07 Aprile 2018

“Io e Thomas S. Eliot siamo l’esatto opposto”. Indagine dentro il genio di Wallace Stevens: il più grande poeta del Novecento? Ne parliamo con uno studioso from Usa

Bisogna rovesciare le sedie e ribaltare i canoni. Intendo dire. Rispetto a Thomas S. Eliot e a Ezra Pound, Wallace Stevens ha un paio di difetti congeniti. Primo. Non si è trasferito in Europa. Secondo. Si è fatto gli affari suoi. Ergo: non si è gettato nelle fauci della Storia, scassandole, vivendo una vita poeticamente vertiginosa (Pound). E non s’è occupato, con geometrica astuzia, di editoria (Eliot). Wallace Stevens, questo incrocio tra Alfred Hitchcock e un giaguaro, decorato del pudore di una Emily Dickinson con la cravatta, ha fatto l’avvocato per una grande compagnia di assicurazioni, ha mostrato una schietta diffidenza verso il mondo dei letterati, desiderava semplicemente scrivere poesie immortali. C’è riuscito. Leggere Mattino domenicale nella traduzione di Renato Poggioli – e leggere le micidiali Postille in cui Poggioli allinea le domande-e-risposte tra lui e Stevens – è ancora sconvolgente, poesia che ti obbliga a spogliarti di tutto, a denudarti, a impetrare pietà. “C’è vicenda di morte in paradiso?/ Cade il frutto maturo? O sempre i rami/ Pendono grevi nel sereno cielo/ Che non muta, ma è simile alla terra,/ Con fiumi come i nostri, sempre in cerca/ D’introvabili mari e di marine/ Intangibili al gesto dell’angoscia?”. Dopo aver letto questo non c’è altro da fare. Mollare la presa della vita, sedersi sotto il glicine, istoriare il tronco di versi suggeriti da una nuvola. Già. Leggere le poesie di Stevens è una esperienza esistenziale. Ascoltatemi, ancora. Stevens ha scritto la più bella poesia su Ulisse. Si chiama The Sail of Ulysses. Ecco un brandello. “Vi è un’umana solitudine,/ Parte di spazio e isolamento,/ In cui la conoscenza non può essere negata,/ In cui nulla della conoscenza fallisce,/ Il compagno luminoso, la mano,/ Il braccio fortificante, la profonda/ Risposta, la voce che completamente replica,/ Ciò che più di ogni altra cosa è/ Il diritto in noi e intorno a noi,/ Congiunto, il vigore trionfante, sentito,/ La direzione interiore da cui dipendiamo,/ Ciò che ci conserva il poco che siamo,/ L’aiuto della grandezza che sarà e la forza”. Testo “letto alla cerimonia di laurea dell’Università di Columbia, 31 maggio 1954”, ci avvisa Massimo Bacigalupo, sia benedetto, traduttore massimo di Stevens (ha curato il ‘Meridiano’ Mondadori che ne raccoglie Tutte le poesie). Ora. Per capire Stevens – che dovrebbe essere letto, come i poeti assoluti, per accrescere la nostra vitalità, mica per fare i poeti – ho bussato alla porta della ‘The Wallace Stevens Society’, l’istituzione presieduta da Lisa Goldfarb che da oltre quarant’anni si occupa di studiare l’opera di Stevens. Organo principale della società è il The Wallace Stevens Journal, che si pubblica dal 1977 e che è una manna per gli studiosi. I numeri fino al 2010 si possono scaricare in pdf: così potete capire, ad esempio, che rapporto c’è tra l’opera di Stevens e quella di Sylvia Plath (Stevens in the Marriage of Sylvia Plath and Ted Hughes, firma Diane Middlebrook, Vol. 30, Spring 2006), che cosa lega il sommo Wallace a Simone Weil (The Moment of a Bird’s Cry: A Note on Wallace Stevens and Simone Weil, firma Jacek Gutorow, Vol. 32, Fall 2008), e potete godervi (Vol. 34, Spring 2010) un numero speciale dedicato a Wallace Stevens and Henry James. Per queste cose io vado in brodo. Così, concordo con la ‘Wallace Stevens Society’ una intervista con Florian Gargaillo, che della ‘società’ è Digital Communications Manager, ma che è soprattutto un giovane e già eminente studioso di poesia contemporanea (ha firmato saggi su Delmore Schwartz e Derek Walcott, su W. H. Auden e Robert Lowell e Seamus Heaney e ovviamente su Wallace Stevens).

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In Italia ‘Tutte le poesie’ di Wallace Stevens si leggono nel ‘Meridiano’ Mondadori curato da Massimo Bacigalupo nel 2015

Wallace Stevens è un poeta eccezionale, tra i giganti che hanno cambiato la poesia del ventunesimo secolo. Quali sono le principali caratteristiche della sua poesia? Che valore ha oggi il suo lavoro nella società americana? Insomma, l’opera di Stevens spesso è stato messa spesso in secondo piano rispetto a quella di Thomas S. Eliot e di Ezra Pound. Mi pare, comunque, che decenni dopo il suo lavoro lirico sia emerso con una forza indiscutibile.

La poesia di Wallace Stevens è caratterizzata da un vocabolario ricco, una sintassi complessa e una vasta gamma di toni, a tratti retorica e divertente (i primi poemi in particolare, contengono diverse analogie con versi ‘nonsense’). I suoi temi principali sono l’immaginazione e la relazione della mente con la realtà. Wallace Stevens stesso ha dimostrato scarso attaccamento nei confronti di Eliot e di Pound. In una lettera, ha scritto: “Io e Eliot siamo l’esatto opposto”; “Mi sono proposto di leggere senza troppa attenzione persone acculturate come Eliot e Pound, in modo da non assorbire niente da loro, neanche inconsciamente”. Mentre la centralità di Pound e di Eliot può avere messo in ombra il suo lavoro in una certa maniera , Stevens è stato a lungo riconosciuto come uno dei principali poeti americani, ottenendo lodi fin dal suo secondo libro, Ideas of Order (1936).

Quali studi sono in atto riguardo al lavoro di Stevens? Che cosa ci resta da scoprire su di lui?

Recentemente, gli studiosi hanno cominciato a scavare più a fondo nelle relazioni tra Stevens e gli altri poeti della sua generazione. In particolare con Robert Frost, W. B. Yeats e T. S Eliot. Questo ha significato non solo scoprire come Stevens abbia influenzato i suoi contemporanei (e da chi è stato influenzato), ma anche riconsiderare, in senso più ampio, la sua posizione nel canone della poesia del XX secolo. Parte del lavoro riguarda inoltre i legami di Stevens con altre nazioni. L’anno scorso, per esempio, Juliette Utard, Bart Eeckhout e Lisa Goldfarb hanno curato una raccolta di saggi su Stevens e la Francia. Questo argomento attirerà senza dubbio maggiore attenzione, poiché l’interesse per il lavoro di Stevens continua a crescere al di là degli Stati Uniti.

Che uomo emerge dalle lettere e dai materiali privati di Stevens?

Le lettere di Stevens sono degne di nota per la loro intensità verso familiari e amici, e per il loro sottile umorismo. Al tempo stesso, Stevens era profondamente preoccupato dal proteggere la propria vita privata e raramente utilizzava le lettere come sfogo per confessioni personali. Anche le lettere agli amici intimi, come Barbara Church, mostrano un notevole pudore e una certa formalità.

Che rapporto ha avuto Stevens con i poeti del suo tempo? Era in rapporto amichevole con loro, oppure preferiva la solitudine?

Stevens incontrò i grandi poeti modernisti mentre lavorava come avvocato a New York. Tra questi: Marianne Moore (che ammirava enormemente), William Carlos Williams, E. E. Cummings. Scriveva spesso a Harriet Monroe, editore della prestigiosa rivista Poetry, a Chicago; più tardi si mise in contatto con i poeti del Sud, Allen Tate e John Crowe Ransom. Stevens però, non si considerò mai parte di combriccole o di gruppi letterari. Conservò amicizie a livello individuale e mantenne una certa distanza dal mondo della poesia.

Stevens è stato tradotto egregiamente in Italia da Renato Poggioli e da Massimo Bacigalupo. Stevens leggeva la letteratura italiana, era interessato alla poesia italiana?

Non sembra che Stevens abbia mostrato un particolare interesse per la letteratura o la poesia italiana. Era però, particolarmente appassionato di arti visive e parlava entusiasticamente di mostre di pittura italiane in molte delle sue lettere.

Quando è stata creata la ‘Wallace Stevens Society’ e qual è il suo ruolo specifico?

Nel 1969, un bibliotecario dell’università di Chicago, William T. Ford, creò la Wallace Stevens Newsletter. Sfortunatamente, il giornale funzionò solo per due anni; ma nel 1975, Robert H. Deutsch (un professore di inglese della California State University a Northridge) chiamò Ford chiedendogli se fosse ancora interessato nel riproporre la pubblicazione. La loro conversazione portò alla fondazione della ‘Wallace Stevens Society’ e di The Wallace Stevens Journal nel 1977. Cito dal sito web: ‘L’obbiettivo espresso dalla Wallace Stevens Society è disseminare, a scopo formativo e senza profitto, conoscenza intorno alla poesia e alla vita di Wallace Stevens. Il principale mezzo per farlo è il The Wallace Stevens Journal. Altri mezzi includono programmi di promozione durante le conferenze annuali, collaborazioni con altre società letterarie e mantenere i membri informati sugli eventi imminenti’.

(trad. it. di Matilde Casagrande, servizio di Davide Brullo)

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