Per “Tuono, Mente Perfetta” – The Thuder, Perfect Mind secondo la Coptic Gnostic Library – s’intende uno dei testi più affascinanti del lotto scoperto a Nag Hammadi. Si tratta di un poemetto frammentario, probabilmente di area gnostica, dai lievi legami – comunque indiretti – con il sostrato ebraico e cristiano (nel testo si fa riferimento, piuttosto, a “Greci” e “barbari”). Chi parla si esprime al femminile, ambigua personificazione di Sapienza/Sophia; “tuono” è formula primeva con cui ‘chiama’ Dio – nel Primo Testamento, Dio “tuonò dal cielo” (2 Sam 22, 14); il Salmista vede rispecchiato nel “fragore del tuo tuono” (104, 7) l’ira del Potente; Ezechiele parla del “tuono dell’Onnipotente (1, 24) e Giobbe del “tuono della sua potenza” (26, 14). Tuono, però, in questo inno di sgargiante bellezza, è l’illuminazione imprevista, l’evento luminoso che squarcia le ombre dell’apparenza, lo shock in un verbo chiaroscurale, di singulti e inseguiti e inseguitori, banditi e banditori, gioco di tane e di verità da stanare, da sconsacrare.
Del testo esiste soltanto la versione copta; data, luogo e autore sono ignoti: gli studiosi lo incastonano nel covo culturale alessandrino, intorno al II o III secolo. Che sia una divinità/entità femminile a parlare non è cosa strana: nei codici scoperti a Nag Hammadi, tra l’altro, diverse donne sono poste in primo piano (Norea; Verità; Protennoia, ad esempio). In una claustrofobica invenzione di Borges, potremmo ipotizzare che l’inno sia composto da Arianna, la signora che ha vinto il Labirinto, figlia del sapiente (Minosse) e del mostro (Minotauro), abbandonata dal guerriero/politico (Teseo) ed esaltata dal dio (Dioniso). Pure fole.
“Tuono, Mente Perfetta”, piuttosto, si districa tra le contraddizioni. L’entità che parla è sapiente e insipiente, armonia e caos, purezza e obbrobrio, luce e ombra, colei che risolve i contrasti dopo averli vissuti tutti. Che acceca da cieca. Aderire al suo dire, per sempre ambiguo, significa compiere una gimkana tra gli opposti, addestrarsi alla cupa lotta tra gli assoluti. Il divino è indifferente alle circostanze mondane, al dilemma, troppo umano, del bene e del male: eppure, ogni dissidio è vagliato e classificato, ogni divario va vissuto dall’entità, va divorato. Famelica è la donna chiamata Tuono: si dona perché di lei ci sfamiamo. Nel crocevia della discordia, il cercatore deve smarrirsi: la via è chiara quando tutto appare inderogabilmente insensato; all’amore si giunge dopo aver sperimentato l’odio; il dio è ciò che non può essere, l’incredibile a cui solo l’incredulo approda.
L’entità si esprime tramite l’enigma, come l’oracolo e la Sfinge. Se non si scioglie l’enigma, il mostro ti divora – oppure, il discepolo resta latitante in questa valle di lacrime e di violenza, all’oscuro. Lo scandalo della contraddizione, però, non è soltanto del mondo greco classico (i formulari di Eraclito e le giaculatorie di Cassandra, il dio di Delfi che accenna, le Baccanti che vanno in isteria): il Nazareno, nei Vangeli, sconcerta chi lo incrocia, non dà mai soddisfazione, non si ancora ad una risposta che non sia inseguirlo. Gesù porta il fuoco – iconostasi del tuono – e predica l’amore per il prossimo, parla per parabole e lettere sulla sabbia, è scambiato, sempre, per ciò che non è (un profeta, un esegeta, Elia, il delfino di Giovanni, un Messia combattente, un guaritore). Esperire il divino: travolge, sconvolge i sensi, rivolta, ribalta, converte, contorce, viene da sconveniente.
Di The Thunder, Perfect Mind esistono diverse traduzioni, segnaliamo quelle di George W. MacRae per la Gnostic Society Library; quella di Anne McGuire (2000); quella, commentata, diHal Taussig(2010). In Italia se ne trovano alcune, in rete; qui si è preferito opporre – più che proporre – una versione che smuova il linguaggio, ne faccia concia e tonsura. D’altronde, è ciò che reclama il testo. Dico cose che tutti ascoltano e pochi comprendono, afferma l’entità di “Tuono, Mente Perfetta”. Tutti possono capire il mio detto, pochi lo apprendono. La divinità apre le valve della sapienza, spezza i simboli: il linguaggio non crea ‘ecclesia’, fonda un lignaggio di prescelti. Il verbo stesso – pur sempre eucaristico – va spezzato e inghiottito: fermenti bestie, angeli con il viso da lince e da airone. La sapienza è per gli insipienti, la salvezza per gli insoluti; qui si tratta di assumere, già assolti.
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Tuono, Mente Perfetta
Inviata dal potere vengo per chi in me si riflette soltanto chi mi cerca può trovarmi. Fissami, tu che in me rifletti ascoltatemi, uditori. Chi mi attende, mi porti con sé. Non bandirmi dalla tua vista. Non permettere alla tua voce e al tuo udito di odiarmi. Non ignorarmi, mai, in nessun tempo, in nessun luogo. Veglia! Resta allertato! Non ignorarmi.
Perché io sono il primo e l’ultimo l’onorato e il bestemmiato la puttana e la santa la moglie e la vergine la madre e la figlia. Sono le membra di mia madre la sterile dei molti suoi figli. Ho avuto il matrimonio più fastoso perché non ho marito. Sono la levatrice e colei a cui è levato il parto solo conforto delle mie laboriose doglie. Sono la sposa e lo sposo mio marito mi è genitore. Sono la madre di mio padre e la sorella di mio marito e lì è fissa la mia discendenza. Sono la serva di chi mi ha osservato sono il sovrano della mia stirpe. Ma lui mi generò prima del giorno natio e a tempo debito sarà la mia prigione progenie: da lui il mio potere proviene. Sono lo scettro della sua gioventù perché lui è il vincastro della mia vecchiaia. Ciò che vuole, accade. Sono il silenzio indefettibile e l’idea che s’india nella tua memoria. Voce dal ritmo tentacolare verbo dai moltiplicati inganni pura pronuncia del nome.
Perché tu che mi odi mi ami e odi chi mi ama? Confessami, tu che mi sconfessi Sconfessami, tu che ti confessi. Chi di me dice la verità è un mentitore chi su di me mente, dice la verità. Chi mi conosce mi ignora chi mi ignora mi conoscerà.
Io sono la sapienza e l’insipienza la vergogna e la svergognata la spudorata e la pudica la forza e il terrore la guerra e la pace prestate ascolto.
Io sono la piena di grazia e la disgraziata custodisci la mia povertà, cura la mia ricchezza. Quando mi esilieranno dalla terra, non gridare: mi riconoscerai in quelli che verranno. Non cercarmi tra corpi e colossi di letame non invischiarti nella caccia: mi riconoscerai nei regni. Quando mi relegheranno tra gli ultimi e i disonorati non ridere di me: non gettarmi tra chi è ucciso con violenza.
Sono spietata e piena di pietà: stai all’erta.
Non disprezzare la mia obbedienza e non amerò la mia anarchia. Non abbandonarmi quando sarò debole il mio potere non ti intimorisca.
Perché mi odi quando incuto timore e maledici il mio orgoglio? Io presiedo ogni paura sono la forza che trema. Io sono il debole assoluto amo i luoghi paradisiaci. Insensata, insinuo il senso in ogni cosa.
Perché mi odiate, Greci? Perché trai barbari sono il barbaro? Ma io sono la sapienza dei Greci dei barbari la maestria. Sono colei che giganteggia in Egitto e che i barbari non possono raffigurare. Sono quella che è odiata da tutti che ovunque è amata. Mi hai chiamato Vita mi hai chiamato Morte. Mi avete detto Legge mi avete soprannominata Illegale. Sono l’inseguito, la sequela e colui che insegue. Sono il disperso che hai raccolto sono quella di cui ti vergogni e che ami svergognare. Non ho bisogno di riti e per me avete ideato tutti i riti.
Sono una senzadio e quella per cui Dio è grande. Rifletti su di me per disprezzarmi sono l’ignorante che si fa insegnante. Quando da me ti nascondi appari ovunque. Quando vi nasconderete apparirò quando apparirai mi nasconderò.
Ciò che va fatto fallo… insensatamente… Levami dal dolore accoglimi nella conoscenza e nella sofferenza. Prendetemi con voi in orridi e rovine ruberia di bellezza in luoghi laidi. Svergognata, prendetemi con voi, spudoratamente; che la vergogna e la spudoratezza travolgano le vostre membra. Vieni avanti, tu che mi conosci e che conosci i miei corpi stabilisci chi è il grande tra i piccoli. Vieni presso l’infanzia e non disprezzarla perché è poca cosa e breve. Non levare la grandezza dal piccolo perché il piccolo si comprende per la sua grandezza.
Perché mi benedici e mi bestemmi? Mi hai ferita ed è fertile la tua pietà. Non separarmi dai primi che hai conosciuto e non allontanare mai nessuno.
[…]
Io sono dentro …ogni natura. Presiedo… la creazione degli spiriti …la questua delle anime. Sono il controllo e l’incontrollato unione e dissoluzione l’unica e la dissipata sono ciò che è al fondo e tutti convergono presso di me. Sono la condanna e l’assolto sono il senza peccato e la radice di ogni peccato. Sono la lussuria e la casta. Sono la voce che tutti ascoltano e il discorso incomprensibile: il muto e la muta del verbo. Ascoltami con gentilezza apprendi la mia durezza. Sono il grido e la scagliata a terra. Preparo il pane e la mente sono la conoscenza del nome. Sono quella che urla e ascolta. Sono la difesa, l’indifesa mi chiamano Verità avvero l’iniquità.
Mi onori… e chiacchieri contro di me. Tu che sei vano, giudica chi svanisce prima che ti giudichino, perché è in te il giudice e il parziale. Se sarai condannato, chi potrà assolverti? Se sarai assolto, chi ti custodirà? Ciò che è dentro di te è fuori di te chi ha modellato il tuo corpo ha dato forma al tuo spirito. Ciò che vedi fuori di te è dentro di te. Io sono la voce che tutti capiscono e il lemma che nessuno comprende. Sono la pronuncia e l’impronunciabile la lettera e la sua divisione …pronuncerò il suo nome.
Fissate le parole compilate gli scritti Attendete con attenzione uditori e angeli, inviati e invitati e voi spiriti risorti dalla morte:
io sono la sola cosa che esiste e nessuno oserà giudicarmi. Perché molti sono i piaceri e numerosi i peccati le incontinenze insaziate le passioni disgraziate i piaceri fugaci che gli uomini abbracciano fino a diventare dementi e ascendere presso il riposo. Mi troverete lì: e nessuno vivrà e non avrà vita la morte.