicare da Gallimard Sens-plastique, libro anomalo, impossibile, presto ‘di culto’. Ma Chazal è ostile ad ogni rito che non riguardi la propria misantropia: rifiuta le coccarde offertegli dalla Regina d’Inghilterra, guarda con scherno ai tributi di André Breton e quando lo propongono al Nobel si smarca. Come da caustico copione.

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Illustrazione in copertina di Angelo Borgese

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2024