20 Giugno 2023

Robert Johnson: la leggenda del blues e il patto con il Diavolo

Era un randagio nero dalle scarpe che non facevano il paio con la strada ancora da percorrere e un roveto di sentimenti che trasformava in musica dannata. Battuto e arrestato dalla polizia per vagabondaggio, quando uscì dalla cella lercia e olezzante, stretta come un loculo, lasciò alle sue spalle una scritta sul muro:

“La mia chitarra è a pezzi ma non il mio cuore. Le asole sono scucite, ma i bottoni reggono ancora”.

Adesso possedeva solo una chitarra sfasciata, una voce spessa e avvolgente da nenia negra e dita magiche capaci di estenuare corde vibranti di note. La giacca lisa e i calzoni con borse alle ginocchia, lo stomaco nella morsa della fame, stanco di pasti frugali e treni senza biglietto, passeggiava una notte e si trovò a un curioso bivio: una direzione era segnata dalla parola Goodness, l’altra dalla parola Evil. Si domandò dove fosse finito: aveva camminato troppo annebbiato dai fumi dell’alcol?

La luna era giallo artiglio, e nubi argentee la contornavano senza prenderne a morsi l’immagine perfetta. Estrasse di tasca la sua ultima moneta, la lanciò in aria e viste le premesse essa sentenziò: Evil. Ma non si accorse che qualcuno doveva aver cancellato la prima lettera del cartello.

A un tratto si sentì leggero, sedette su una roccia, all’ombra di un salice, tutto attorno un lago di luna, e scrisse su un foglio stropicciato una ballata blues.

Non c’era anima viva, ma sentì una mano sulla spalla. Si voltò e vide quello che sembrava un dandy di città, forbito e pallido come un osso, allampanato in abito nero e con un fiore scarlatto all’occhiello. Questi gli chiese di suonare quel blues per lui. R. si strinse nelle spalle… Il distinto signore gli passò una bottiglia di fuoco liquido e una chitarra nuova di zecca, e lui stracannò l’una e suonò l’altra come se le sue stesse dita dovessero ferirla a sangue.

Il tremulo dei grilli era perfetto, l’aria attraversata da una brezza fresca. Da uno stagno si sentiva il gracidare delle rane. Le sue note s’incendiarono di passione e le parole furono diademi di fuoco.

Parlò di un patto col diavolo, e ripeteva il ritornello:

“Il sole è affogato nel suo sangue,
la notte rotola come un masso…
cos’ho da perdere del resto?
L’anima è solo un investimento per qualcosa sempre di là dal venire,
un ponte verso un’illusione,
ed io ho fame
e i miei vestiti sono sudici e laceri…”

Finita la sua ballata, quel blues che pareva una preghiera sacrilega, vide il distinto signore di spalle, che si allontanava con passo gaio roteando un elegante bastone.

R. disse: “Hey!” Ed ebbe in risposta un’eco da altra voce… E la voce era sottile, e la voce era tagliente. “Bene, bene bene, posso prenderti in parola?”

R. rispose di avere solo una parola, ma di non sapere cosa intendesse il suo interlocutore. Egli disse: “Lo sai, io sono la risposta al tuo blues, e un blues va preso sul serio quando viene a trovarti, pensi di poterti prendere sul serio? Pensi che possa prenderti sul serio?”.

R. divenne leggenda, ma si dice che il prezzo fu vertiginoso. Ebbe tutto ciò che è desiderabile, ma la sua anima brucia. È oggi la voce di ieri: sarà domani la voce di oggi… Ma quel blues era un inganno troppo grande: in una notte capziosa e suadente guadagnò tutto, perse tutto. Un perfetto meccanismo a orologeria dettò la sua destinazione finale… e non fu quella del suo vagabondare.

Un alito d’inferno soffiò via la cenere dei suoi passi. Sembra sia stato uno spettro che nessuno ha potuto dire di aver conosciuto veramente, ma in mille racconti vive, nella leggenda, per sempre nella leggenda, mai più oltre l’ultima riva d’ombra. 

Massimo Triolo

Gruppo MAGOG