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“Amo più il mio sangue che il mio inchiostro”

Durante la Prima guerra, Drieu La Rochelle è mobilitato a Charleroi: ne esce ferito, il 23 agosto del 1914 e si scopre poeta. Nello zaino – o meglio: nel fondo di cassetta – aveva lo Zarathustra di Nietzsche; in convalescenza leggerà Rimbaud e Verlaine; le Cinq grandes odes di Claudel gli rivelano la potenza del verso ampio, la putrefazione della vita nel gesto epico. Drieu si crede poeta, nasce poeta: nel 1917, nonostante la censura, pubblica Interrogation; nel 1920, Fond de cantine, dove la poesia si realizza in formule marziali e senza assoluzione, ebbro preludio ai grandi romanzi. Louis Aragon, l’amico-nemico, affermerà che Drieu “in politica era ambiguo, inaffidabile” e che la sua poesia, aforistica e piena di ferite, è il manifesto ingenuo, generoso, spavaldo di un uomo che “quando diceva una cosa, ne pensava almeno altre due, tra cui il contrario di ciò che diceva”. “L’ambiguo Drieu”, lo chiamava Giaime Pintor, si pone come corona di spine, problema insano, insanabile, getto d’acido contro la barbarie dell’ovvio. Se infastidisce è per eccesso di caduta.

Per la prima volta in Italia sono raccolte in un unico volume le poesie di Drieu La Rochelle, l’estremista del secolo.

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2022