Il grande successo che ebbe Edgar Allan Poe in Europa, nel periodo successivo alla sua morte, è da imputarsi principalmente a Charles Baudelaire. Quest’ultimo viene a conoscenza dell’opera dell’americano nel 1847, dopo aver letto sul giornale «Démocratie pacifique» la traduzione di The black cat di Isabelle Meunier, scrittrice di origini britanniche. Da questo momento, Baudelaire comincia a studiare l’opera di Poe con crescente interesse.
Vedendo l’indifferenza dei suoi contemporanei, decide di cimentarsi lui stesso nella traduzione delle opere, nonostante un livello non certamente eccelso di conoscenza dell’inglese. Le difficoltà linguistiche, però, non fanno perdere d’animo il poeta francese, che nel 1848 riesce a pubblicare una sua traduzione di Mesmeric Revelations sulla rivista «Liberté de penser». Nella sua introduzione al racconto, Baudelaire stesso conferma le sue difficoltà nel tradurre il testo, dovute soprattutto allo stile oscuro e difficile del suo autore. Sempre in questa introduzione, Baudelaire loda lo stupore che i testi di Poe ispirano a chi li legge, nonché la solida filosofia che li regge. Colpisce, però, che manchi ogni tipo di riferimento biografico all’autore; probabilmente, Baudelaire non era ancora in possesso di queste informazioni. Questo non è dovuto solo al fatto che Poe, nel momento di questa pubblicazione, era ancora vivo: è risaputo, infatti, che lo scrittore americano amava mettere in giro voci false, spandere dicerie, inventare leggende sui suoi trascorsi biografici. Reperire informazioni non contrastanti sulla vita di Poe era una vera e propria impresa, resa ancora più ostica dallo stare dall’altra parte dell’oceano.
Quando, però, nel 1849 il poeta francese viene raggiunto dalla notizia della dipartita di Poe, la commozione, mista a una volontà di render giustizia a uno dei più grandi autori del suo tempo, lo convinsero a rompere ogni indugio. A seguito di tre anni di lavoro, pubblica Edgar Allan Poe, sa vie et ses ouvrages, prima versione della biografia dello scrittore, tra marzo e aprile del 1852, sulla «Revue de Paris». A questa, segue nel 1856 la definitiva Edgar Poe, sa vie et ses œuvres. Di questa nuova biografia viene prima pubblicato un frammento su «Le Pays» il 25 febbraio; compare nella sua interezza nel primo volume di traduzioni di Poe, ovvero Histoires extraordinaires pubblicato nello stesso anno. A questo volume seguono Nouvelles histoires extraordinaires nel 1857, Aventures d’Arthur Gordon Pym nel 1858, Euréka nel 1864, Histoires grotesques et sérieuses nel 1865. Baudelaire impara ed affina il suo inglese proprio sui testi di Poe, affermandosi come suo principale traduttore in Francia e in Europa. Anche la produzione critica non si ferma: nelle Nouvelles histoires extraordinaires sono infatti contenute le Notes nouvelles sur Edgar Poe. Questi lavori godono di un grande successo di pubblico, tanto che lo stesso Baudelaire acquisisce notorietà come traduttore di Edgar Poe. La notorietà del primo, dunque, si lega in tutta Europa con la notorietà del secondo. In Francia, poi, Poe diventa il mito di tutta una generazione di scrittori e poeti – gli stessi, d’altronde, che vedranno anche in Baudelaire un maestro (con suo sommo orrore). Ancora oggi, Oltralpe, il nome dei due autori è fortemente legato, basti pensare che l’edizione Pléiade delle opere di Poe ancora oggi è presentata nelle traduzioni di Baudelaire.
Una domanda, però, si fa lecita: l’Edgar Allan Poe propostoci da Baudelaire è proprio il vero Edgar Allan Poe? Senza dover citare l’ormai logoro detto “traduttore traditore”, è però un fatto incontestabile che il traduttore, nel suo lavoro, non faccia altro che proporre una sua versione del “tradotto”, anche nell’intento di essere il più fedele possibile. Ora, Baudelaire è un traduttore assai scomodo, poiché provvisto di un “io” estremamente ingombrante.
In una lettera inviata all’amico Théophile Thoré del 20 giugno 1864, Baudelaire motiva così questa spiccata devozione nei confronti di Poe: «Savez-vous pourquoi j’ai si patiemment traduit Edgar Poe ? Parce qu’il me ressemblait». Baudelaire, dunque, avverte una certa somiglianza, tra lui e lo statunitense, quasi come se quest’ultimo fosse una sorta di suo “doppio” d’oltreoceano. E così, in effetti, lo ha trattato in tutta la sua opera saggistica e di traduzione: come un altro sé stesso. In pratica, il francese “baudelairizza” Poe, rendendolo molto più simile a lui di quanto in effetti lo fosse. Molti studiosi di Poe, infatti, parlano dell’esistenza di un Poe “americano” e di un Poe “francese” – quest’ultimo scherzosamente soprannominato “Edgarpò”.
Questo, però, non deve indurre a pensare a una operazione fatta a tavolino. Baudelaire era effettivamente convinto che “Edgarpò” fosse il suo gemello d’oltreoceano. In secondo luogo, non si deve nemmeno demonizzare l’opera del francese in nome della verità storiografica – come molti puristi vorrebbero invece che si facesse. Ogni processo di restituzione alle masse del “vero” Poe non può certo cambiare il fatto che il fior fiore degli scrittori e dei poeti europei hanno avuto a che fare con Edgarpò, e non con lo statunitense. T.S. Eliot, addirittura, affermò che il Poe restituitoci da Baudelaire fosse pure meglio dell’originale. È bene, dunque, cercare di individuare le peculiarità del Poe francese.
Anzitutto, per quanto riguarda l’opera, Baudelaire mostra una spiccata predilezione nei confronti della produzione orrorifica e psicologica, mentre pone in secondo piano quella poliziesca e avventurosa. Questo, ovviamente, incide anche sulla interpretazione globale, che vede in Poe un cantore del lato oscuro dell’umanità, un indagatore dei più oscuri meandri della mente. Il lato più razionale e illuministico di Poe, che pure è un aspetto essenziale della sua poetica, viene completamente tralasciato. Pochissime tracce se ne possono rinvenire solo all’interno delle teorie poetiche. Le teorie puriste di Poe, però, vengono da Baudelaire intese in un senso più consono ai suoi gusti letterari, dunque più su un piano estetico, che contenutistico. Possiamo riconoscere in queste interpretazioni di Baudelaire alcuni dei luoghi comuni tutt’oggi pendenti sull’opera dello statunitense, molto più poliedrica di quanto si possa pensare.
Ma la vera chiave del successo del Poe di Baudelaire, probabilmente, sta nella sua ricostruzione biografica. È nella narrazione della sua vita, nell’ingenua convinzione che tutti gli aneddoti lì narrati fossero tutti veritieri, che sta la costruzione del mito di Poe. Da qui, l’immagine del bohemién, affermatasi in Francia più o meno dagli anni Trenta dell’Ottocento, si consolida nell’immaginario collettivo, accentuandone il carattere ramingo e radicalmente antiborghese.
Si prenda il testo del 1856, ovvero quello definitivo, sulla vita e le opere di Poe, che inizia così:
«Di recente è stato portato davanti ai nostri tribunali uno sventurato, la cui fronte appariva segnata da un raro e singolare tatuaggio: disgrazia! Come un libro porta il suo titolo, lui portava sulla fronte l’etichetta della propria vita e l’interrogatorio dimostrò che la strana intestazione era crudelmente veritiera. Nella storia della letteratura compaiono destini analoghi, vere dannazioni, uomini che portano il termine iattura, scritto con caratteri misteriosi, nelle rughe serpentine della fronte».
Ovviamente, Edgar Poe fa parte di questo gruppo di uomini segnato da un destino avverso. È come il citato condannato a morte, con su scritto sulla fronte il marchio della sua dannazione. Questa dannazione è dovuta alla sua totale estraneità ai dettami della società borghese, che per questo lo avversa e disprezza: potrebbe piegarsi alla legge del mercato, scrivendo libri e racconti di facile successo, ma non lo fa; potrebbe smettere con fastidiosi vizi immorali, come l’abuso di alcol, ma non lo fa. In entrambi i casi, il motivo del diniego è artistico – il più alto motivo che Baudelaire possa immaginare. Poe vuole proprio smascherare il vero volto della società in cui vive:
«questo autore, frutto di un’epoca infatuata di sé, figlio di una nazione invaghita di se stessa più che qualunque altra, ha visto chiaramente e ha imperturbabilmente affermato la cattiveria naturale dell’uomo. C’è nell’uomo, lui dice, una forza misteriosa di cui la filosofia moderna non vuole tener conto».
Per arrivare a questo, egli ha bisogno dei vapori stordenti dell’alcol, che utilizza ben sapendo l’effetto nocivo che hanno sul suo corpo, ma che hanno l’effetto di evocare potenti immagini:
«Il poeta aveva imparato a bere come un letterato scrupoloso si esercita a scrivere quaderni di appunti. Non poteva resistere al desiderio di ritrovare le visioni meravigliose o spaventose, i ragionamenti sottili in cui si era imbattuto durante una trascorsa tempesta; erano le vecchie conoscenze che lo tiravano in modo imperioso e per riagganciarsi a quelle sceglieva la strada più pericolosa ma più diretta».
Il Poe di Baudelaire comincia a prendere le connotazioni del martire, sacrificatosi per mettere in luce i mali che la società in cui viveva cercava di celare. Gli Stati Uniti sono descritti da Baudelaire come una vera e propria prigione in cui il suo amato Poe, poeta libero e innocente, è rimasto rinchiuso fino alla morte.
In tutto questo si scorge una eco del pensiero di Joseph de Maistre, autore caro a Baudelaire – che viene pure citato più volte, in questo testo. La vita di Poe diventa, agli occhi del poeta francese, un esempio della maestriana dottrina della reversibilità: l’innocente si sacrifica volontariamente, redimendo così, insieme al giusto, anche il peccatore. Baudelaire cita esplicitamente questa dottrina proprio a inizio dell’opera, parlando dei già citati condannati:
«L’angelo cieco dell’espiazione si è appropriato di loro e li fustiga con accanimento per l’edificazione morale degli altri».
Così, anche l’auto-inflizione della pena dell’alcol, nonché dell’emarginazione ricercata in nome della verità, diventano segni evidenti di un martirio ricercato, non molto dissimile a quello del Cristo: il poeta si fa santo, redentore dell’umanità. Il suo perdersi nei mali della società, la sua ricercata eccentricità si tingono di un colore mistico. La vita raminga e sregolata di Edgar Poe non ha solo l’effetto di fissare un modello di vita bohemién, ma risveglia un senso del Sacro quasi primordiale, di cui il poeta diventa custode anche, anzi, soprattutto a costo della vita. Baudelaire, con la legittimazione di Maistre, dipinge Poe come martire della modernità. Per questo, Edgar Poe, sa vie et ses œuvres può essere considerato come la prima effettiva agiografia scritta dopo l’avvento della società industriale.