30 Aprile 2020

“Decenni di esercizio a gravitare intorno all’ombelico avevano reso flaccido ogni pensiero”. Una favola nera di Danilo Breschi: “Sulla soglia dei 160”

Favoletta, favoletta nera
dilla al bimbo che altrimenti si dispera!

Nella calza prosperavano da secoli villaggi accatastati gli uni sugli altri, così floridi e pingui che ogni tanto si sgomitavano, stizziti e, qua e là, ora smagliavano ora strappavano l’involucro che via via più caloroso e munifico s’era fatto affinché i villaggi più smunti e queruli avessero anch’essi di che riscaldarsi e rimpinzarsi.

Nella calza rattoppata l’antico carbonaro trangugiò l’ultimo boccone amaro con un sorso del suo amato bicarbonato. Nel villaggio dell’umana vacanza, più della vecchiezza a farsi decrepita fu la fibra morale. Decenni di esercizio a gravitare intorno all’ombelico avevano reso flaccido ogni pensiero che non fosse vanitoso. Muscolo d’addobbo in posa elemosiniera. Un numero vieppiù crescente di abitanti del villaggio mutò in villeggiante non solo il proprio sembiante, ma anche motore e pistoni, con profluvio di ruote di scorta. In troppi in poco tempo si fecero ingombranti e la calza cominciò a sentirne il grave e tristo peso, sterile fardello che dondolava fremente ogni giorno un po’ di più come pendolo fuori asse.

La realtà era già circoscritta a sufficienza da un ammonticchio di balocchi luccicanti e inebrianti, troppo allettanti un essere villeggiante e ripiegato a quattro zampe perché questi non finisse per cingersi anche la fronte con due lunghe orecchie e pelose. Ad uno ad uno gli urbani quadrupedi ingrossarono file indiane così rumorose che trasmisero a lungo la sensazione di stipulare legami da cui poter prendere a debito e dare in prestito fortemente interessato. Ma il tempo sottovalutato ed irriso gioca sempre brutti scherzi inattesi e se non sciogli i falsi nodi e subentri con veri intrecci finisce che al ruzzolare del primo della fila il domino diventi l’unico balocco. Eppure la stessa cosa che rovina lascia ogni caduta inavvertita. Essendo finti i lacci, muta restava ogni separazione ad orecchie assordate dal baccano a lungo coltivato. E così mansueto e mesto s’era fatto il gregge, non c’è che dire. Il recinto un po’ ne uccise e molti incantò, estasiati o storditi. Il belato era il canto del villaggio. Tanto più forte l’ugola, tanto più debole il cuore. Affaticato da inerzia, da ignavia prolungata.

Poi, tutto d’un tratto, ecco lo scherzo che sempre vale a carnevale. La mano che teneva la calza pensò bene di guardare che ore fossero. Così lasciò di schianto il logoro indumento pedestre e un fragoroso schianto fu ciò che rimase di quella confusa e litigiosa catasta di villaggi. Fortuna volle che alcune toppe nei molti decenni cucite fossero meno forti, cosicché, prima del micidiale impatto terrestre, alcuni villaggi fuoriuscissero per tempo, cogliendo l’attimo salvagente. Non sempre sopravvissero i migliori, ma i più forti e tenaci, quelli sì, senz’altro. Anche gli avidi e gli adusi a traffici oscuri, polverosi e venerei. Un vecchio ritornello riecheggiò nell’improvviso silenzio dopo la Caduta.

Fu così che il caso, o chissà, volle che viltà e fiacchezza, di tempra e di mente, fossero erette a virtù di convivenza per alcuni decenni in quel dato posto, come in sospensione o meglio in lenta agonia da clessidra a mezz’asta. Se fu per età o eccesso di velocità, non sappiamo. Certo è che l’accumulo fu tale da colmare la misura e in quella data epoca a quella data ora, a ridosso del dì natale, tutto si spense come tutti, ad uno ad uno, sfumarono, finché fu buio totale dopo gli ultimi flebili lampi. Erano l’estremo lampeggiante saluto, in rapida sequenza, di due resistenti alimentatori di aggiornatissima protesi comunicativa.

Good night!

Favoletta, favoletta nera
dillo al bimbo che a sera la storia s’invera!

Danilo Breschi

*In copertina: Hieronymus Bosch, “Estrazione della pietra della follia”, 1494

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