29 Marzo 2021

“Lontano lontano, c’è un pozzo, nel pozzo nuota un’anatra, dentro l’anatra c’è un uovo, e dentro l’uovo c’è il mio cuore” la spietata lucidità delle fiabe norvegesi

Fiabe norvegesi è una raccolta a cura di Bruno Berni e pubblicata per Iperborea,  nel 2019. Le fiabe non sono soltanto materiale di fantasia da accumulare per far dormire i nostri bambini la sera, le fiabe devono essere rilette anche da adulti per farci riappropriare della fiducia e del senso di comunità. Per quanto ogni popolo abbia le sue preferite ci sono comunque elementi di innegabile comunione tra le varie culture, i desideri e le passioni dell’uomo sono infatti universali. Siamo tutti nello stesso immenso deserto freddo a cercare le stesse identiche cose. 

Le fiabe norvegesi non hanno alcuna pietà. Sono implacabili contro chi mente e usa l’inganno per raggiungere le proprie oscure passioni. Le fiabe norvegesi insegnano a non perdonare, a stritolare il cuore del gigante senza esitazione e a non guardarsi indietro. A ognuno spetta quel che si merita, purché tutto sia equilibrato. La dea greca Necessità si insinua, sotto mentite spoglie animali, in queste narrazioni nordiche e allora ritroviamo casa anche nelle montagne rocciose del nord. In queste fiabe troviamo tutti gli archetipi necessari alla sopravvivenza, dobbiamo confrontarci con diverse forme del dolore e della privazione, sconfitte con l’umiltà e la capacità di chiedere aiuto. La richiesta di aiuto è una delle più importanti caratteristiche del nostro eroe: riesce nella ricerca della felicità chi è capace di abbassarsi a chiedere aiuto, chi smette i panni del principe e veste stracci o legno per coprirsi. 

Prendiamo la prima fiaba della raccolta: Il gigante che aveva nascosto il suo cuore. Abbiamo un re – padre che ha sette figli, ossessionato dal suo amore per loro, completamente fagocitante. Un padre – Saturno che divora i suoi figli, ma di amore, il classico archetipo del genitore piovra, il quale toglie la possibilità ai figli di poter fare le loro esperienze in autonomia. Il padre abita un eccesso di amore e viene punito. Poiché i figli ormai sono diventati grandi, devono partire per cercar moglie ma il padre manda solo sei di loro, il più piccolo dovrà stare al suo fianco perché non riesce a resistere nella solitudine. Così i fratelli partono e trovano un castello abitato da un re che aveva sei bellissime figlie. Estasiati e completamente egoisti si dimenticano di aver promesso di trovar moglie anche al fratello più piccolo, Ceneraccio, che era dovuto rimanere al posto loro a casa col padre. 

Nel viaggio di ritorno la punizione non tarda ad arrivare: passando vicino a una parete rocciosa si trovano davanti alla casa di un gigante, il quale vedendoli li trasforma tutti, principi e principesse, in pietre. Ovviamente al castello il mancato ritorno dei principi fa quasi desiderare la morte al padre, che senza i suoi figli ha perso ogni scopo di vivere. Ceneraccio insiste e riesce a ottenere la libertà del suo destino. Il nostro eroe parte con poche provviste e con un misero e vecchio ronzino. Nel tragitto la sua capacità di provare pietà (quel sentimento a noi quasi sconosciuto) verso creature animali, nemmeno umane, sarà il primo passo verso la restituzione del bene. Un corvo, un salmone e un lupo gli chiedono aiuto e lui – consapevole delle proprie poche risorse – comunque accetta di aiutare quelle creature a lui apparentemente inferiori. La capacità di aiutare è un atto gratuito, la ricompensa verrà data nel corso della vita, nei casi della vera necessità e sempre a chi a sua volta sarà capace di chiedere soccorso. 

Il lupo accompagna Ceneraccio alla casa del gigante. Lui, terrorizzato dall’esser trasformato in pietra come i fratelli non vorrebbe entrare. Ma il lupo lo induce a superare la prova peggiore: la fiducia. Ceneraccio si dovrà fidare delle indicazioni di una principessa nascosta nella casa del gigante. La fanciulla infatti lo fa nascondere sotto al letto quando arriva il gigante e gli dice di stare immobile e ascoltare i discorsi che farà con lui. Infatti nessuno può uccidere il gigante perché lui non ha il cuore nel petto. All’eroe in prima battuta viene chiesto di non fare niente, di attendere, di aspettare e di ascoltare. L’attesa è la prova che deve superare l’impeto della gioventù, il più piccolo deve sapersi trattenere e fidare. 

Questa creatura è mostruosa perché non sente niente, si è tolto il cuore, la gabbia del torace non era abbastanza sicura per lui, lo ha nascosto in un luogo profondo e inaccessibile: “lontano lontano, in mezzo a un lago, c’è un’isola e sull’isola c’è una chiesa, e nella chiesa c’è un pozzo, nel pozzo nuota un’anatra, dentro l’anatra c’è un uovo, e dentro l’uovo c’è il mio cuore.” Credo che molti abbiano sperato in qualche difficile momento della vita di trovare un luogo del genere per nascondere il proprio cuore, alcuni forse lo hanno fatto. 

La fiaba norvegese ci invita a resistere a questo desiderio naturale di protezione. Ceneraccio con l’aiuto delle tre creature che ha salvato (il lupo, il corvo e il salmone) riesce a recuperare il cuore del mostro. “Il lupo disse a Ceneraccio di stringerlo forte e, nello stesso istante in cui lui strinse, il gigante si mise a gridare. ‘Dagli un’altra strizzata’, ordinò il lupo. Ceneraccio obbedì e il gigante si mise a strillare ancora peggio, e lo pregava tutto gentile e cortese: avrebbe fatto tutto ciò che il principe voleva, promise, purché non gli facesse a pezzi il cuore”. Allora Ceneraccio chiede al gigante di liberare i suoi fratelli con le rispettive principesse e quello esegue il desiderio. E ci aspetteremmo qui la fine della fiaba. Ma la giustizia è senza pietà, chiede restituzione di tutto ciò che uno ha tolto, chiede di pagare col dolore il dolore. Le fiabe norvegesi sono implacabili e feroci. 

“‘E adesso stritola l’uovo’, disse il lupo. Ceneraccio strizzò l’uovo fino a farlo a pezzi, e il gigante scoppiò.” L’eccesso si paga con la vita. Le fiabe norvegesi sono un’ottima lettura per riscoprire la possibilità che esista una giustizia insensibile al perdono, che restituisca quel che le è stato preso. La necessità come spinta alla vita deve essere l’unico segno da seguire, dobbiamo migliorarci perché è necessario. Queste fiabe ci ricordano che possiamo aiutare senza aspettarci niente e che chiedere aiuto è un diritto fondamentale di chiunque. Rileggete questi splendidi racconti popolari come esercizio per la fiducia, in ogni fiaba – come nella vita reale – troverete che la peggior prova da superare è proprio quella della fiducia, affidarsi chiede di saltare nel vuoto e aspettare lo schianto o le piume. 

Clery Celeste 

Gruppo MAGOG