Basta un frammento per tratteggiare una pagina di Storia. Questo, in effetti, è il ruolo di chi s’inabissa negli archivi, facendo sub tra i documenti. Altrimenti, di per sé, il documento non testimonia altro che la sua inutilità. Terminata la solfa, veniamo al punto, che ha un nome e un cognome. Massimo Bontempelli. Non vi ricordate chi è Massimo Bontempelli? Nessun problema, è normale, in questo Paese dei nani, dove modesti scrivani vengono spacciati per grandi scrittori, dimenticare i giganti. Per farla breve:
*Bontempelli è nato a Como nel 1878, ha studiato al ‘Parini’ di Milano dove è svezzato alla letteratura da Alfredo Panzini, il suo professore;
*Bontempelli, medaglia di bronzo al valor militare durante la Prima guerra, amico intimo di Giorgio De Chirico e di Alberto Savinio, è tra i fondatori, nel 1918, del Partito Politico Futurista di Filippo Tommaso Marinetti, ma gliene fregava poco;
*Bontempelli, amico intimo di Pirandello, fu sfidato a duello nella casa di costui da Giuseppe Ungaretti, a causa di una polemica giornalistica: Ungà ebbe la peggio, fu lievemente ferito, infine, divennero amici più di prima;
*All’urlo di “unico strumento del nostro lavoro sarà l’immaginazione”, Bontempelli è il fondatore del realismo magico, dando vita a romanzi importanti come La scacchiera davanti allo specchio (1922): dai surrealisti ai sudamericani – Gabriel Garcìa Marquez lo conoscete di certo – tutti a imitare Bontempelli;
*Insieme a Curzio Malaparte, Bontempelli, polemista coi controcosi, s’inventò 900, la prima rivista italiana davvero ‘internazionale’, in barba all’autarchia fascista: tra i redattori figurava gente come James Joyce, André Malraux, Rainer Maria Rilke e Virginia Woolf (l’Ulisse arrivò in Italia per la prima volta grazie a 900);
*Bontempelli si iscrive al Partito Nazionale Fascista nel 1924, insieme all’amico Pirandello, nel 1930 è eletto Accademico d’Italia, nel 1938 è espulso dal partito perché ne critica l’imbarbarimento militarista e perché “rifiutò la cattedra di letteratura italiana all’università di Firenze, tolta a Momigliano, per l’applicazione delle leggi razziali”;
*Bontempelli scrive, nel primo editoriale di 900: “Oggi abbiamo in Europa due tombe della democrazia ottocentesca. Una è a Roma, l’altra è a Mosca. A Mosca la tomba é vigilata da misteriose fiere che tentano il suolo. A Roma da pattuglie di falchi che a forza di guardare nel sole finiranno forse per cambiarne il corso. (…) Noi nel momento stesso che ci sforziamo essere degli europei, ci sentiamo perdutamente romani”;
*Presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara possiamo assistere a un brandello di Bontempelli, attraverso un ricordo di Giovanni Comisso. “Andai a trovare Filippo De Pisis di ritorno a Milano. Abitava sempre all’albergo Vittoria e mi fece vedere un grande quadro fatto a Rimini, il ritratto di Allegro, un ragazzo con gli occhi verdi che aveva conosciuto sulla spiaggia. Era con me Massimo Bontempelli e al vederlo disse che quel quadro apparteneva a un nuovo classicismo”;
*Bontempelli ha scritto alcuni dei libri più affascinanti e influenti della letteratura italiana del Novecento, eppure, chi si ricorda di Bontempelli? I suoi testi sono pressoché scomparsi dal mercato editoriale, distillati da piccoli editori, il ‘Meridiano’ Mondadori delle Opere scelte, vecchio di secoli – è del 1991 – non facilita la divulgazione.
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Comincia la caccia al fascista. Per lo scrittore fu usato “un rigore inaudito”
A Bontempelli fu comminata una delle più clamorose porcate politiche che la storia repubblicana ricordi. Lo scrittore, prima convinto fascista poi espulso e minacciato dal partito per il suo connaturato anticonformismo, fu eletto il 18 aprile 1948 Senatore della neonata Repubblica Italia tra le fila del Fronte Democratico Popolare – cioè, la fusione tra i Comunisti di Togliatti e i Socialisti di Nenni – nel seggio di Siena. Neanche un anno e mezzo dopo, nel febbraio del 1950, Bontempelli, tra i massimi scrittori italiani del primo Novecento, fu letteralmente defenestrato dal Senato. Come mai? Perché Bontempelli fu accusato di “propaganda fascista”. Ma come, se Bontempelli è stato fascista ed espulso dal fascismo? Perché secondo la legge elettorale del 5 febbraio 1948, articolo 93, “non sono eleggibili a senatori per 5 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, gli autori di libri o testi scolastici di propaganda fascista ed i docenti di mistica fascista”. E allora? E allora Bontempelli, nel 1935, compilò una antologia scolastica dal titolo Oggi. Che a dire del Senato fu ‘fascistissima’.
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La discussione parlamentare sul ‘caso Bontempelli’ è emblematica del clima della ‘caccia al fascista’ postbellico. Gli sforzi del Senatore Giuseppe Proli, avvocato – sia lode a lui – di portare alla ragione i ‘compagni’ senatori (“non potete dire che questa antologia sia un libro omogeneo in cui sia espresso il pensiero, l’animo di Bontempelli”) servì a pochissimo. Il Senatore Giacinto Genco, addirittura, espresse “un certo disagio nel sedere accanto ad un uomo che non soltanto ha avuto la tessera fascista, che non solo è stato foraggiato dal fascismo, che non solo ha fatto propaganda fascista, ma che ha anche aspettato il 25 luglio per convertirsi!”. Ci mancava solo la ghigliottina. Esito: Bontempelli fu cacciato dal Senato per 112 voti contro 101. Perfino Alberto Asor Rosa, critico letterario col colbacco, sottolineò che Bontempelli fu bacchettato “con un rigore non usato nel confronto di altri”. Tanti mutarono casacca, da nera a rosso fuoco, nessuno ebbe a ricordare le straordinarie ‘leccate’, sul Bargello, al deretano letterario di Mussolini da parte di Elio Vittorini, futuro guru della cultura ‘a sinistra’. Ci voleva il capro espiatorio l’intellettuale da mandare alla gogna: Bontempelli si prestò. Bontempelli, per inciso, fu sostituito al Senato da Felice Platone, comunista, partigiano e tra gli organizzatori della resistenza ad Asti. Insomma, un pedigree che non dava problemi.
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1949: Bontempelli è giurato del Premio Riccione mentre in Senato mirano a cacciarlo. Un delle lettere custodite negli Archivi del Premio, un patrimonio da tutelare
A Riccione, le (rare) lettere dal Senato
Veniamo al tassello ritrovato che ci ha fatto ricostruire la cornice di questa vergognosa storia patria. Tra i pochi difensori di Bontempelli si segnala l’onorevole Umberto Terracini, già Presidente dell’Assemblea Costituente e (ecco il punto archivistico) nobile promotore del Premio Riccione per la drammaturgia, nel 1947. “L’antologia redatta dal Bontempelli”, dirà Terracini durante l’aspra discussione al Senato, “era per l’appunto destinata allo studio della lingua italiana. Non era un ‘testo scolastico di propaganda fascista’”. Eccoci al punto. Massimo Bontempelli è giurato del Premio Riccione nel 1949 e nel 1950, il biennio ‘caldo’ in cui prima è eletto Senatore poi è cacciato dal Senato. Di lui restano, negli archivi del Premio Riccione, che stanno nei sotterranei della Biblioteca civica, delle testimonianze sugose. Ad esempio, rari biglietti con l’intestazione “Senato della Repubblica” in cui lo scrittore, pur afflitto “da un periodo di impegni con parecchie assenze”, “vista l’urgenza”, allega i suoi giudizi in merito ai testi partecipanti al concorso. In sostanza, si tratta di oltre una ventina di biglietti, tutti manoscritti, memoria della sapienza drammaturgica di Bontempelli – suoi testi sono stati messi in scena da Anton Giulio Bragaglia, dalla compagnia di Pirandello, da Anna Proclemer ed Ernesto Calindri – che andrebbero studiati dalle accademie, facessero ancora il loro mestiere. Il Premio Riccione del 1949, partecipato da Bontempelli come Senatore, andò a Ezio D’Errico, giallista di fama, sceneggiatore per il cinema – tra le molte cose, scrisse con Ennio Flaiano Terrore sulla città, Atto d’accusa, con Marcello Mastroianni e Cortocircuito, con Mario Monicelli. Bontempelli morì dieci anni dopo, “gli ultimi anni furono tristi, per gli acciacchi della vecchiaia e l’isolamento in cui lo scrittore e la sua opera erano caduti” (Asor Rosa). Nonostante tutto, nel 1953, lo scrittore ottenne il Premio Strega per L’amante fedele. A che la storiella tragica? Per ribadire – ancora – la necessità di un lavoro profondo negli archivi, spesso lasciati alla mercè dell’oblio, del caso, dei buoni di cuore, senza alcun progetto concreto di rilancio e di studio.
Davide Brullo
*Quando l’entusiasta, irrefrenabile Fulvia Toscano mi dice, “Vuoti di memoria”, esulto. Eccola, la formula esatta! Nell’ambito dell’ambìto festival “Naxoslegge”, organizzato con molteplice passione dalla Toscano, martedì 10 settembre, dalle 17,30, al Parco archeologico di Taormina, a Giardini Naxos, parlerò di “scrittori e poeti oltraggiati dalla Storia”. Parlerò anche di Massimo Bontempelli, bombardato da un doppio ‘vuoto’: quello critico, attuale – chi lo legge?, l’inventore del “realismo magico” resta una nota a margine del fermento antologico scolastico; e quello storico. Il Senato gli fece il vuoto, dopo essere stato democraticamente eletto, cacciandolo, dopo una paradossale discussione parlamentare, con un atto di vendetta postuma francamente bieco. Gli rinfacciarono il passato da fascista. Soltanto a lui. Parlerò di altri, di Pasternak e di Simone Cattaneo, di Hermann Broch e di Visar Zhiti: di chi è morto o ha vissuto il carcere per essere poeta non omologato alla lingua ufficiale, decretata dal potere dominante. Nel vuoto, in ogni caso, lo scrittore s’insinua per radicare il proprio mondo, inattaccabile: egli si fa vuoto, ‘fa il vuoto’ per costruire una parola più penetrante e duratura, sinuosa, rispetto a quella del proprio tempo. Lo scrittore, in contrasto alla moda e al sorriso della gloria, in controtempo e in contropiede, è il pioniere delle storie che verranno. Questa gli pare troppo angusta.