01 Giugno 2023

Michel Houellebecq: l’ultimo dei miserabili. Al suo coito mediocre preferiamo le vecchie, care, meravigliose menzogne

A una contumelia, meglio rispondere con sprezzante contumacia. Ad esili scuse preferire l’esilio. Alla responsabilità, il responso. Eccezion fatta – ça va sans dire – per questioni che tocchino l’intoccabile. Nel caso di specie, la transalpina grandeur. Il caso, la pubblicazione di Qualche mese della mia vita di Michel Houellebecq (uscita in combo per La Nave di Teseo-Flammarion) –, il casus, trite accuse di islamofobia e un video-truffa a sfondo erotico girato ai danni dell’autore.

Ultimo grande scrittore borghese, Michel Houellebecq, nel libro di cui il suo lettore non aveva bisogno – e probabilmente neanche lui – conduce in scena le vituperate nefandezze del liberalismo sessuale ed economico che sono da sempre critica nodale della sua opera, in un breve atto unico in cui l’uomo – denudato d’ autorità autoriale –, si mostra per ciò che è. Materia da romanzo francese. Un miserabile.

Più kafkiano di Kafka, più pascaliano di Pascal, MH confessa, processa e assolve MH. Con tanto di pubblica ammenda, emenda passaggi incriminati di un’intervista rilasciata a Michel Onfray per “Front populaire”, colpevole d’aver vilipeso gli spiriti dei musulmani di Francia. Quindi – messa la coscienza a posto per onor di patria –, il libero sciorinamento della propria versione dei fatti in merito all’erotico affaire che lo vede coinvolto – vero tema del libricino – con tanto di dettagli contrattuali, narrazione giudiziaria, burocratiche divagazioni. Noia da bureau forensi.

Lo scritto si sostanzia in un’operazione diplomatica, di responsabilità civile e sciovinismo letterario frammista a goffo moralismo.

L’autore del Senso della lotta, il poeta di Restare vivi – l’esistenza a bassa quota, il vivere di contrabbando – pare dissolto nel nulla. Più tolstojano di Tolstoj, MH sceglie di infliggere al proprio lettore – al quale, del pettegolezzo d’un certo mondo patinato, nulla importa – la lezioncina morale del pentimento. Più schopenhaueriano di Schopenhauer, lontano da ogni accenno di lucidità, presenta il mondo come sua, unica, rappresentazione. L’autore più acclamato d’Europa si serve del grande mercato editoriale non per esaltare la propria opera, bensì per sbandierare la personale versione dei fatti. Ma a chi importa?

Il teatrino dell’assurdo appare tale anche al pensiero brizzolato dell’amico Bernard-Henri Lévy che, con sapienziale snobismo, declassa la questione a iniqua faccenda – ‘alla fine la letteratura vince sempre’. Ma i tempi di Nemici pubblici sono ormai fosca memoria e MH opta per la pubblica e amicale confessione.

Da un lato, il pentimento dal punto di vista della convivenza sociale – non certo dell’analisi sociologica sul conflitto civile in atto in terra di Francia – dall’altro, il riconoscimento di atti percepiti come di dubbia moralità estorti con modalità truffaldina, quindi il ruolo della vittima, della ‘parte lesa’. «Le femministe non mi amano» – dichiara, prima di trasformarsi a tutti gli effetti in una di loro.  

A deprimere ancora la cupa narrazione, alcuni sforzati passaggi di houellebecqiana fraseologia – licenziosità totalmente inadeguate all’occasione d’uso. Divinando le imminenti accuse di un certo, incoerente moralismo, l’atteggiamento è quello di un’excusatio non petita. L’ostentazione del consueto linguaggio scollacciato sembra gridare continuità con la figura del depravato di sempre – quale scrittore francese, peraltro, non lo sembra? – ma l’effetto è quello di un Lord Byron invecchiato male, deludente come l’incontro con un vecchio amante, ormai privo dei fasti del passato.

“Era atroce per me pensare che l’unica traccia che sarebbe rimasta della mia vita sessuale, la parte più vivace della mia vita, sarebbe stata un coito mediocre con una troia inerte, filmato da uno scarafaggio degenere, il tutto sicuramente di una bruttezza assoluta. Mi meritavo di meglio; chiunque si merita di meglio”.

Ma il caso Houellebecq mostra, anche, come nell’universo editoriale della patria della liberté alcuni siano più uguali di altri.

Se oggi la grande editoria francese consente a Michel Houellebecq di dare alle stampe il suo breve memoriale di civile buonsenso, non si mostrò altrettanto magnanima con lo scrittore Gabriel Matzneff, quando, solo qualche tempo addietro, l’autore cui i propugnatori della liberazione dei costumi avevano per anni riservato una calorosa accoglienza, parimenti avanzò la l’esigenza di raccontare la propria versione dei fatti in merito allo scandalo sessuale che lo vedeva coinvolto – mentre la sua controparte, Vanessa Springora, considerata ‘parte lesa’ dal tribunale della pubblica opinione, narrava senza freni della relazione intercorsa fra lei e l’autore più di trent’anni prima, quando avevano rispettivamente quattordici e cinquant’anni, per mezzo del libello Le consentement (edito in italiano da La Nave di Teseo).

Unica memoria difensiva fu concessa all’autore francese – che in patria vide i propri scritti ritirati da librerie e biblioteche – dagli spiriti liberali della casa editrice italiana Liberilibri – presso cui Matzneff trovò asilo intellettuale e la pubblicazione del suo Vanessavirus.

Ma in fondo, al di là delle divagazioni sulla vicenda – che a leggere Houellebecq spaziano dal gesto politico alle gesta di Tommaso d’Aquino – la realtà dei fatti si sostanzia in più evanescente materia. Lo scrittore, il poeta, reca sempre in sé quel qualcosa di eroico, quindi, al contempo, erotico. E ogni venereo ardore del lettore rischia di venire meno se quell’aura si dissolve, scontornando l’icona letteraria del proprio supporto romanzesco – per quanto realista – per sostituirlo con una ben più vile realtà.

Immaginare Gabriel Matzneff, pluriottantenne ed esiliato fra gli scogli di Bordighera per i retroattivi effetti di un amore scostumato, serba l’autore nella sfera del mito, mentre la catabasi di Michel Houellebecq nelle deprimenti beghe da arena giornalistico-editoriale lo priva irrimediabilmente di un certo charme, declassandolo al girone dei miserabili. Esattamente come noi.  

Caro Michel, al tuo coito mediocre avremmo preferito meravigliose menzogne.  

Fabrizia Sabbatini

Gruppo MAGOG