All’epoca chi li leggeva libri seri! Per fortuna, quando uscì Atonement (Espiazione) di Ian McEwan mi dedicavo ai romanzacci storici. Era il 2001. Tra 2005 e 2006 ci girarono su un film con Keira Knightley, in graduale evoluzione verso una sua sobrietà femminista (carina lo stesso). La Knightley veniva a quel film dopo la sua prima versione sessualmente agitata da pirati dei Caraibi. Stava comunque benissimo anche negli abiti di un’ereditiera nella campagna inglese che avviluppa nella sua tela il giovanotto in biblioteca. Non sono chiacchiere a vuoto: quel film è proprio retto dalla Knightley e diede ancora più lustro al romanzo di McEwan finché, tombola, nel 2006 morì una delle fonti storiche di McEwan, la donna autrice del diario per gli anni di guerra (sorella della Knightley nel film).
Qui non dirò altro riguardo la trama di Espiazione se non che mi fu proposto una notte di capodanno sperduti sopra Pistoia e la cosa non aveva molto senso: una chiacchierata bovaristica al balcone, immaginarsi i dettagli qui omessi per idealismo.
*
Francamente trovo però che McEwan abbia fatto di meglio rispetto ad Espiazione: lui rende benissimo, semmai, nelle prove brevi del genere L’inventore di sogni, Bambini nel tempo e Chesil Beach. Ma comunque, Espiazione si fa leggere anche se ha paragrafi insopportabilmente lunghi e senza dialogo.
*
La verità è che la nostra vita, per quanto ci sforziamo di negarci agli altri, non è solo esito del caso. Se avete letto Espiazione o visto il film capirete. Se così non è godetevi questa lettera di Pynchon dove il vecchio nordamericano se ne viene fuori con una lettera dattiloscritta (nel 2006!) a difendere McEwan dalle accuse di plagio da fonti storiche.
Enjoy! (Andrea Bianchi)
***
DA THOMAS PYNCHON
Dato il genio British per i codici vocali, questo che sto per scrivere potrebbe anche venir frainteso totalmente perché è impossibile intendere, dalla mia sponda atlantica, le sottili sfumature inglesi – ma assumendo di essere in diritto di descrivere la genziana violetta come cura per la tigna, di grazia, mi permetterete un gentile suggerimento. Risulta fin troppo chiaro che la maggior parte di noi scrittori di romanzi storici realmente senta un obbligo verso l’accuratezza. Ruskin parlava di queste cose dicendo di una “capacità responsabile davanti ai diritti dei fatti, che non si lascia schiacciare dal loro peso”. A meno di non essere in quel punto preciso del passato che narriamo, dobbiamo rivolgerci a persone che erano lì, o magari alle loro lettere, ai resoconti contemporanei sinché poi non si arriva al tempo di internet e riusciamo a fare un paio di cose da soli per conto nostro. Se poi nel corso della ricerca storica troviamo alcuni dettagli entusiasmanti che sappiamo possono venir inseriti in una storia dove fungeranno bene, ebbene in quel caso non saremo traditori felloni dei contemporanei di quei fatti – semplicemente, si fa così. Al massimo potete spingervi a dire che è un comportamento da primati. Gli scrittori sono naturalmente attratti, quasi fossero scimpanzé, dal colore e dalla musica dell’idioma inglese che per una qualche benedizione abbiamo ereditato. Quando ce ne è data la possibilità di solito tentiamo di usare le sue parole più vivide e ricche di suono. Certamente non posso parlare a nome di McEwan e del suo modo di procedere ma dovrei davvero sorprendermi, a ben vedere, se un’attrazione simile per la lingua non si sia verificata quando componeva Espiazione, sia pure per brevi momenti. Coraggio, è l’aneddoto della genziana violetta per il quale è stato vilipeso! Ma chi di noi poteva resistere a un fiore come quello?
I diari del Blitz sono testimoni indispensabili per i tempi della guerra e hanno aiutato le generazioni successive a sapere qualcosa della tragedia e dell’eroismo di quei giorni. Per McEwan aver inserito dettagli prelevati da quei memoriali svolgendoli in modo creativo, riconoscendo apertamente e con frequenza i suoi debiti, spiegandosi infine con chiarezza e onore, lo rende certamente meritevole non della nostra reprimenda, ma di gratitudine.