08 Maggio 2023

“Non sono mai stato felice altro che negli inganni”. La poesia di Luca Canali

Scopro la poesia di Luca Canali non proprio per caso. Forse sarebbe meglio dire, per destino. Già il mio cuore ‒ Abigail, dolce musa, eterno incanto… ‒ s’era fatto trovare stupito all’incontro un sabato di chissà quale inverno al Balôn, scorgendo due sue raccolte, La deriva e Il naufragio. Ora è toccato a me. Sempre al Balôn di Torino (luogo magico e terapeutico), acquisto per pochi euro il libro Il naufragio, e ne rimango subito sconvolto, rapito.

Canali è il cantore del nubifragio psicologico, psicoterapeuta di se stesso. Poeta e uomo che mi avrebbe fatto gola conoscere e incontrare. E quindi ‒ nell’istante che sempre tutto comprende e irretisce ‒ mi soffermo sulla sua poesia Vita, poiché parla dell’inganno, e ne tesse fors’anche inconsciamente le lodi. Poiché noi di questo inganno ne abbiamo più bisogno di un bacio; noi, eterni avventurieri della vita, lo soffriamo eppur lo cerchiamo: ebbro disincanto dal quale non si potrà forse mai fuggire.

Vita

Non sono mai stato
felice altro che negli inganni.
Sono cresciuto in case desolate
con i cessi pensili su cortili, i dirimpettai
sconosciuti o vocianti, le lacere
bandiere dei panni stesi a un sole opaco
o ardente, la porta che si apriva con una spallata.
Ma questo non importa. Rifiorii
nella secca fanghiglia all’irradiare
di una fede scarlatta, di un amore
su prati declivi con chitarra a tracolla e compagni
di strada che il tempo ha disperso, mutato, inserito
in mille rivi d’inconoscibile
concretezza o astrazione. Erano inganni
le mie giovani fedi, la realtà
è questa in cui m’imbatto con la mia lucida
follia, tremando ai pochi gradi
di febbre della figlia, alle partenze
che mi lasciano solo, alla canicola,
ai compromessi necessari, agli adulti
sacrifici, alla prosa, agli inganni,
ancora inganni ma che nutra un fine,
una prassi spietata da cui non si fugge.

È un mondo oramai sconosciuto, del passato, quello che il poeta vive e descrive. Ciò nonostante, maledettamente vero. È un mondo poetico, povero e concreto. Tuttavia, là, in fondo, negli abissi della depressione, Canali non smarrisce mai la precisione tagliente e acre dell’intelligenza; così che egli può parlare del proprio male con una paradossale allegria, con un disperato falsetto, che gli rendono più vicini gli ultimi fratelli che immagina di possedere.

Del resto, non ci possono essere dubbi: son gli “adulti sacrificiˮ che, seppur per qualche scopo, ci avvincono agl’inganni.

Giorgio Anelli

Gruppo MAGOG