Architetto, musicista, esploratrice del suono e della chimica cerebrale, studiosa e praticante della meditazione vibroacustica. Costanza Francavilla è un soggetto smarrito ancor prima di essere stato catturato. Si concede a Pangea nell’esclusiva narrazione di sé dietro una folta patina di umiltà e umanità ricca di conoscenza. Costanza compone e produce musiche per numerosi movie trailers tra cui Blade Runner 2049 (con Ryan Gosling ed Harrison Ford), Counterpart (con il vincitore dell’Oscar J.K. Simmons), The Hunger Games e L’inganno di Sofia Coppola. E altrettanto numerose le colonne sonore, tra cui quella per Friedkin Uncut – documentario sullo straordinario ed anticonformista regista dell’Esorcista William Friedkin, in concorso al Festival del Cinema di Venezia ’18 – The End of Time del visionario filmmaker Peter Mettler (con featuring di Monolake e Richie Hawtiin) , S is For Stanley (con John Cummings dei Mogwai), vincitore del David di Donatello nel 2016 come miglior documentario – e Free Men, docu-film patrocinato da Amnesty International sull’incredibile storia del condannato a morte Kenneth Reams. Numerosi gli spot, tra cui quelli per Cadillac, per serie televisive su Netflix (tra cui l’italiano Baby), e CSI, vincitore di molti premi agli Emmy Awards. L’Italia dovrebbe essere riconoscente nei confronti di una donna che fa del proprio lavoro un oggetto di studio evolutivo ad ampio raggio.
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“Sono sempre stata legata al mondo dell’arte sin da piccola perché mio padre è un artista, architetto, scultore, ha lavorato nel cinema e nel teatro. Mia madre è una manager superfemminista, azienda privata, personale rigorosamente femminile. Sono cresciuta in un ambiente di emancipazione e spinta a lavorare col culto del piacere, fare crescere e costruire il mio futuro per la realizzazione di me stessa e dei miei desideri. Inseguire i miei sogni e far si che potessi divulgare gli aspetti positivi del mio percorso. Formazione anche per certi versi spirituale nonostante non sia affatto cresciuta in un ambiente religioso. Assistere alle fasi di pittura, ascoltare vinili uno dietro l’altro sono doni preziosi. Ho studiato greco antico e architettura, ho conosciuto molti musicisti coi quali poi ho formato il mio primo gruppo punk-rock a diciotto anni. E ho trovato il mio primo collegamento tra la scienza e l’arte. Studiando al conservatorio da bambina, il mio approccio con l’architettura ha sancito come la chiusura di un cerchio; analisi, matematica, urbanistica, storia dell’arte non hanno fatto altro che farmi da trampolino per le mie ricerche musicali. L’architettura è sempre stata un punto di riferimento nella costruzione dei brani, le fondamenta con i bassi, la parte decorativa con le frequenze alte, in sostanza con la mia musica è come se costruissi sempre un’opera architettonica pur nella semplicità dei miei brani. Sono una grande sostenitrice della figura di Ludwig Mies van der Rohe (maestro del Movimento Moderno, nda), la sua architettura mi ha influenzato enormemente. Mio padre diceva: “Per essere un grande artista devi saper disegnare una mela, prima devi fare una mela e dopo puoi fare quello che ti pare”. Le fondamenta sono la base per sviluppare tutto il resto. Feci una tesi sulla risposta all’impulso e lo spazio architettonico portando in aula un brano dei Buzzcocks (new wave e pop punk nella Manchester dei 70s, nda), costringendo di fatto i professori a mettersi le cuffie mentre valutavano il disegno di un auditorium da me realizzato. La tesi verteva sulla percezione che si ha del suono nella musica elettrificata influenzata dai materiali e dallo spazio acustico. È stata pubblicata e si trova alla Biblioteca centrale della Facoltà di Architettura di Valle Giulia Roma. Ho sempre cercato di unire le arti. Mio padre diceva: “La sedia su cui sei seduta è stata concepita da un designer e da un artigiano, senza artisti il mondo non esisterebbe. Tutto è creato e basato sulle intuizioni di artisti”. Questo approccio mi ha influenzata e tutt’ora la musica è per me uno strumento trascendentale”.
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“Una terapia per esprimermi e connettermi con una sorta di spiritualità, un vero canale trascendentale. Per me è una missione introspettiva che ognuno di noi dovrebbe avere, con una forte attenzione alla collettività. Se ognuno di noi si liberasse delle storture sociali compiendo un percorso interiore connettendosi con qualcosa di più grande, assoluto, onirico, trascendentale e spirituale – e sia chiaro in completa semplicità senza dover toccare la religione – vivrebbe meglio. Io vivo in campagna, salta la luce se piove, devo fare dieci chilometri nel bosco se devo portare mia figlia a scuola e tutto questo per dimostrare che il contatto con la natura si è perso e basta davvero pochissimo per riconnettersi. Tra vita famiglia lavoro e stress, basterebbe ogni giorno farsi una passeggiata in un parco oppure stare al mare coi piedi nudi sulla spiaggia. Con la mia musica nel mio piccolo cerco di invogliare ed evocare questa connessione. La musica è un’esperienza, ci permette di connetterci con stati alterati di coscienza, non lo scopro di certo io. L’arte ha un effetto catartico, purifica. Lo si diceva dalla notte dei tempi, da Platone, la catarsi delle tragedie greche lo dimostra”.
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“Ho avuto delle esperienze negli ultimi anni che hanno accelerato questo processo in me: tra queste, la scoperta di strumenti vibroacustici come l’hang, uno strumento di metallo che emette vibrazioni molto forti. Mi ricordo la prima volta in cui ho sentito suonare questo strumento, nella mia città attuale, Ibiza: mi sono trovata di fronte ad un ragazzo che lo stava suonando per strada, rimasi così colpita da intraprendere poi un percorso di amicizia e collaborazione con lui. In seguito, trasferendomi a Ibiza qualche anno fa, mi sono resa conto di quanto sia vasta la comunità “invernale” isolana, che stacca notevolmente dall’immaginario collettivo estivo. Una comunità che dimostra grande interesse verso lo yoga e in generale il sound-healing e le terapie sonore del benessere psicofisico. Ho partecipato a delle sessioni di sound-healing con le campane tibetane, il gong, i cristalli e strumenti simili che emettono frequenze continue, si suonano ruotando dei bastoni a contatto con le superfici. Sono strumenti utilizzati da centinaia di anni in Tibet, piuttosto che dagli sciamani, quindi non scopro nulla di nuovo in realtà. Questo al fine di favorire il cambiamento del nostro stato di coscienza verso uno stato più contemplativo e meditativo. Con la nascita di mia figlia ho compreso ancor di più quanto un suono e le sue frequenze possano davvero influenzare uno stato d’animo. La piccola si calmava totalmente quando da bebè le accendevo il phon. Allora compresi che esiste una chiave, l’uso di alcune frequenze, alcuni toni, alcune pulsazioni sonore può influenzare le nostre onde cerebrali e il nostro stato d’animo. E da lì sono arrivata ai bit binaurali”.
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“I bit binaurali sono stati scoperti a fine ’800, però sono delle pulsazioni che già si conoscevano nell’antichità. Se noi impostiamo in un orecchio una frequenza e nell’altro un’altra frequenza totalmente diversa, ad esempio 100hz e 104hz, queste sono così vicine tra loro che il cervello non le percepisce distinte e cerca di conciliarle; in realtà il cervello ne percepisce una terza, una pulsazione che non sarebbe altro che la differenza tra le due trasmesse nei padiglioni auricolari. L’orecchio umano percepisce toni sopra i 20hz, tutto ciò che si trova al di sotto viene percepito appunto come una pulsazione e si parla di Low-frequency oscillation (LFO). Quando sentiamo queste frequenze creiamo pertanto nel cervello una stimolazione di queste onde che sono comunemente definite onde theta (vivono tra i 4hz e 13hz). Gli studiosi hanno scoperto che noi abbiamo cinque tipi di onde cerebrali: onde delta (molto lente tra i 1hz e 4hz, vivono nel momento in cui dormiamo o meditiamo), poi appunto le onde theta (in uno stato di rilassamento, meditazione, creatività, intuizione), onde beta e gamma (quelle altissime). I bit binaurali stimolano il cervello a sintonizzarsi su queste frequenze e i benefici sono comprovati o comunque oggetto di studio, ad esempio se ascoltate per 15-20 minuti al giorno tutti i giorni per un mese. La pratica di questo esperimento su di me ha generato un profondo cambiamento dello stato d’animo, senza alcun bisogno di assumere droghe sintetiche. I miei amici pensavano fossi “strafatta” quando in realtà mi sparavo onde theta come se non ci fosse un domani. Tra le 2 e le 5 di mattina abitualmente mi immergo nella dimensione della creatività, siamo circondati da onde theta perché il dormiveglia stimola queste frequenze basse. Lo stesso accade nei momenti di grande stanchezza, quello stato quasi onirico penetra nel corpo ed emana un certo tipo di onde. L’ossitocina con l’esperienza del parto è un’altra grande dimostrazione onirica di uno stato di coscienza alterato, certi ormoni come appunto l’ossitocina la dopamina e il cortisolo ci cambiano profondamente”.
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“La melatonina è un altro elemento importantissimo. Il nostro corpo è un sistema elettrochimico, la chimica e l’elettricità costruiscono il nostro stato d’animo e cambiano le nostre esperienze percettive. Il nostro cervello (noi) emette delle onde, dei suoni. Ora sto collaborando con un’artista che sta facendo un percorso di studi alla Berklee College of Music di Valencia, lui registra attraverso un encefalogramma le nostre onde cerebrali e attraverso un software da lui inventato fa si che queste onde diventino musica. Stiamo lavorando insieme ad un progetto che permetta all’ascoltatore di sintonizzarsi sulle onde theta: con un kit apposito che dialoga col suo software vengono estrapolate le onde cerebrali che a loro volta andranno a comporre una nuova musica. Un processo di trasformazione incredibile e visualizzabile in diagrammi e/o immagini”.
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“Questa è la mia ricerca, non è un caso se sono arrivata dopo tanti anni a questa tipologia di studi. Sono comunque all’inizio di questo percorso, nonostante voglia proseguire con piacere nel realizzare colonne sonore per film. Ho scoperto grazie agli studi di una archeologa che i famosi 4hz (cioè i quattro battiti al minuto) sono presenti in varie culture tribali al fine di raggiungere certi stati di trance: vengono riprodotti con strumenti fatti a mano o occasionali ma è già ampiamente dimostrato quanto in realtà io o chi altri non abbiamo fatto una scoperta sensazione ma solo portato a galla una dimensione ancestrale che fa parte da sempre di tutti noi. Il downtempo, il trip-hop cosa fa? Siamo tra gli 80bpm e i 120bpm, se poi moltiplichiamo per quarti ottavi e sedicesimi raggiungiamo le pulsazioni tetha. E possiamo parlare anche della musica techno, 120 e 135bpm al secondo, siamo quindi in un range di battiti e pulsazioni theta. Tutto questo non è un caso, vengono stimolate le dimensioni di trance neurale. È tutto connesso. Ho studiato alcuni manoscritti di antropologi che collegano e stratificano gli stati di euforia ed estasi collegati alle catene di ormoni che il nostro corpo produce e manda in circolo, in base agli stati d’animo stimolati da frequenze o battiti”.
Samuel Chamey
*In copertina: Costanza Francavilla in un ritratto fotografico di Chiara Mirelli