18 Novembre 2019

“Questo libro è come un boa, soffoca il lettore con i muscoli delle sue spire”. L’ultimo romanzo di Eduard Limonov, l’insopportabile

Pericoloso, inaffidabile, contraddittorio, cinico, uomo del ‘bel gesto’ e del gesticolare, del verbo affilato come un’ascia e dalle visioni di apocalittica ferocia. Eduard Limonov – nato Savenko –, classe 1943, adolescenza violenta in Ucraina, svezzato alla scrittura in Russia, trasferimento a New York, flirt con gruppi punk e trotskisti, amicizia con Lou Reed, trasferimento a Parigi negli Ottanta, sempre belle mogli – le modelle Yelena Shchapova e Nataya Medvedeva –, sembra un personaggio ritagliato dai Demoni di Dostoevskij, un uomo che per portare l’ordine ordisce il caos.

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Poi il ritorno in Russia, la fondazione del Fronte Nazionale Bolscevico, la fusione tra l’autoritarismo di Stalin e l’estetismo di Mishima, la creazione de L’Altra Russia, nel 2010 – la bandiera: granata in cerchio bianco su stendardo rosso – innumerevoli volte in carcere, avverso a Putin, va in giro con la guardia del corpo. Chiaroscurale, di caravaggesco cinismo, ‘personaggio’ a tutti i costi – d’altronde, fino alla pallottola, la vita è teatro – Limonov diventa creatura letteraria sotto le mani di Emmanuel Carrère in un libro dal successo planetario – in Italia stampa Adelphi – che fece lietamente incazzare il protagonista.

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Soprattutto, scrittore, Limonov, di una immensa epica biografica. In Italia era pubblicato in una specie di samizdat – Libro d’acqua, nel 2004, per Alet; Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione per Salano, nel 2013 – prima che Sandro Teti, che l’anno scorso ha stampato Zona industriale, non s’è messo a pubblicarlo come si deve e a portarlo in tour – come una rock star della letteratura – in Italia. Il prossimo libro è pubblico a dicembre, s’intitola Il Boia, è stato scritto nel 1982, a Parigi, parla di una New York sfacciatamente truce, è stato tradotto in francese nel 1986 come Oscar et les femmes. Va detto che Il Boia, che mette in scena un immigrato polacco, Oscar, in ascesa sociale a forza di sesso cruento, riduce American Psycho di Bret Easton Ellis a breviaro da leggere durante il tè delle cinque. È un libro poderoso, inquietante, a tratti insopportabile – come devono essere i libri veri.

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Scena epica, tipica, tra le meno violente, per capirci: “Il «polacco di merda» si cosparse a lungo e a fondo del profumo «Equipage», in piedi, nudo davanti allo specchio e, guardandosi di profilo e in viso, alzando le mani e sollevando una gamba, strinse i muscoli dei glutei e li rilassò. Il festeggiato era soddisfatto del proprio corpo. Aveva il corpo del BOIA – un corpo muscoloso e scultoreo, severo e implacabile. Muscoli non troppo grandi, non siliconati come quelli dei body-builder, ma comunque una corazza ferrea di muscoli duri e compatti che aderiva perfettamente alla carne… Camminando sul parquet giallo vernice, – le sue scarpe lucenti e tirate a lustro catturarono la luce solare qualche centinaio di volte e la fecero guizzare in tutte le angolazioni possibili – Oscar si avvicinò alla finestra più grande e l’aprì. Fuori dalla finestra c’era New York. La soffice luce gialla della nuova primavera inondava i suoi edifici. Qui, al confine tra Soho e l’East Village, New York non sembrava possente come nel centro o nel quartiere degli affari vicino a Battery Park. Ma Oscar guardava ben oltre i blocchi di condomini di proprietà della New York University. Adesso dinanzi a lui si stendeva, spalancata e invisibile, eppure vibrante di energia – l’Intera Grande Città. Lo sguardo di Oscar senza ostacoli si proiettò trionfalmente verso l’Empire State Building, verso i grattacieli della Fifth Avenue, verso tutti gli innumerevoli isolati della Grande Città, li trafisse, penetrò negli uffici, negli hotel, negli appartamenti e nei ristoranti, ovunque alla ricerca dei piccoli culetti e piccole fiche calde delle donne. Piccoli corpicini sottomessi. «Ogni donna in questa città appartiene a me, — si disse con orgoglio Oscar. — Perché so come raggiungerla, so come prenderla. Le mie calde dita offrono un trattamento speciale». Innumerevoli piccoli culetti e piccole fiche di donne venivano individuate in quel momento dal BOIA Oscar, tirati fuori persino dai loro letti matrimoniali, accarezzati con delicatezza o, al contrario, premiati con un dolore istantaneo e leggero e gettati di nuovo via… «La mia città! La mia. La città che è diventata mia. L’ho conquistata e dominata come non avrei mai potuto sognare di conquistare Varsavia. Che, comunque, non ho mai voluto conquistare…» — ammise Oscar. Il vento di New York, forte e fresco, soffiò verso la finestra, lambì gentile le labbra di Oscar, accarezzò il suo viso con un’ampia folata e si intrufolò nel loft, toccando le pareti e i fiori con l’arroganza del padrone”.

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Eduard Limonov con il suo editore in Italia, Sandro Teti

In questo, Limonov è discendente diretto dei grandi romanzieri russi che si giocano tutto su un personaggio e su un tema capitale – in questo caso l’ascesa/ascesi attraverso il sesso/denaro, corpo del reato, vitalità totalmente biologica, senz’altro spirito che lo spartito della fierezza – fino ai termini ultimi, senza veli, sverginando i luoghi comuni, i reflui letterari stantii, retorici.

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Romanzo dell’eccesso e della boiata, che abusa e ipnotizza, che mette il coltello nel luogo della nudità, il sesso, dove siamo spogli, totalmente, camera dell’istinto e dell’istante, della colpa e della copula, del complesso, dell’amplesso, della complessità, dell’osceno e della sceneggiata. “…Elżbieta era una vera donna, al cento per cento, pensò Oscar nella vasca. Elżbieta viveva secondo il principio del “Ciò che voglio / lo ottengo!”, e lui la eccitava, impotente, come lei preferiva. Tutte le volte si avvicinava a lui, alle sue mani fredde e tremanti, che la afferravano paurose lungo le cosce sotto la gonna, toccava le sue dita spudorate e astiose, che la penetravano nella fessa, graffiando spietate la sua carne, che non poteva fare sua nel solito modo. A Elżbieta piaceva quando Oscar, che ogni volta era madido di un sudore freddo, cercava di infilare la sua molle appendice nella fessa di lei, appena ricoperta di bionda peluria, e le piaceva quando, esasperato dal suo fallimento, Oscar passava ore a scoparla con una candela, provocandole orgasmo dopo orgasmo… Alla fine, una volta, Oscar si era completamente dimenticato di possedere un membro, e se lo era trovato puntato contro lo stomaco, mentre leccava senza posa la parte superiore del sesso di quell’animaletto di Elżbieta, di quella gran cagna di Elżbieta, di quella gran fica di Elżbieta”. La brutalità, a volte, non è brutta, ma letterariamente salutare. (d.b.)

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Questa è la “Prefazione” per l’edizione italiana de “Il Boia”, edito da Sandro Teti Editore (in uscita a dicembre 2019, traduzione di Federico Pastore)

Lettore, nelle tue mani si trova non solamente un libro, ma un autentico fuoriclasse del genere. Il Boia è stato scritto a Parigi nel 1982, in un periodo in cui scrittori ed editori venivano ancora accusati e citati in giudizio per opere di stampo sadomasochista, e fu così che, con coraggio, decisi di fare dell’eroe del libro un sadico professionista. Il mio Boia uscì per la prima volta in francese nel 1986. La casa editrice Ramsay, temendo la censura, mutò con imbarazzo il titolo in Oscar e le donne, e le ardite foto d’accompagnamento, pure scattate con il mio contributo, furono all’unisono respinte dai media francesi, nonostante la stampa avesse riconosciuto la loro selvaggia bellezza sovversiva. Soltanto la rivista francese Playboy ebbe l’audacia di riprodurre una delle fotografie. Per un confronto, il libro ricorda, nella descrizione inquietante dell’alta società di New York, il romanzo di Tom Wolfe Il falò delle vanità (The Bonfire of the Vanities) che fu pubblicato l’anno dopo, nel 1987, e il romanzo di Bret Easton Ellis American Psycho, uscito solo nel 1991. Quando Il Boia venne pubblicato in Russia, dall’editore A. Šatalov (per la casa editrice Glagol), la tiratura veniva aggiornata quasi ogni mese. Ho conservato una copia in cui viene riportata una distribuzione di duecentocinquantamila esemplari. In totale, sono state vendute oltre un milione di copie de Il Boia. Il libro non è stato ristampato per quasi due decenni. Lo ripropongo oggi all’attenzione dei lettori. Il Boia infine – ed è da sottolineare –, oltre alla satira sociale e alla forza di alcune scene, davvero non pensate per un pubblico di diciottenni, è anche un potente romanzo giallo. Il libro non è invecchiato, come di solito accade. Come un boa, avvolge il lettore con i muscoli delle sue spire, minacciando di soffocarlo. Un’ultima cosa: posseggo ancora una foto che mi ritrae durante la stesura del libro a Parigi nel 1982. Con l’editore abbiamo deciso di inserirla in questa nuova edizione.

Eduard Limonov

*In copertina: Eduard Limonov, senza baffi, con la bandiera del Fronte Nazionale Bolscevico alle spalle, nel 1996

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