Sono giorni pieni di pensieri, questi ‒ e di riflessioni. Sono giorni di decisioni, che comportano rinunce. Non ho ancora toccato il fondo, e spero non accada mai. Ma se dovesse succedere, che tutto sia sincero, violento: che tutto esploda nel tremendo terribile istante.
Ecco, di me, un’altra forma di nostalgia che ancora non conoscevo, la mestizia del non poter più fare molte cose, e di non poter vedere lei quanto vorrei: il mio amore…
Motivi seri, importanti, sgretolano i sogni, e mi vincolano nella città di periferia…
Seduto alla scrivania della stanza-studio, seduco le parole, ne rovino gli anfratti, rimango ferito. È il mio spazio di resistenza, questo. Qui, sono intoccabile.
Allora, solo alla poesia m’appiglio; ai versi di Octavio Paz. Ed essi sono lo specchio di chi come me ‒ oggi, ora ‒ vorrebbe ma non può.
Verranno tempi migliori, forse ‒ che frase banale!
Leggo. Ecco accontentato il mio tormento. Non sono che urlo.
(Giorgio Anelli)
TEMPORALE
Nella montagna nera il torrente delira a voce alta A quella stessa ora avanzi tra precipizi nel tuo corpo sopito Il vento lotta al buio col tuo sogno boscaglia verde e bianca quercia fanciulla quercia millenaria il vento ti sradica e trascina e rade al suolo apre il tuo pensiero e lo disperde Turbine i tuoi occhi turbine il tuo ombelico turbine e vuoto Il vento ti spreme come un grappolo temporale sulla tua fronte temporale sulla tua nuca e sul tuo ventre Come un ramo secco il vento ti sbalza Nel tuo sogno entra il torrente mani verdi e piedi neri rotola per la gola di pietra della notte annodata al tuo corpo di montagna sopita Il torrente delira fra le tue cosce soliloquio di pietre e d’acqua Sulle scogliere della tua fronte passa come un fiume d’uccelli Il bosco reclina il capo come un toro ferito il bosco s’inginocchia sotto l’ala del vento ogni volta più alto il torrente delira ogni volta più fondo nel tuo corpo sopito ogni volta più notte