10 Luglio 2024

La presunzione di essere unici e la vera ricerca interiore. Sulla “Psicosintesi” di Roberto Assagioli

Roberto Assagioli, psicologo e pensatore di immensa sapienza, inizia il suo Psicosintesi con la parola cecità: l’uomo è cieco se si crede tutto unito, tutto già perfetto. Questo difetto della vista rende l’uomo monco, un disabile inconsapevole della propria disabilità, perso nel possedere e nel guadagnare. Viviamo su una zattera alla deriva, cercando di raggiungere una qualche riva salvifica e se approdiamo ad uno scoglio ci pare casa, tanto la nostra vista è ridotta. Compromessi e doverismo, l’uomo moderno vive incastrato tra queste due possibilità che non portano altro che egoismo e frustrazione, manchiamo di dignità e autenticità.

“Una delle maggiori cecità, delle illusioni più nocive e pericolose che ci impediscono di essere quali potremmo essere, di raggiungere l’alta mèta a cui siamo destinati, è di credere di essere per così dire ‘tutti di un pezzo’.”

Assagioli in questo testo, alla portata di chiunque, propone un metodo tanto semplice quanto impegnativo, formula quella che lui chiama tecnica della “psicosintesi”, un processo di attenta e delicata consapevolezza che passa da tre stadi di maturazione: conoscere/riconoscere se stessi, possedere se stessi e trasformare se stessi. Se già arriviamo a compiere con grazia il primo passo possiamo esultare. Ma andiamo per gradi.

Riconoscere se stessi significa ammettere che il caos abita dentro di noi, che nel nostro intimo brulicano moltitudini di conflitti, di personalità, di desideri, di “io”. Questo caos ce lo portiamo dentro nel sangue, nel nostro DNA; l’eredità caotica si annida in qualcosa di remoto che segue millenni di evoluzione umana e nella eredità familiare, più strettamente riferita ai nostri avi, ai genitori. Esistono inoltre alcune interferenze esterne ed interne, ecco perché il ritenersi sistema “tutto d’un pezzo” da parte dell’uomo è una cecità: noi siamo per definizione biologica dei sistemi aperti, capaci quindi di assorbire influssi esterni della società, influssi prenatali come il rifiuto del nascituro da parte della gestante. Prendiamo per esempio una madre che rifiuta il sesso del nascituro perché magari voleva un maschio invece che una femmina, la creatura che nasce potrebbe provare una innata sensazione di difficoltà ad ammettere e a manifestare nel mondo la propria femminilità, scegliendo magari un taglio di capelli corto e mascolino o lavori tipici maschili. Non siamo chiusi, ermeticamente sigillati.

L’essere umano contiene dentro di sé tanti “io” quanti sono i ruoli che si trova a svolgere, dall’io bambino all’io genitore, all’io coniugale. E quindi chi siamo? Ecco la prima fase: conosci o impara a riconoscere te stesso. Questa dispersione di territori di “io” non deve però terrorizzarci ed il compito è quello di unirli, unire i territori sotto un unico grande dominio. Questa unificazione è la psicosintesi, che non è un dono e non è una grazia, ma è una severa e faticosa conquista.

In tutto questo però sappiamo che esiste una parte cosciente, di cui siamo vigili, e una parte inconscia di cui spesso siamo ostaggi. Assagioli paragona la vita quotidiana a un iceberg dove quello che pensiamo di controllare è solo una piccola punta che emerge dalle profondità gelide dell’oceano del nord. Tutta la massa enorme di ghiaccio che sostiene quella piccola punta è l’inconscio e il subconscio, è lì che siamo governati ed è lì che possiamo operare per penetrare nel ghiaccio, scavare tunnel e igloo. Esistono ovviamente vari livelli e i metodi sono due: metodo passivo, dove dovremmo lasciar affiorare il materiale ghiacciato inconscio osservandolo – molto difficile da ottenere se non si conosce già se stessi – e il metodo attivo, che è quello tipico della meditazione e della orazione di quiete dei mistici cristiani, dove si effettua la ricerca del vuoto, dove si “sgombra il campo”.

Il grande errore di fondo comunque è sempre lo stesso: la presunzione di unicità dell’uomo. Ci crediamo unici, completi, unitari. Secondo Assagioli la psiche umana è incoerente e molteplice; esiste inoltre una grande differenza tra psiche e coscienza. Quello che l’uomo tende maldestramente di fare definendosi essere umano unitario è in realtà un piccolo tentativo di praticare la sintesi, ovvero la naturale tendenza dell’uomo di praticare l’unione, di adempiere a un principio universale, divino. La sintesi però non è altro che composizione, andando a valutare questo concetto dalle basi, ovvero nella chimica. La vera sintesi a livello psicologico risiede nella capacità dell’uomo di salvare gli opposti che si manifestano in lui, tenendoli in vita, grazie all’applicazione di una tensione creativa; gli opposti quindi non devono elidersi, ma mantenersi vivi dentro un contesto che li comprenda e che li superi in quanto molto più ampio, appunto sintetico nel suo essere superiore.

Un primo esercizio che potremmo fare è quello di osservarci nelle nostre passioni, cosa ci anima e cosa ci corrode: se questa passione ha un fine ultimo rivolto al bene oppure è ego riferita. Il dominio quindi della passione è il primo passo per la psicosintesi, dove siamo cavalieri autorevoli sul cavallo indomabile della passione e non ci facciamo trascinare dai capricci volitivi di un animale. Il secondo passo è quello di comprendere la funzione che abbiamo nella vita, quale scopo, quale talento portiamo nel corpo. Non conta il risultato ma come svolgiamo l’attività che abbiamo individuato essere espressione della nostra funzione di vita, se nel farlo siamo dentro a un flusso dove tempo e fatica sono ai margini del tavolo, animaletti incapaci di assaltarci. Senza dimenticarci il concetto di moltitudine ecco che Assagioli ci fa riflettere su un problema, il rapporto che il singolo ha con la propria società. Anche se l’individuo ha riconosciuto il proprio compito di vita, potrebbe ritrovarsi a dover estromettere quel particolare talento perché la società non ammette divisione, non ammette la compresenza di più espressioni di qualità.

“Egli era un buon poeta e un buon calzolaio. Ma la società non ammette questo. Forse perché è formata in maggioranza di gente mediocre, che riesce solo a fare a mala pena abbastanza bene una sola cosa e non ammette che altri sappiamo farne bene due, o più”.

Ed ecco che è pieno di artisti repressi, di avvocati che esplodono a quarant’anni perché volevano fare i pittori o i poeti e tentano goffamente di recuperare il tempo perso in formazione giuridica. La repressione dell’inconscio a favore della mediocrità richiesta dalla società per conformarci e inserirci nel gruppo produce mostri, “un borghese qualunque che non conta più nulla”. Questa tendenza alla separazione e alla distanza siderale da imporre si esplica anche nella psicosintesi della coppia: l’uomo e la donna devono – secondo la società cieca e mediocre – manifestare qualità solo maschili o solo femminili. Questo ovviamente produce tutto quel femminino distruttivo di cui vediamo oggi i terrificanti effetti e che Assagioli poteva solo immaginare, e questo maschile compresso e intriso di doverismo, di essere sempre eroe di guerre inesistenti. Ma l’uomo non è mai solo uomo, e la donna non è mai solo donna dal punto di vista psicologico. La psicosintesi quindi suggerisce di effettuare una integrazione e una sintesi tra le varie parti psicologiche, recuperare quindi la moltitudine dentro di noi, contenerla senza giudizio e senza esclusione.

Nel nostro percorso di vita svolgiamo e sviluppiamo diverse funzioni; la funzione madre o la funzione figlio, la funzione suocera ad esempio, e queste sono solo funzioni che non devono inglobare l’essere umano, ma manifestarsi con equilibrio comprendendo che la funzione privata che compiamo – come nella dimensione della coppia – può però essere compresa in un contesto più ampio come la società. L’uomo e la donna infatti hanno polarità opposte, e da qui la difficoltà spesso di comprensione tra i due sistemi comunicativi; queste polarità sono opposte ma allo stesso tempo degne di essere incrociate, il meraviglioso mistero della relazione. L’uomo e la donna sono entrambi esseri incompleti che necessitano del loro incrociarsi per manifestare e sviluppare quelle funzioni laterali lasciate rudimentali, ferme a prender polvere. Il confronto e la coppia sono un terreno necessario per proporre questo incrocio, questo incontro.

Roberto Assagioli (1888-1974)

Ma la sintesi è possibile solo quando riconosciamo dentro di noi un centro inviolato capace di riunire le molteplicità, questo secondo Assagioli è l’Io. Pensiamo infatti a quante volte durante la giornata diciamo “io”, “io sono felice o io sono stanco”. Infinite. Ma l’io dove sta? È qualcosa di immutabile, di fisso che non si modifica con il cambiare degli eventi e con le altalene emotive, esiste un Io stabile. Conoscere se stessi significa quindi scoprire il tuo Io più intimo, inviolato e inviolabile, pertanto unico. A questo punto possiamo possedere noi stessi, comprendere cosa accade, cosa proviamo demolendo tutte le vanità e le illusioni di onnipotenza. I preconcetti vengono finalmente lasciati a marcire fuori dall’uscio di casa, si impara a creare comprendendo, creare la propria verità significa anche trasformare, è un atto poetico e quindi un atto creativo. Nella trasformazione risiede un potente atto magico di volontà, una volontà assoluta che sentiamo nascere dalle viscere più oscure, dove  la luce pare un tenero ricordo. È la volontà di decidere chi vogliamo essere, cosa vogliamo fare ora che conosciamo e possediamo noi stessi.

Sempre applicando il concetto di sintesi possiamo far coesistere Eros e Logos, potenze archetipali greche, dove l’uno non può esistere in assoluto senza l’altro, pena la morte di ogni creatura su ogni faccia della terra. Assagioli ci porta dentro la coesistenza, dentro la sintesi di ogni apparente opposizione.

Dopo la trasformazione possiamo raggiungere il punto più elevato, ovvero la sublimazione psicologica; questa è formata da diverse fasi che possiamo riassumere in: elevazione, interiorizzazione, allargamento, espressione attiva. Un chiaro riferimento alle fasi alchemiche per gestire tutto ciò che è eccesso, sentimenti e passioni fuori controllo, fuori logos. Ed è quello che accade in misura maggiore con il sesso: l’istinto sessuale esce dal dominio dell’equilibrio e scardina tutta la nostra giornata, dettando regole e orari. Sublimarlo può essere una buona soluzione, specialmente se quella energia erotica viene convogliata in qualcosa di creativo. Prendiamo i grandi della storia come Nietzsche che scriverà Così parlò Zaratrusta solo perché rifiutato da Lou Andre Salomé.  Stessa cosa vale per l’aggressività del cuore: l’utilizzo dell’assertività deve essere contenuta sempre verso un bene proprio e collettivo, state quindi ben lontani dai bigotti e dai rigorosi, essi nascondono eccessi di male che nemmeno potete immaginare.

Roberto Assagioli scrive un libro che tutti possono leggere, un vero e proprio scrigno di esercizi da seguire per volgersi al cambiamento, al lavoro della psicosintesi. Questo percorso terapeutico è rivolto a tutti, anche e soprattutto a coloro che pensano di stare bene. La psicosintesi è un approccio di vita, non un metodo psicologico, che ci permette di sviluppare quelle qualità e quei talenti sopiti e repressi, far uscire dalla cantina tesori che non credevamo di possedere, semplicemente osservando che nell’oscurità del piano interrato esiste un mobile con tanti cassetti da aprire e con cura da portare alla luce.

Clery Celeste

Gruppo MAGOG