05 Novembre 2019

“Nei miei versi è la mia resurrezione”: se volete essere inondati di luce, leggete l’epistolario tra Christian Tito e Luigi di Ruscio

Quando incontro un poeta che mi colpisce c’è una cosa che non riesco a fare, mi blocco, non riesco ad avvicinarmi. Resto anche anni nell’ombra, lo seguo, leggo quel che scrive, ma ci metto parecchio tempo ad avvicinarmi all’uomo che veicola il poeta. A volte troppo tempo, come con Christian Tito. Lo incontro a maggio 2015, grazie al lavoro instancabile che fa Bologna In Lettere. Non incontro un uomo, ma una luce. Lo sguardo di Christian aveva qualcosa di luminoso, di una purezza che la vita non ha sporcato, il torace aveva il cuore esposto. Vivere così, in questa apertura agli altri è rarissimo. Appunto Christian era una luce, le sue poesie uno slancio di speranza.

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Colpevole quindi di aver atteso troppo apro questo meraviglioso scambio epistolare pubblicato dal caro Gianfranco Fabbri de L’arcolaio nel 2014: Lettere dal mondo offeso. Se volete sperare che sia possibile trovare uomo e poeta sullo stesso asse, se volete credere che possa esistere una comunicazione vera senza interessi di comodo, per favore leggere queste lettere. Questo epistolario organizzato per zone tematiche è un incastro continuo di parole luminose, farete fatica a non segnarvi passaggi intensi a quasi ogni pagina. Nei primi scambi riportati, cronologicamente gli ultimi per Di Ruscio, poco prima della morte nel 2011, lui scrive in una lettera “Nei miei versi è la mia resurrezione”. Il poeta alla fine tenta sempre di far sopravvivere alla sua morte le parole, crede in un suono che non si esaurisce, in una parola che possa resistere passando ad altri. Parole come figli potenzialmente senza scadenza, senza un tempo biologico da esaurire.

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In questo scambio troverete prima di tutto due uomini che si incontrano nel terreno bianco e lucido del foglio, della possibilità della parola scritta. Due uomini con età e vissuti molto diversi. Scrivono di poesia e di vita, di come queste due siano incollate, necessarie l’una all’altra. Christian scrive “Le cose belle è giusto donarle e spargerle nel mondo, altrimenti esso resta offeso”, e Christian Tito ci dona appunto queste lettere, apre un varco nella loro vita.

La parte davvero splendida di questo libro è il fatto che Christian Tito abbia cercato di riunire le lettere per temi trattati in modo da dare unità ma anche continuità allo scambio. Questo rende la lettura necessaria, non si riesce a interrompere, c’è fame continua di lettura e rilettura. Ad ogni inizio di capitolo, ma anche in alcune lettere, sono presenti le poesie e gli scritti di Luigi Di Ruscio: questo permette al lettore non solo di entrare in un rapporto privato ma anche nella parola più sacra, più pesata, più sofferta. Così insieme scoprite l’uomo e il poeta. Il criterio fondamentale in queste lettere è la verità, ammettersi gli sbagli, le fessure di buio, non avere paura di confessare a un amico, mai conosciuto di persona, i propri tormenti, le proprie umane debolezze.

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In queste lettere si può davvero comprendere come chi scrive viva il tormento della lettura dei propri cari; Luigi Di Ruscio, nato nel 1930 a Fermo emigra nel 1957 a Oslo, si sposerà con Mary, una donna norvegese che non imparerà mai l’italiano. Questa frattura di comunicazione tra marito e moglie rende lo scrittore un uomo libero di dire il vero, di scrivere la vita, senza sentire l’angoscia del giudizio. Luigi scrive quanto sia importante in un matrimonio mantenere una zona franca, sacra e isolata per ognuno dei due. Per la scrittura quindi è necessario abitare un deserto, subire anche il dolore di una parola che non può essere comunicata, che non può essere compresa. Il poeta parla una lingua marziana per i suoi cari, in questa solitudine però si rende libero, libero di donare la parola e donarla agli sconosciuti come me che incontrano i suoi versi. Addirittura Di Ruscio nasconde per parecchio tempo alla moglie la sua scrittura e a Christian chiede “È possibile una specie di censura famigliare? Cose che uno non scrive per non far fare brutta figura con i vicini? Una censura magari non completamente cosciente, difficilmente un italiano sposato in Italia con una italiana avrebbe potuto scrivere e pubblicare le mitologie della propria moglie”.

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Leggete questo libro se avete bisogno di parole che vi curino, che vi inondino di luce. Di Ruscio scrive “Ho poche cose da raccomandarvi, l’amore per gli uomini innanzitutto”, cos’altro quindi possiamo fare se non prendere queste lettere, leggerle come si legge una preghiera. Leggerle perché qualcuno che ora abita altri mondi ci ha lasciato scritto “Questa notte vi ho rivisti tutti/ splendidamente vivi” (Luigi Di Ruscio) e “Allora nella notte non perderti d’animo,/ nel chiarore resta sempre vigile./ C’è un fuoco da portare,/ da passarci di mano,/ da restituire alla terra.” (Christian Tito).

Tenete le poesie di Luigi Di Ruscio e di Christian Tito arrotolate sotto il cuscino la notte, appendetele sul frigo, fatele restare ancora qui queste parole, fatele conoscere.

Clery Celeste

*In copertina: Luigi Di Ruscio (1930-2011)

 

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