La dura lotta contro l’inquinamento ambientale passa anche da un semplice test di gravidanza. Come? Tra le molte cose curiose che si imparano in Triennale a Milano, alla Broken nature: Design Takes on Human Survival, curata da Paola Antonelli, la XXII mostra (sarà aperta fino al prossimo 1° settembre), scopro che i test di gravidanza tradizionali sono estremamente inquinanti. Volete conoscere il vostro futuro di mamme e di dolci attese? Meglio l’acquisto ecologista di Lia, un test non in plastica non biodegradabile, ma fatto di fibra vegetale, come la carta igienica. Con il grande clamore suscitato dalla ragazzina svedese, l’algida Greta Thunberg, il cambiamento climatico, lo sviluppo sostenibile e via dicendo, pensavo di beccarmi una bella coda in biglietteria. Invece no: eravamo (solo) noi, qualche sparuto visitatore italiano, pochi europei e un gruppetto di eleganti ragazze cinesi. La natura si è rotta (come biasimarla?), ma, dicono, ci pensa il design alla sopravvivenza dell’umanità. Combattendo, forse, una delle prime cause della rovina dell’ambiente: il comportamento nefasto dell’uomo, incoraggiando la sensibilità, suggerendo alcuni comportamenti meno (auto)distruttivi. A partire da un semplice test di gravidanza. Ma non solo.
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Prendiamo gli alci. Dato che è lecito mangiare gli alci, bisogna pensare a tali animali come al noto suino di cui non si butta via niente. In mostra, una comoda poltrona con lampada in pendant con quella dura pellaccia da moose. La piccola svedese ringrazia. “Ogni anno vengono uccisi circa ottantamila alci. Si stima che il 55 per cento del peso corporeo di ciascun animale sia carne commestibile, mentre il restante 45 per cento è destinato a finire tra i rifiuti”. Il designer compatriota di Greta, Victor Alge (un nome, un destino) pensa alla pelle, alle ossa e al mantello dell’alce che potrebbero facilmente essere trasformati in sedie e lampade, resistenti quanto la plastica. Secondo la FAO, però, la nostra dieta è piuttosto monotona: quasi tutto il cibo del mondo proviene da sole dodici piante e cinque specie animali, insomma meglio cambiare, ci suggerisce Laposse. Per non parlare poi dell’inquinamento derivato dalle nostre vacanze e dal democratico turismo di massa. Non solo voli aerei e distruzione di spiagge paradisiache. Stop a crema solare quando si va al mare. La plastica dei flaconi? Ma no, la plastica inquina moltissimo, è risaputo, ma ancor più danno fa la crema solare. Cosa c’è di male nel cospargersi di crema le spalle? “La crema non solo è confezionata in flaconi di plastica che inquinano il mare, ma è anche composta da sostanze chimiche che s’infiltrano nell’acqua, formando una pellicola sottile che danneggia le barriere coralline e gli ecosistemi”. Certo che la soluzione proposta dallo studio buro Belén è certo bizzarra: una serie di accessori e prodotti portatili per fornire ombra, come sana protezione solare e ambientale. Per la serie: torniamo al vecchio sombrero.
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Si sa che da quando veniamo al mondo, la nostra esistenza è caratterizzata da una fitta serie di rifiuti, non solo sentimentali. E che siamo da smaltire anche post mortem. E già venire al mondo è un rischio, per mamma e bebè da molte parti della nostra terra. Specialmente in India, ma non solo: “Janma set è un set di strumenti a basso costo progettato per garantire un parto pulito e sicuro, ovunque si svolga. È distribuito attraverso una serie di farmacie, cliniche e ospedali in tutta l’India. Il progetto intende sottolineare l’urgenza del tema della mortalità materna anche nei paesi sviluppati, dove si registra un costante aumento dei decessi nelle settimane e nei mesi che precedono o (soprattutto) seguono il parto. Nel corso del delicato periodo di recupero, le neomamme si trovano ad affrontare una serie di situazioni – dal prendersi cura del bambino alla privazione del sonno, senza contare le difficoltà dell’adattamento alla nuova situazione – che possono comportare un pericoloso isolamento e talvolta una tragica noncuranza per la propria salute”. L’esposizione ha un ispirato accento femminile perché mostra come le donne, secondo uno studio di MIT ed Harvard, in virtù della loro elevata soglia di dolore, tendano a sottovalutare i sintomi di seri problemi cardiaci, come l’infarto. Ma cosa significa essere donna? La stravagante designer artista anglo – giapponese Sputniko! (Hiromi Ozaki) va alla ricerca dei rituali di genere. E ci regala un’opera decisamente moderna, dal retaggio squisitamente classico: “Menstruation Machine – Takashi’s Take”. Takashi è un ragazzo curioso che vuole capire – a diversi livelli, come dargli torto – che cosa si provi ad essere femmina. Così passeggia per la città indossando una solida versione moderna e argentata della vecchia cintura di castità. Il dispositivo metallico si indossa come una mutanda ingombrante ma è dotato di un sistema di diffusione del sangue e di elettrodi che stimolano il basso addome, riproducendo il malessere e l’emorragia tipici di un marchese, di cinque giorni. Le nuove frontiere del design emergono dal pertugio della broken nature e la Menstruation Machine è pensata per essere indossata da bambini, donne in menopausa, trans o chiunque altro nutra il desiderio di intender cosa si prova nell’altra metà del cielo.
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Uno dei messaggi più evocativi di questa esposizione che raccoglie e mostra, a tutto campo, suggestioni antiche e moderne per la lotta contro l’inquinamento ambientale e per l’ecologia, elogia lo straordinario lavoro delle piante, è il messaggio hippie del make love not war, tipico dei bonobo, i parenti più stretti degli esseri umani. Un messaggio sicuramente da valorizzare, in tempi di indifferenza dilagante. “I bonobo tendono a risolvere i conflitti attraverso i rapporti sessuali, piuttosto che con la violenza. In generale la sessualità è predominante nel comportamento sociale dei bonobo e viene usata anche come forma di saluto, mezzo per formare legami sociali, e strumento di riconciliazione. Sono l’unico animale che indulge in baci con la lingua e in amplessi ventre contro ventre. Patricia Piccinini riflette sulla natura delle interazioni tra i primati antenati degli esseri umani”. È il vecchio adagio virgiliano: omnia vincit amor, trasversale. “In questo lavoro, che mostra due creature ibride umane-animali che si abbracciano, l’artista rende omaggio ai temi dell’intimità, dell’amore, dell’invecchiamento, della sessualità e dell’empatia”.
Linda Terziroli