Aveva fatto di tutto – nata ad Hampstead, figlia di un sarto ebreo-ungherese trasferitosi a Londra, sufficientemente ricca, molto bella, Mina Gertrude Löwy, passata alla storia come Mina Loy, è stata la mina vagante delle avanguardie primo-novecentesche. Studi in Germania, vita a Parigi, tenace, di violenta sensualità, ‘maschia’, Mina Loy entra nel club di Gertrude Stein, si trasferisce a Firenze, sconvolge le Giubbe Rosse e il consorzio futurista di Papini & Marinetti, scrive, nel 1914, un bombarolo Feminist Manifesto. Tra New York e l’Europa magnetizza attenzioni e attrazioni artistiche: le ruotano intorno Man Ray e Marcel Duchamp, Ezra Pound – che fa di Mina Loy l’emblema della logopoeia, “la danza dell’intelletto tra le parole” – e Tristan Tzara, William Carlos Williams e Marianne Moore.
Scelse di perdersi, Mina Loy, andando dietro ad Arthur Cravan, il “poeta-boxeur”, travolgente per bellezza e stravaganza, sedicente nipote di Oscar Wilde. Fu un amore lucente e violento, il loro, che culmina, nel 1918, con le nozze, a Città del Messico. Aveva divorziato da Stephen Haweis, Mina Loy; aveva messo al mondo tre figli: Oda Janet, Joella, John Stephen Giles. Compiva 36 anni, Cravan era più giovane di cinque, si scoprì incinta. Trovò ricovero a Buenos Aires, con l’intento di attendere il marito, perduto nelle giungle di qualche avventatezza, forse a contrabbandare versi in Amazzonia. Non si videro mai più: Arthur Cravan, il poeta che aveva boxato contro Jack Johnson, micidiale campione del mondo dei pesi massimi, scomparve nel nulla, come una chimera, morto chissà dove, chissà quando.
La figlia di Arthur Cravan e di Mina Loy, Fabienne Cravan Lloyd, nacque il 5 aprile del 1919, a Londra. Nello stesso anno Mina Loy scrive un pamphlet deliziosamente eccentrico, Auto-Facial-Construction. La tesi è semplice, lombrosiana, netta: il volto è l’emblema del nostro stile, della nostra autentica personalità. Il volto è la scaturigine dell’anima, l’ago evidente dello spirito: è la cartografia esatta di chi siamo e cosa pensiamo. Il volto rispecchia, pure, le storture della cultura, le aporie del tempo, le frustrazioni. Spesso i volti più che sigillare un portamento, evidenziano la sottomissione alle norme del mondo: così, il candore è maciullato dalla maschera, l’identità è celata dal velo delle taciute, ipocrite autocensure. Il testo – singolare, scarno, ipotetico – propone un ‘metodo’ – segreto – per ricongiungerci all’assetto originario del volto; insomma, Mina Loy spaccia – con esaltata certezza – una specie di immortalità. Se diamo un senso alle date, va detto che nel 1919 Gurdjieff incontra Alexandre Salzmann in Georgia; due anni dopo approda in Europa. D’altronde, la Società Teosofica esisteva, a New York, dal 1875. Mine esoteriche. Nel viso, intendeva Mina Loy, è esplicito l’estro di un artista – Pound concorderebbe, citando antichi maestri cinesi. La placca di Auto-Facial-Construction, legata a mano, custodita alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library della Yale University, è griffata “Florence, 1919. Printed by the Tipografia Giuntina, directed by L. Franceschini”.
Mina Loy continuerà a scrivere e a pubblicare, disordinatamente – Lunar Baedeker è il suo libro di fatto unico e sommo –, e a vivere, soprattutto. Terminato il furore avanguardista, nel 1936, a Manhattan, si scopre artista: assembla oggetti ritrovati, dipinge poesie; dieci anni dopo è naturalizzata americana. Farà mostre, senza mostrarsi in pubblico; muore ad Aspen, in Colorado, nel 1966, dove abitava Joella, una delle figlie, che aveva sposato Herbert Bayer, artista e architetto austriaco, discepolo del Bauhaus. La figlia avuta da Cravan, Fabienne, pare corrispondere al testo ideologico-morfologico composto dalla madre. Nelle fotografie scattate da Carl Van Vechten nel dicembre del 1937, è di una bellezza aurorale, perennemente giovane, crudele, da Artemide.
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Auto-Facial-Construction
Il volto è il simbolo più potente della nostra personalità.
L’adolescente ha i contorni del viso in armonia con la condizione della sua anima. Giorno dopo giorno interessi e attività della vita moderna prolungano la giovinezza della nostra anima; giorno dopo giorno diventiamo consapevoli della necessità che i nostri volti esprimano quella giovinezza, per voluttà di logica psichica. Diversi sistemi della cultura della bellezza hanno compromesso il nostro intrinseco diritto a essere noi stessi più che ad assomigliare a noi stessi, producendo un contorno del viso, nell’età di mezzo, che fa il suo dovere, è ben conservato. Questa conservazione di muscoli parzialmente contorti, nel migliore dei casi, non è che una stortura della giovinezza, una sua aggraziata parodia. Quel sottile elemento ridicolo insito nella trasformazione di un viso da parte del tempo, è il segnale di uno scoraggiamento nell’evoluzione della personalità. Che senso ha la nostra esperienza di vita se è privata di una rivelazione estetica, se non si adatta adeguatamente al nostro viso? Un muscolo distorto tradisce una disarmonia nell’espressione di sé, perché non importa se si è uomini o donne eleganti, ben pettinati, dalla carnagione squisitamente curata, né quanto sia bella l’espressione degli occhi, se la forma originaria del volto – simbolo intrinseco della propria personalità – è cancellata, ha perso il potere di comunicare l’autentica persona, e ogni espressione del sentire è velata dalla patina spuria del pathos. Anni di interesse specifico verso la fisionomia, come artista, mi hanno portato a una completa comprensione del volto umano, che mi ha permesso di rintracciarne il principio dell’integrità, della conservazione, e, se necessario, della ricostruzione.
Istruirò uomini o donne che abbiano l’intelligenza e la pazienza di diventare padroni del proprio destino facciale. Intendo il cranio, con la sua guaina muscolare, come una sfera la cui superficie può essere energizzata con la forza di volontà. Le basi della bellezza sono racchiuse nelle tre zone di energia interconnesse che circondano questa sfera: i centri di controllo alla base del cranio e il punto superiore, sulla cima del cranio. Il controllo, attraverso l’identità della nostra volontà cosciente, con questi centri e queste zone, può essere raggiunto tramite il mio metodo, che non include alcuna forma di igiene cutanea (la cura della pelle va lasciata agli specialisti), se non come stimolo alla circolazione, primaria alla conservazione dei tessuti. Tramite l’Auto-Costruzione-Facciale del viso vengono rivitalizzati i nodi muscolari, la griglia ossea, le gengive, per preservare i contorni originari del volto in modo permanente, senza subire le angherie del tempo. Una struttura che la cultura del volto esalta in bellezza più che mascherare o contraffare.
Questo vuol dire la rinascita della donna di società, dell’attore, dell’attrice, dell’uomo in carriera, di chiunque desideri. L’iniziazione a questa scienza anatomica esoterica è costosa, ma economica nei risultati, dacché mette a disposizione degli individui un principio permanente per la conservazione indipendente della propria bellezza che, una volta padroneggiata, è una risorsa perpetua e naturale.
Mina Loy