04 Novembre 2018

Variazioni sentimentali su quella vecchia canaglia di Tom, Tom Waits. Nei suoi gorgheggi senti tutta la polvere dei bassifondi statunitensi

Non potevo certo dirvi cos’era stato.

Mi ritrovavo solo, in casa, a contemplare il pomeriggio, desueto e mansueto.

Tom Waits e le sue Mule Variations intonavano l’aria più malinconica che si potesse desiderare, e le emozioni fluttuavano sulla superficie della mia pelle, così belle da lasciarsi trasportare.

Nel dolce andirivieni la magia del ricordo entrava in disaccordo con il mio cuore, traballante sulla musica, cold water sui miei sensi.

Direttamente ai nervi senza passare dal via. Così è. E così sia.

La notte prima, tutta un’altra cosa.

Circumnavigando disperato come un naufrago, in fuga dalla nave ammainata.

Bar, pub, discoteche, strade sconosciute, per sopprimere il pensiero più dolente, e battente. Il pensiero di Lei.

Non dovrei struggermi troppo della sua mancanza.

In fondo è stata solo una settimana particolare. Una settimana. Nulla più.

Tom WaitsCosa ci si crede di attendere da un’innocua e silente settimana? Sette giorni sparati nel tempo infinito. Un’inezia, una stupidaggine.

Ma il tempo è solo una dimensione.

Ed io, in questo lasso di tempo, ho amalgamato sensazioni forti ed emozioni pregnanti, ho intrapreso la vita. Vita vissuta fuoritempo.

Fuori dal tempo.

E pochi giorni intensi si espandono nello spazio dimensionale rendendosi schiavi di cose più grandi di loro.

Cosicché quantificarli risulta impossibile.

Avendo la certezza di averne vissuti e goduti molti di più. Con la loro forza e la loro grandezza.

E la storia continui leggera, come questa marlboro che mi appresto a fumare.

Vivendo intensamente

Attimi di un eterno niente

Nel contatto caldo della nostra pelle

Perché anche noi siamo

Polvere di stelle.

Un ragazzo normale a cui piace il mare e una ragazza normale, golosa di more, si conoscono, si frequentano, si baciano, si innamorano.

Lui potrebbe chiamarsi Michael, per gli amici Michy. Michy Smile. Michele sorriso.

Lei invece Margaret, per le amiche più intime semplicemente Maggie.

Lui potrebbe avere la cattiva abitudine di arrivare sempre in ritardo e lei il bellissimo pregio di non farglielo notare.

Lei è ancora legata al suo ex, per una storia durata sei anni che le ha lasciato qualche strascico impietoso; si sono lasciati da poco e lui ancora la importuna con richieste inammissibili, lei è dispiaciuta della sua sofferenza ma non può fare altro che allontanarsi da quella storia senza futuro.

A Michy non interessano le sue vecchie storie d’amore e poi ognuno di noi ha un passato da dimenticare, da sopprimere.

E Maggie crede che non gli faccia neanche tanto piacere andare a rivangare con lui le fuggevoli ansie di abbandono che la tormentano. Così non lo sa.

Questo è solo un probabile inizio. Partorito dal mio cervello gravido, fecondato da uno spunto del presente.

Inventato e reale. Brevissimo e durevole. Noi e gli altri. Chissà…

*

Non posso certo dirti cosa sia stato.

Mi ritrovo solo, in casa, ad interpretare il pomeriggio marzolino, desueto e mansueto, che volge a sera.

Continuo ad ascoltare Tom Waits, ormai al termine della sua esibizione, nei suoi gorgheggi vocali che contengono tutta la polvere dei bassifondi statunitensi, tutte le camere dei motel d’America, tutte le strade percorse dai clochard on the road.

E me lo vedo, col suo passo barcamenante e il suo sguardo lisergico, salire le scale.

Come on up to the house.

E mi piace pensare, anche se è stupido, che lui, con la sua voce roca e il suo blues morbido, mi abbia aiutato a scrivere. In parte è vero.

E magari anche lui ha la sua Maggie.

Chocolate Jesus. Così. Dedicandotela.

E rimango immobile, con le scarpe sul letto, a sentire le ultime note di questo disco meraviglioso. Un’altra purissima gemma di quella vecchia canaglia di Tom. Tom Waits.

Luca Gaviani

 

 

 

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