10 Agosto 2018

“A una cattedrale gotica, ormai, possiamo sostituire un McDonald’s”: dialogo con Alberto Leoni sull’eterna lotta tra Chiesa e Stato

Certo, c’è qualcosa di militare in questo libro. Ma la militanza, in questo caso, è a contrario: non si tratta di erigere roccaforti ma avamposti del bene. “Il cristiano non può non essere posseduto dalla presunzione che l’Incontro fatto possa cambiare il mondo attorno a lui come ha cambiato la sua vita. Questo non per proselitismo, ma per osmosi e contagio: non c’è bisogno di teologi improvvisati da Social network, quanto di santi come Aquila e Priscilla, tessitori della propria casa una delle prime chiese. È per l’opera di milioni di Aquila e di Priscilla che il mondo è cambiato, che interi popoli immigrati in Europa sono stati convertiti e nuove civiltà sono sorte dalle ceneri di quelle antiche”. Le parole di Alberto Leoni, che calcificano le ultime pagine del suo ultimo libro, consolano e convincono dopo un tour nell’orrore, valicando la Storia delle guerre di religione (Ares 2018, pp.368, euro 18,00), affascinante, certo, perché ci abbaglia il tonfo dei cadaveri e il bagliore che rimbalza sulle corazze, ma, appunto, ‘mostruosa’ (lo stesso Leoni, raccontando i massacri del Cinquecento, durante la Riforma, evoca “il colonnello Kurtz in Apocalypse Now”: “accade di fermarsi un momento a prendere respiro, mormorando, assorti e allucinati, ‘L’orrore! L’orrore!’”). Leoni, che delle guerre in nome di Dio è specialista – La Croce e la Mezzaluna, edito da Ares nel 2002, è ormai un classico del ‘genere’ – come sempre, associa la lucidità dello storico a una profonda capacità analitica, riconducendo ogni conflitto alla tempesta politica del tempo, alla lotta, totale, tra Chiesa di Roma e regni, regimi, Stati, ducati, tra potere spirituale e potere terreno. Lo studio è davvero impressionante: si va dalla “crociata contro gli albigesi” alle “guerre hussite”, dallo scontro totale contro i Riformati alla “resistenza antinapoleonica” ai “cristiani nella Seconda guerra mondiale”. Il cristianesimo, d’altronde, nasce nel sangue, è dedica a Dio fino al sacrificio supremo: i martiri, però, offrono la loro vita per la salvezza altrui. Leoni, in un lavoro non certo assolutorio né giustificatorio, con delle premesse forti (“smascherare l’impostura laicista e la sua falsa tolleranza”; “indicare alla nostra Europa un’alternativa tra essere cristiana, fallibile e audace, capace di guardare avanti o essere un modello di quieta disperazione, dove milioni di individui vivranno tutti ugualmente oppressi”), guarda orrori e cadaveri di tutti i fronti, dimostrando come le guerre ‘di religione’ siano divenute, perfezionandosi, nei secoli, guerre ‘contro la religione’. La vita è una lotta. Siamo in guerra, quotidianamente. Bisogna scegliere da che lato combattere.

leoniIl cattolicesimo non pare, leggendo il suo libro, esattamente la religione del ‘porgi l’altra guancia’, ma un pensiero, per così dire, costantemente in lotta per accertarsi, per difendersi. Ecco, volevo stimolarla sul tema cattolicesimo e violenza.

Bisogna anzitutto partire dalla constatazione che il cristianesimo non è una religione: è una Persona. Un uomo che si è detto vero Uomo e vero Dio, tanto che questo fatto non è accettabile da nessun monoteismo e tutte le eresie dei primi secoli hanno cercato di ridurre Cristo a una o all’altra dimensione. Ora, il Cristianesimo ha convertito un impero romano nell’arco di tre secoli, senza nessuna violenza ma comunicando Cristo da uomo a uomo. Quando però il cristianesimo non è più un fatto individuale o di coscienza ma diventa sociale allora sorgono degli obblighi per il cristiano, come partecipare alla vita politica, economica, amministrativa e, necessariamente, anche militare. Va ricordato, peraltro, ed è un fatto che noto poco constatato, che la gran parte dei martiri dei primi secoli erano militari. Tuttavia, contrariamente a quanto si pensa, solo un paio di essi, come san Massimiliano, furono obiettori di coscienza nel senso che diamo oggi a questo termine. La gran parte dei martiri subirono il supplizio per essersi rifiutati di sacrificare agli déi o per aver disobbedito a un ordine criminale come san Maurizio e la Legione Tebana. È un argomento trattato nel mio L’Europa prima delle Crociate dove ho descritto come non ci sia una svolta significativa nel pensare e praticare la guerra con Costantino o la Prima Crociata. Il cristiano ha l’obbligo di difendere il debole e l’inerme ma non è detto che la violenza sia l’unico modo. La prova di ciò è data dalla Resistenza italiana dove l’opposizione al nazifascismo vede martiri inermi come Odoardo Focherini o padre Placido Cortese che diedero la vita per salvare ebrei e perseguitati e combattenti come Aldo Gastaldi (“Bisagno”) comandante di una delle più agguerrite e disciplinate formazioni partigiane. Il cristianesimo e, soprattutto, il cattolicesimo è la religione, se così si può dire, dell’“et-et”. Come disse Jean Guitton, “Sono cattolico perché voglio tutto”.

Qual è stata la guerra più dura, più difficile affrontata dalla Chiesa, accerchiata? Quella contro albigesi, riformati, anglicani, rivoluzionari… o quella contro la modernità? In questo senso mi ha colpito una sua considerazione, veritiera e agghiacciante: “la visita a un centro commerciale è diventata più appagante di quella a una cattedrale gotica”.

Da sempre la Chiesa ha dovuto affrontare nemici esterni ed interni. L’Islam, nei secoli passati, ha avuto come obbiettivo prima Costantinopoli poi Roma stessa. Con esso la conversione era pressoché impossibile ed era necessario adottare una “strategia di contenimento” per riprendere l’espressione di Kennan durante la Guerra Fredda. Le eresie interne all’Occidente sono state, per molti versi più insidiose ma col vantaggio di poter intraprendere un conflitto non violento, basato sulla dialettica razionale e sulla capacità di comunicare la bellezza del cristianesimo. Il Cantico delle creature di San Francesco può essere visto come una esaltazione della realtà creata in contrapposizione alle dottrine catare. Ma mentre i catari avevano in sé un anelito di purezza e di ascesi, per quanto irrazionale e deviato, risulta ben più difficile comunicare tutto ciò all’uomo di oggi che risulta indifferente verso la quasi totalità della storia passata. Diceva Leopardi che “un luogo è bello quando suscita rimembranza”: ma se una cappella romanica non fa “rimembrare” un bel nulla diventa priva di interesse e potrebbe essere sostituita con un McDonald’s senza che la cosa faccia male ad alcuno. Questa è la sfida di oggi non solo per la Chiesa ma per chiunque abbia ancora a cuore la Bellezza che abbiamo ereditato.

Che valore ha l’eresia o la dissidenza (dai catari a Jan Hus al Risorgimento) nella precisazione del cattolicesimo, dei suoi valori e dei suoi dogmi?

La Chiesa stessa, fin dai primi secoli ha sempre dovuto fare i conti con una realtà che cambiava in continuazione ed essa stessa è cambiata innumerevoli volte sempre rimanendo se stessa. Le eresie antiche e moderne sono da controbattere fondamentalmente perché mettono in evidenza un aspetto della realtà e mettono da parte tutto il resto. Questo, però, avviene perché la Chiesa, o meglio i cristiani, non sanno rispondere alle sfide del tempo, conservando il passato e rielaborandolo per affrontare il presente. Confutare Lutero non sarebbe bastato se non ci fosse stata l’esplosione spirituale della Controriforma tridentina che fu la vera grande Riforma della Chiesa cattolica ed in questo senso il monaco agostiniano nella sua predicazione virulenta è stato l’occasione per la rinascita. Così per il Risorgimento che abbatte illegalmente lo Stato della Chiesa ma è l’occasione per la nascita di una dottrina sociale della Chiesa e per una presenza capillare dei cattolici nella società. Non così per Jan Hus, per il quale l’uso della violenza ebbe un successo effimero e non sollecitò una riforma della Chiesa. Un ritardo di un secolo che sarebbe costato caro all’inizio del XVI secolo.

Lei scrive: “la Chiesa cattolica ha perso quasi tutte le guerre convenzionali, ma ha vinto quasi tutte quelle «asimmetriche». Le eresie sono state controbattute non con i roghi e la violenza, ma riuscendo a trasmettere la bellezza del Cristianesimo”. Le chiedo di farci capire meglio cosa intende con la prima asserzione. E riguardo alla seconda controbatto: però i morti sul campo ci sono stati… Insomma, non è che le eresie siano state combattute soltanto con i fiori e con il Vangelo.

Come le ho detto poco fa, il ricorso alla violenza, sia pur giustificato, da un punto di vista di diritto è stato attuato dai cattolici per secoli. Nel mio libro descrivo episodi terrificanti che riempiono di orrore e non intendo giustificare nessuno, anche se per giudicare, bisogna immedesimarsi nella temperie del momento. Ma se ci chiediamo il perché del ricorso alla forza vediamo come essa sembri, a un certo punto, l’unica via percorribile mentre è necessario, sempre, fare un passo in più, avere nuove idee e nuovi spunti per cercare nuove strade. Prendiamo, ad esempio, la Guerra Fredda: a fronte di un dinamismo ideologico comunista che pervadeva l’Occidente si doveva constatare la povertà della risposta ideale del cosiddetto “mondo libero”. Il politologo americano James Burnham scrisse che non era più vero l’assunto di Clausewitz secondo cui “la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”. Era vero il suo contrario e cioè che “la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi”. Ma lo stesso Burnham, pur con questa intuizione, non sembrava aver elementi bastevoli a condurre questo nuovo tipo di guerra “asimmetrica” dove alla preponderante violenza dell’avversario si risponde con un’arma di cui l’avversario non è in possesso. Questa “arma” era la cultura. Il valore del dissenso in Russia e nei paesi dell’est, dalla Polonia, alla Cecoslovacchia è inestimabile ancora oggi. Per dirla meglio: è “inestimata” perché non lo ricordiamo più. Ma fu questo valore attraverso Giovanni Paolo II a dare una svolta decisiva a questo conflitto. Le altre cause (economiche e militari) del declino dell’Unione Sovietica sono meno importanti di quelle culturali e spirituali che non vogliamo capire, studiare, accettare.

Che rapporti intrattiene, di volta in volta, la Chiesa con il potere temporale, costituito? A volte sembra in connivenza, in coincidenza, altre in discordia.

La Chiesa cattolica si muove sempre nel quadro di quel “et-et” sopra citato. Fin dal tempo della lotta per le investiture nell’XI secolo è stata affermata una linea di demarcazione fra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, dove questa linea è porosa, mobile, imprecisa, continuamente da ridefinire. Ma in ciò sta il nostro concetto di libertà che è propriamente dell’Europa occidentale. La libertà sta nel poter continuamente scegliere fra più opzioni, e nel resto del mondo notiamo come vi siano o teocrazie o poteri religiosi sottomessi a poteri statali. Tutta la storia umana consiste in questo, in effetti nel duello fra i due poteri. La Chiesa vuole la libertà per sé e lo stesso Stato della Chiesa è sempre stato un elemento di garanzia di tale indipendenza e che, in definitiva, è l’indipendenza dal Cesare di turno.

E… oggi? Il cattolicesimo pare impegnato nelle lotte intestine piuttosto che nella lotta contro il ‘modernismo’. E non è più fonte di una qualche identità europea o nazionale. Le chiedo una rapida, capace analisi.  

Più che di modernismo parlerei di lotta alla modernità. Il modernismo può essere discusso in certe sue asserzioni ma la modernità in sé e per sé è una desertificazione dell’anima, una apparente semplificazione della vita umana, abolendo il trascendente e privando di senso l’immanente. Ma anche un cadavere è più “semplice” di un corpo umano vivo. Oggi nella Chiesa cattolica appare evidente un contrasto fra quelli che, grossolanamente possono definirsi “conservatori” o “riformatori”. Nessuna di queste due posizioni aderisce pienamente alla realtà e rischia di diventare ideologica e, quindi, sottomessa al potere politico che per tendenza più si attaglia ad esso. Il cristianesimo come fonte di identità nazionale può dare adito a fenomeni interessanti come il “Rosario alle frontiere” recitato in Polonia il 7 ottobre 2017 per difendere il paese dall’Islam e dal laicismo. Ma queste manifestazioni non sono forse, utilizzate dai politici polacchi che, guarda caso, hanno contestato il ruolo di Solidarnosc? Gli stessi vescovi polacchi sono molto attenti a non appiattirsi sulle posizioni del potere politico in quanto rischierebbero di diventarne i cappellani come accaduto tante di volte nella storia della Chiesa. Una identificazione politica fra Stato e Chiesa può portare ad episodi come la manifestazione svoltasi a Zagabria una Domenica delle Palme all’inizio degli anni Novanta. “Proprio oggi Gesù entrò trionfante a Gerusalemme – tuonò lo speaker – venne accolto come il Messia. Oggi la nostra capitale è la nuova Gerusalemme. Franjo Tudjiman (il presidente croato) è venuto al suo popolo”. Tudjman, morto nel 1999, è stato riconosciuto colpevole di crimini di guerra dal Tribunale dell’Aja nel 2011. Il ricorso all’alleanza o complicità fra trono e altare resta sempre di estrema pericolosità.

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