Le fake, nell’ambito dell’arte, non vanno denigrate, hanno una loro ribalda gloria. Falsi e falsari sono ammantati di una dignità autentica, per quanto sinistra. Intanto: per fare un falso vagamente autentico ci vuole del genio (prova a rifare tu un Cagnacci, prova tu a imitare lo stilo di un Rembrandt). Poi: la ragione profonda, mi pare, non è il soldo – per quanto, ovviamente, il fatto economico muova il cervello e gli altri arti, ma, ecco, non sono soldi ‘facili’ – ma lo scherzo. Dai burloni delle maschere pietrificate di Modigliani ai virtuosismi di Han van Meegeren, la fake art è una pernacchia in faccia al mondo dei plauditi, paludati ‘esperti’. Poi, ci sono motivazioni diverse – dall’invidia alla voglia di rivalsa all’ansia sottile di vendetta – che rendono intrigante, abissale l’anima del ‘falsario’. Quasi quasi eroico, pare il fragoroso falsario, un Ettore dell’arte, un incompreso – e spesso incomprensibile – Sancho Panza che fa il verso a Picasso. Rewind. Terminata la stagione delle mostre ‘monstre’ – tanta spesa e tanta resa – sotto lo scettro di Marco Goldin, il Comune di Rimini ha preso, ‘artigianalmente’, a investire su un evento musivo specifico, quasi una griffe. Nata nel 2014, la ‘Biennale del Disegno’ – biennale, si sa, è termine doverosamente cool nell’ambito artistico –, ora alla terza edizione, occupa tutti gli spazi civici – dal Museo al Castel Sismondo al risorto Fulgor – con un certo sfarzo. Quest’anno il valzer comincia il 28 aprile – si va avanti fino al 15 luglio – con una fioriera di mostre per tutti i gusti (a deltaplano: dai disegni di Picasso e di Fellini a quelli di Vanessa Beecroft e Adolfo De Carolis). La mostra più bella, però, si tiene nel Museo della Città (via Tonini, 1) e si chiama Delineavit. Guercino e il caso del Falsario. Diciamo che si va sul sicuro. Massimo Pulini, Assessore ‘alle arti’ a Rimini, artista, è tra i grandi esperti di Guercino in Italia – nel 2003, a Palazzo Reale, in Milano, con Vittorio Sgarbi, ha curato una mostra decisiva – vi ha appena dedicato un libro (Mal’occhio, CartaCanta, 2018) e su temi come falso, incompiuto, copia ha scritto testi affascinanti (Il secondo sguardo, La mano nascosta, La parte muta). Nel particolare, però, si cela la perla. Nella mostra, infatti, non si racconta soltanto il genio inimitabile di Guercino (così Pulini: “Rilegando idealmente tutte le carte disegnate da Guercino si potrebbe comporre il più grande romanzo italiano del XVII secolo, un immenso libro che può tenere il passo di Rembrandt e di Cervantes”), ma si mostra – ed è una primizia in Italia, cosa mai vista prima – il profilo del suo imitatore. La sezione dedicata a Il Falsario del Guercino è curata da Giulio Zavatta, sagace storico dell’arte che insegna a ‘Ca’ Foscari’, non nuovo a ‘scoperte’ simili. La storia del ‘falsario’ – non potrebbe essere altrimenti – ci precipita in ambiguità consecutive, che hanno la crudele delizia di un romanzo scritto a quattro mani da Conan Doyle e da Borges.
Intanto. Come si fa a imitare l’inimitabile Guercino? Ovvero: immagino che dietro alla scoperta del ‘falsario’ ci sia stato un degno lavoro d’indagine. Come hai fatto a ‘localizzare’ l’identikit del talentuoso brigante?
Occorre innanzitutto richiamare un doppio contesto. Il primo è che il Falsario del Guercino è “famoso”. Prisco Bagni, tra 1985 e 1990, gli ha dedicato due voluminosi libri, introdotti da Denis Mahon, il più celebre esperto di Guercino del secolo passato. Quindi può vantare un successo editoriale che non arride a molti artisti che hanno puntato sulla propria autorialità. In secondo luogo – e questo è stato il mio lavoro in aggiunta a quanto finora già scritto – per capire le ragioni del suo successo anche presso i suoi contemporanei è necessario considerare che il falsario ha agito in un momento particolarmente favorevole. I disegni originali di Guercino, per lungo tempo custoditi dagli eredi, furono dispersi intorno alla metà del Settecento, e un numero molto considerevole emigrò in collezioni estere. Per questo, e per soddisfare una richiesta pressante di sue opere, moltissimi disegni di Guercino furono incisi. Nessun altro artista ha visto riprodurre su vasta scala i suoi disegni come Guercino: i suoi ambitissimi fogli sono stati soggetto di incisioni più ancora che i suoi dipinti. A un certo punto, però, i collezionisti che desideravano un disegno di Guercino si affacciavano al mercato senza averne mai visto uno vero, specialmente di paesaggio. La conoscenza del segno del maestro l’avevano appresa attraverso le riproduzioni a stampa. In questo favorevole contesto alcuni contraffattori (più d’uno, ma tra questi il “falsario” senz’altro il più dotato), usando proprio come modello le stampe, le ritrasformarono, per così dire, in disegni nel preteso stile di Guercino.
Chi è Francesco Novelli? Modesto pittore in proprio, invidioso, canaglia? Insomma: possibile che uno che sappia ‘rifare’ così bene un gigante non sia a sua volta, per lo meno, un gigantino?
Studiando questi contesti mi sono imbattuto in un caso documentato di falsificazione di disegni di Guercino avvenuto proprio nell’epoca del “falsario”. In precedenza erano stati fatti alcuni nomi per cercare di identificarlo, ma con metafora giudiziaria sono stati tutti assolti, o perché si è trovato un disegno firmato che differisce da quelli del falsario, o soprattutto perché i sospettati non rientravano nel periodo storico in cui si può configurare l’attività del “falsario”, che è stato ben circoscritto considerando le incisioni che utilizzava come repertorio. Francesco Novelli è un figlio d’arte, suo padre Pietro Antonio fu un buon pennello veneziano. Ed è proprio il padre, scrivendo ad un amico artista bolognese, Jacopo Alessandro Calvi, ad ammettere che Francesco stava volutamente falsificando i disegni della sua collezione, tra i quali figuravano alcuni fogli di Guercino, e che questi disegni avrebbero ingannato molti collezionisti. Calvi, il destinatario di queste lettere, è tra l’altro autore di una vita di Guercino, pubblicata nel 1808, quando cioè circolavano molti di questi disegni. Ed è il primo – cosa finora sfuggita – a registrare una cospicua attività di falsificazione di disegni di Guercino. In definitiva Francesco Novelli fu un falsificatore di disegni di Guercino. Visse e operò nell’epoca in cui si possono datare i fogli del “falsario”. Ma – sebbene sia l’unico con indizi concreti a carico – non possiamo essere certi che sia proprio il “mitico” contraffattore. Nell’indagine è emerso anche un altro nome, Giuseppe Sedazzi, pittore e restauratore bolognese coevo, che secondo Malaguzzi Valeri corrispondeva al famoso falsario. Ma lo studioso, morto in circostanze dubbie nel 1928, non ha mai dato nessuna spiegazione del perché ha “incriminato” questo personaggio. La carriera artistica di Francesco Novelli si svolse nell’ambito dell’incisione di riproduzione, nella quale riuscì molto bene dimostrando grande capacità di immedesimarsi nel segno di grandi artisti come Rembrandt. Ma non riprodusse mai a stampa un soggetto di Guercino, quindi in definitiva non fornì un termine di paragone coi fogli del falsario. Non è un gigante né un gigantino, ma è certo un bravo incisore.
Facciamo i conti. Quanti falsi Guercino ci sono in giro? Ne restano altri da scoprire? Quanti ne ha fatti, che sappiamo, il Novelli?
Falsi Guercino ce ne sono un fiume. Sono tantissimi. Tra questi i disegni del “falsario”, che sia identificabile o meno con Novelli, sono ugualmente numerosi, quantomeno alcune centinaia. Nel corso di questo studio ho rilevato i timbri di collezione apposti sui suoi disegni. E questi richiamano i nomi di una ventina, forse più, tra i massimi collezionisti europei dell’Ottocento. Da questi sono passati nei maggiori musei del mondo: se ne trovano in Italia agli Uffizi, a Cento (nella città di Guercino…), al Castello Sforzesco e alla Pinacoteca Ambrosiana a Milano, tanti anche Forlì nel Fondo Piancastelli, a Bologna e praticamente in ogni dove. Ma anche all’estero al Louvre, al British Museum, a Oxford, Budapest, nel museo di Rio de Janeiro, di Princeton, a New York e perfino a Honolulu: praticamente ovunque nelle principali sedi museali. Un artista anche di chiara fama oggi farebbe fatica ad essere attestato in maniera così capillare in tutte le principali raccolte del mondo…
Cosa passa per la mente di un falsario raffinato? Desiderio di soldi (anche se non ‘facili’)? O voglia di fare una pernacchia in faccia al mondo degli ‘esperti’ d’arte? E poi, che valore hanno, a conti fatti, questi falsi?
Il primo volume sul “falsario” è stato pubblicato nel 1985. L’anno prima avvenne la famosa beffa dei falsi Modigliani fatti trovare a Livorno. Anche la monografia su questo falsificatore del Settecento ne risente: Bagni e Mahon, licenziando un libro che certificava il successo del falsario, sono molto severi nei giudizi, risentendo sicuramente di un clima che vedeva gli storici dell’arte sotto scacco sul tema della contraffazione. Nel caso documentato di Novelli, il padre Pietro Antonio si dimostra molto divertito del fatto che i falsi del figlio venivano presi per originali, ma non ne faceva una questione economica. Era l’atteggiamento compiaciuto del genitore che vedeva nel riuscito inganno perpetrato dal figlio il riflesso di una sua notevole capacità nel disegno. Ma indubbiamente una falsificazione su così larga scala induce a chiedersi anche quali fossero i risvolti economici, e nel catalogo della mostra figura la prima indagine anche su questo. Che rivela che dopo la loro inesorabile dispersione i disegni di Guercino, negli inventari coevi con stima, erano generalmente i più apprezzati e costosi. Il fatto che proprio in questo periodo compaiano le serie di contraffazioni del falsario non è dunque casuale. Se la cosa nacque per gioco, il gioco ebbe poi anche risvolti economici concreti e apprezzabili.
E tu, ora, speleologo delle cose strambe, cosa studi?
Il tema del falso è affascinante perché è una sfida. Chi falsifica gioca a nascondersi o a depistare, quindi sono indagini complesse fatte di indizi e contesti. Sto studiando un altro falsificatore noto come il Maestro del Ricciolo, che produceva disegni di Francesco Guardi fasulli. Ma mi occupo, quando gli impegni me lo permettono, anche dei “miei” argomenti, da Palladio all’arte riminese. Sulla quale, presto, una novità: la storia di un dipinto appartenuto a un papa che da Rimini è giunto, attraverso le vie del mercato, fino a Marsiglia.