Parigi, 18 gennaio 1911
Cara Anna,
da quando mi sei venuta incontro a Parigi, trasportata dal vento del destino, la mia vita a l’Impasse Falguière ha mutato prospettiva e desideri. Nonostante la fugacità del tempo, i nostri sguardi intensi e complici ricordano quadri superbi tutti ancora da scoprire. Tu sei la passione di uno schizzo sul taccuino, l’esaltazione dei colori, la predilezione di un bacio con cui tradire per amore. La donna che amava i poeti ha incontrato il mio sguardo severo, povero, e ne ha fatto radice di canto. O, sapessi quanto mi ha reso felice vederti, parlarti, ascoltarti! Hai reso ricco il mio spirito; d’ora in avanti il mio tocco diventerà immortale.
Tu, giovane poetessa in terra straniera, estranea di Francia, ragazza di cristallo. Non sapevi ancora cos’era la passione, eppure in noi l’hai incarnata: viscerale, immensa, vivida.
Eccomi dunque a scriverti e scriverti ancora. Perché la nostalgia mi richiama il tuo viso. Poetessa che hai cercato il mio cercare. Mangio poco e, come il cielo mattutino di pioggia riempito, il mio sguardo s’incupisce. Ma il cuore ti ricorda. Forse per questo mi vergogno a dirti che scrivo anch’io versi e non te ne farò dono. Per le strade di Parigi siamo stati l’apice dell’inizio, l’indizio dell’arte a cercare il respiro del fuoco. Quanto luminosi eravamo? Lo rammenti!, mia cara Anna. Frammenti d’assoluto a sfidare la polvere.
Qualcuno ha voluto intersecare i nostri sogni. Non scordarlo. Io, che sono l’ombra di me stesso, sono stato accecato dal sorriso di una donna dell’Est, folgore che forgia e brilla il cristallo. Mi dicevi che ero diverso da tutti: torna, ti prego, a ridirmelo ancora una volta. Io misconosciuto, io povero, sans argent. Come farei senza la ricchezza del tuo sguardo. Seduti al Jardin du Luxembourg le panchine parevano troni. Hai osato sfidare la mia solitudine per farne un giorno leggenda. Tu che queste cose le sai da sempre, talmente incosciente da venirmi a cercare per fuggire insieme nelle illusioni del Quartiere Latino. Come fai ad amare un pittore così cupo, un uomo talmente solo che non è nemmeno in grado di farti ridere. Eppure, tu quel pittore l’hai cercato.
A noi interessava fin da subito l’infinito. Gli altri mondi erano il nostro rifugio. Che c’importa di questa terra, della Russia o di Parigi, delle città che ci costringono ma non ci comprendono. Ma ti rammenti, poi, quelle notti d’argento nelle quali la luna era l’unica fugace testimone dei nostri baci; quando ci perdemmo per caso o per mia colpa, con l’ombrello nero in mano sotto l’eterna pioggia nel Giardino. Bella era degli amanti l’estate, e la tua voce accanto alla mia all’unisono echeggiava cantando:
Les sanglots long
Des violons
De l’automne
Blessent mon coeur
D’une langueur
Monotone.
Anna, non abbandonarmi mai. Ricordami errabondo notturno per i viali di Parigi, mentre mi attardavo sotto le finestre dov’eri, insieme alla mia ombra.
Tuo per sempre,
Amedeo
*La lettera apocrifa di Amedeo Modigliani ad Anna Achmatova è scritta da Giorgio Anelli ed è parte di un suo prossimo progetto romanzesco