27 Novembre 2017

Specchio, specchio delle mie brame… ecco perché la collana di poesia più celebre d’Italia dovrebbe dirigerla Tavecchio

Parere mio. Saldo su rocche oggettive. Marco Merlin è il critico letterario – meglio, il bombarolo poetico – più intelligente del millennio. E Andrea Temporelli – che è il lato oscuro (o quello luminescente, non l’ho capito, di certo quello ‘marziale’) di Marco Merlin – è il poeta più colto e incompreso di questa fetta di secolo. Temporelli, il poeta, ha pubblicato Il cielo di Marte (Einaudi, 2005) e Terramadre (Il Ponte del Sale, 2012), poemetto di conturbante nitore, oltre a un romanzo, Tutte le voci di questo aldilà (Guaraldi, 2015), che è un abisso feroce, meriterebbe Strega, Campiello e Viareggio tutti assieme, non fossimo il paese di intellettuali leccaculo e paraculo che siamo. Merlin è il cofondatore della rivista Atelier, ha scritto un bel po’ di roba critica, dissezionando i poeti di ieri e di oggi con anatomica severità (esempio: Poeti nel limbo e La tentazione del metodo, ma a me piace tanto Nodi di Hartmann, libri comunque così necessari da essere eretici nell’accademia dei tronfi), e con un paio di collane editoriali (‘Parsifal’ e ‘Macadamia’) ha pubblicato alcuni dei più interessanti poeti ‘nuovi’. Detto questo, di Temporelli/Merlin non si butta via niente perché tutto trasuda intelligenza polemica e vivacità estetica. Ora ritiratosi nel bunker del sito personale, Pangea ha deciso di fare la lotta con lui, da alpestri esploratori dell’impossibile, là dove l’altezza tronca il respiro in gola, costringe a comprimere le convenzioni e a imparare la levigata levità dei falchi. Insomma: ogni tanto condivideremo alcuni contributi. Partiamo con una stupefacente ‘stoccata’ inferta alla collana nobile della poesia italiana, ‘Lo Specchio’ Mondadori. Con consecutiva pars costruens. (d.b.)

 

Specchio delle mie brame

La mia attenzione è attratta dalla noticina che accompagna il frontespizio, che riporta il titolo di una delle due collane di poesia più prestigiose d’Italia (l’altra, ovviamente, è la bianca di Einaudi): ‘Lo Specchio – I poeti del nostro tempo’. La nota recita così: “Negli anni ’40, sull’aletta de ‘Lo Specchio’, l’Editore scriveva: «Di qui si irradia il canto della nostra lirica, qui giungono le voci nuove della giovane poesia e si affiancano ai grandi nomi già noti in tutto il mondo continuando la gloriosa tradizione italiana attraverso i secoli e i tempi». A settantacinque anni dall’esordio della più prestigiosa collana italiana dedicata alla poesia – che, a partire da Cardarelli, tra i tanti ha ospitato Ungaretti, Montale, Quasimodo, Saba, Sereni, Zanzotto, Raboni, Giudici, Porta, Gatto –, l’Editore riprende e conferma la sua originaria vocazione. In questo nuovo formato, ‘Lo Specchio’ affiancherà alla poesia più recente le voci già celebri in Italia e nel mondo e chiederà ai poeti italiani di offrire al nostro pubblico la poesia universale, ravvivando quella consuetudine che in anni lontani ci ha regalato traduzioni memorabili. Infine, con le antologie, ‘Lo Specchio’ tornerà a fare il punto sul percorso creativo ed estetico delle nuove voci che mirabilmente stanno continuando «la gloriosa tradizione italiana»”.

E a me viene subito uno sciame di pensieri:

*perché Editore e Specchio con la maiuscola? Perché “de” Lo Specchio?

*il canto della nostra lirica. Signori: il CANTO!

*a settantacinque anni, proiettati in un’altra era umana, non si trova di meglio che riproporre, dentro la nuova veste grafica, la reboante nota d’esordio

*(la nuova veste grafica fa due passi indietro, e risulta piuttosto anonima: ma chissenefrega della copertina, in ogni caso. Costerà meno)

*Cardarelli, Quasimodo, Gatto, lo stesso Ungaretti: sì, è proprio passata un’epoca, forse due, e molti fuochi si sono tramutati in cenere

*un momento: alle “nuovi voci della giovane poesia” coraggiosamente affiancati ai grandi nomi della poesia mondiale, come accadeva settantacinque anni fa, ora fa da contraltare solo la “poesia più recente”: ovvero, i soliti noti! Dunque: mettiamoci subito il cuore in pace: sappiamo già tutto, prima di leggere

*però sì, ecco, si darà il giusto rilievo alle “traduzioni memorabili” della poesia “universale”. In pratica, oltre ai soliti noti, i quattro gatti famosi dall’Idroscalo a Cinisello, non ci sarà poi molto spazio per sperimentare qualcosa… Ma almeno i poeti stranieri offriranno qualche prospettiva nuova, c’è da sperare

*ma c’è il colpo di genio finale: le ANTOLOGIE! Non perdete la speranza, voi che non entrate: c’è spazio per tutti, alla fine, basta passare all’ingrosso, intruppati, nelle foto di gruppo, con tanto di corna dalla seconda fila… Cominciate a prendere il biglietto, e mettetevi in coda, poeti, come dal salumiere

Considerata tale «gloriosa tradizione italiana», la prossima serie dello Specchio – ops, scusate, de Lo Specchio – potrebbe dirigerla Tavecchio.

 

La poesia non è mai in crisi

Quindici punti per chi è fuori dal Novecento (inteso ovviamente come categoria mentale, che vediamo ancora dominare la scena – leggi sopra):

1. La poesia non è mai in crisi. Chi lo pensa si sopravvaluta o giustifica. Solo i poeti possono essere in crisi.

2. Dal frammento alla visione, al discorso, alla riconquista di un pensiero che si confronta con la molteplicità e la complessità: le poesie dal fiato corto non arrivano al traguardo.

3. L’io sia discreto. Il titanismo romantico non ha più senso, ma neppure il complesso di Narciso del poeta che vive la scrittura come colpa. Non vergognarti di essere te stesso.

4. No all’ironia, alla maschera, alla voce inautentica, alla maniera; sì alla continua reinvenzione della tradizione, intesa non come repertorio, ma come corpo vivo. All’ironia, preferire il comico.

5. Se il plurilinguismo nella nostra società è inevitabile, la tensione di un autore è sempre verso il monostilismo.

6. Le cose vanno fatte sempre seriamente, ma senza prendersi troppo sul serio. Il baricentro della vita non è nella scrittura. Prima di diventare poeti, bisogna essere uomini.

7. Dalla poetica dell’assenza alla poetica della presenza. Tutto è pieno, il vuoto e l’ineffabile sono specchi per l’egotismo esistenzialista: anche il dolore e la perdita sono sostanza narrabile.

8. L’oscurità gratuita è un trucco da guitti, ma la poesia può essere difficile perché afferma senza banalizzare, si nega al patetico, al volgare, al colpo a effetto, alla presunzione didascalica, alla moda.

9. Tutte le poetiche contengono qualcosa di valido. Evita la parzialità e confrontati con ogni progetto.

10. Poni alla letteratura domande radicali, non chiedergli compagnia per le ore di ozio.

11. La letteratura è sempre impura, ma il grande scrittore è un killer preciso e compie il delitto nel cuore dell’istituzione.

12. Di fronte al potere, il poeta non è mai un intellettuale, non rappresenta un ceto: è solo se stesso, un comune cittadino.

13. Non esiste un dialetto innocente.

14. Non inseguire il pubblico e non compiacerti della tua opera. Se veramente ispirata, essa ti farà godere di una quieta umiltà.

15. A un poeta è chiesto di essere onesto, non sincero.

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