03 Novembre 2020

La bellezza a 350 Lire. L’epopea degli Oscar Mondadori: i grandi libri in edicola (e in una settimana, Hemingway fa 210mila copie)

Fu una specie di utopia realizzata, l’asso di cuori, la rivoluzione copernicana dell’editoria. Accadde 55 anni fa, nell’aprile del 1965, e quella vecchia volpe di Arnoldo Mondadori la sintetizzò così, in tre regole auree: “Primo: aver creato nuovi canali di vendita. Secondo: offerta opere alto valore letterario. Terzo: aver fede costanza coraggio nelle imprese nelle quali si crede”. La rivoluzione, in effetti, fu nell’aver modificato il modo d’intendere il libro. Mondadori intuì che “la crescente diffusione del libro tascabile” aveva bisogno di altri spazi: la libreria era il cappello a cilindro dell’editoria che fu. Galvanizzato, il 10 febbraio 1965 Mondadori scrive all’“Illustre Arpino” denunciando la potenza di fuoco della sua armata libresca: “Oltre che alle normali librerie anche alle 16.000 edicole e alle 10.000 cartolibrerie che possiamo raggiungere”. Insomma, nascevano gli Oscar: nome rotondo, solare, americanoide, per una collana settimanale di libri che s’acquistavano anche in edicola, costavano pochissimo (“Lire 350”), erano bellissimi. L’esordio fu col botto, come si dice: Addio alle armi di Hemingway “vende 210.000 copie in una settimana e quasi 400.000 nei due mesi seguenti”. In una fotografia i due, Mondadori e Hemigway, brindano, ghignando.

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Fede Costanza Coraggio sono le tre virtù editoriali di Mondadori, che temperano le teologali di San Paolo, Fede Speranza Carità. Mi preme la seconda delle regole impiattate dal gran khan dell’editoria: la strategia commerciale regge a patto che vi sia “offerta opere alto valore letterario”. Senza alto valore letterario non è mercato ma mercimonio, non è commercio ma lascivia editoriale. La massiccia promozione lascia sgomenti: all’urlo “Gli Oscar Mondadori. Un libro alla settimana”, segue sfilza di grandissimi, “Hemingway Buzzati Lawrence Nabokov Pavese Fitzgerald Cronin Dickens Mauriac Arpino Gogol Remarque Cassola Pratolini Steinbeck…”. Si crea anche – all’americana – una affinità solidale tra lettore e autore (leggo Hemingway, non la particolare opera di un autore chiamato Hemingway). “Alla scelta dei primi cento titoli degli Oscar provvedono direttamente Alberto Mondadori e Vittorio Sereni. Nel corso del 1965 escono in edicola grandi libri come La ragazza di Bube di Carlo Cassola, La nausea di Jean-Paul Sartre e Un amore di Dino Buzzati. Ma anche Un delitto d’onore di Giovanni Arpino, Il nostro agente all’Avana di Graham Greene, Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, Una vita di Guy de Maupassant e I malavoglia di Giovanni Verga. Al ritmo di un volume la settimana l’acquirente degli Oscar Mondadori è messo nelle condizioni di crearsi, per una cifra molto modesta, una vera e propria collezione delle opere narrative più importanti” (Elena Rancati e Beatrice Porchera, in Libri e scrittori da collezione. Casi editoriali in un secolo di Mondadori, 2007).  

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La manna durò un anno. Un po’ tutti gli editori d’allora – Garzanti, Mursia, Sansoni, Longanesi, Dall’Oglio –, storditi dal successo di Mondadori, fondano la loro collana tascabile, dando invasione al mercato. Anche gli Oscar, “i libri-transistor che fanno biblioteca” (logo coniato da Vittorio Sereni), mutano vita, si strutturano in sottocollane, divengono una casa editrice nella casa editrice. L’Oscar è poliedrico, immortale: nella stagione 1984-85 è lo sponsor del Milan di Pietro Paolo Virdis e Mark Hateley (ma quello, soprattutto, è l’anno del Verona campione d’Italia, di Michel Platini capocannoniere, di Maradona al Napoli). Nel 2017 sono nati gli Oscar Baobab: libri enormi, cartonati, con grandi testi – tra gli ultimi, le Poesie e prose di Vittorio Sereni – a un prezzo non del tutto conveniente (tra i 20 e i 27 euro). Anche gli Oscar sono diventati aristocratici.

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Oggetto d’imitazione e di studio, ora l’epopea degli Oscar è diventata una mostra, “Libri da Oscar. Come nacque la più popolare collana editoriale italiana”, in Palazzo Verbania, a Luino, a cura di Luigi Mascheroni e Santo Alligo (inaugurata il 24 ottobre, state all’occhio perché a causa delle peripezie Covid sarà prorogata). Soprattutto, è prezioso il catalogo – stampa Little Nemo Editore – che racconta retroscena e virtuosismi dell’impresa editoriale. Ad esempio, spiega Roberto Cicala, “Il modello non è la concorrente “Bur”, dalle copertine grigie fin dal 1949: è l’inglese Penguin, che trent’anni prima ha iniziato a pubblicare letteratura di qualità non semplicemente per i bookshop; se deve ad Allen Lane, futuro sir, la sfida di vendere Agatha Christie o George Orwell nei chioschi delle stazioni, nelle tabaccherie e nei primi supermercati, con colori diversi in copertina per ogni genere: arancione per la narrativa, verde per i thriller, blu per un genere amato dai lettori anglosassoni, le biografie. Il costo di ogni volumetto è di 6 pence, l’equivalente di un pacchetto di sigarette, lo stesso del prezzo dato alla nuova collana, 350 lire, meno di 4 euro rapportati a oggi”.

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L’altro aspetto, però, che ha fatto grande gli Oscar – e fa magnetica la mostra – sono le illustrazioni, gli illustratori. Le copertine degli Oscar sono meravigliose. Merito di artisti mirabili come Mario Tempesti, dai tratti esistenzialisti, l’onirico Karel Thole, l’onnisciente Ferenc Pintér. Grazie a Pintér, per dire, Elias Portolu della Deledda ha una potenza icastica faulkneriana e Maigret assurge a vette d’indiavolato. Alcune tavole – per La verità perduta di Bruno Tacconi e per Figli di Pearl S. Buck – sono eccelse a dispetto dei romanzi che adornano. D’altronde, per gli Oscar Fantascienza Karel Thole ha creato superbi capolavori: si guardi la copertina de I figli dell’invasione di John Wyndham. Per non parlare delle tenebrose tavole per il ciclo di Poirot, indimenticate. Fu l’Eden dei libri, appunto: a pochi spiccioli, la bellezza. Grandi libri, grandi illustratori. Oggi ci toccano libri modesti, confezioni editoriali sbadate, sbagliate, il tutto a caro prezzo. (d.b.)

*In copertina: tavola di Ferenc Pintér per illustrare “Maigret e la ballerina del Gai Moulin” di Georges Simenon, 1972

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