Me lo immagino alla foce della città, scaglia anatemi sguainando il Testo, con quel cranio bucefalo, che sa la misericordia e incute timore, e spade nell’iride. Gian Ruggero Manzoni ha l’indole del capobanda, il rigore dell’eremo; è consapevole che tra inginocchiatoio e gibetto, tra interrogatorio e confessionale la distanza è un respiro, l’ultimo. In molti conoscono l’albedo di Manzoni: il poeta micidiale – tra le ultime opere, Nel profumo delle catacombe, Ultramodum, Il bestiario di Tebe –, il romanziere rapace – cito, tra i tanti, Caneserpente, Il Morbo, Acufeni –, l’artista, venuto da una Scizia invitta, tra arcani e arcaismi, che ha esposto un po’ ovunque. La sua vita oscura – il “Marzo Bolognese”, le ambigue mansioni nelle Forze Armate, che lo hanno costretto in diversi conflitti armati – è stata narrata, elevando il mistero a norma, da Pier Paolo Giannubilo in un romanzo, Il risolutore (Rizzoli, 2019), finito nel cerchio magico del Premio Strega (paradosso mistico: Manzoni protagonista allo Strega come “personaggio” di una “vita da romanzo” e non come romanziere da una vita). Poligrafo pari a un alchimista che cerchi la pietra filosofale per falsificarla, di Manzoni so lo sprofondare nel sacro, gli studi esoterici, la pratica cabbalistica, il cristianesimo integrale, mai integrato; la generosità, soprattutto, che non lesina le botte. In altri tempi, avrebbe preso una metropoli per il gusto di eleggere re un cane; saprebbe, in questi tempi, fondare un’eresia, erigendo il dio al banditismo; ma riconosce le spire del demonio, un’aguzza obbedienza lo segna. Nel 2010, per l’editore Raffaelli, aveva tradotto Esodo; quest’anno, per De Piante, ha consegnato Genesi, inaugurando un progetto affascinante per follia: assegnare i singoli rotoli biblici a un poeta, uno scrittore, un Cagliostro del verbo, per una traduzione che travolga catechismi e bizantinismi esegetici, minando il cuore del Testo. La Genesi secondo Manzoni è testo cupo, sordido e candido, spiazzante, corrosivo, si legge come un romanzo di Cormac McCarthy, è una muta di iene in faccia ai letterati esangui, contemporanei al frigido, ignifughi ai furori del sacro che, sempre, libera tenendo sotto ricatto, salva uccidendo. Questo è il principio del libro dei principi, per capirci: “D’inizio o di fine, a un Suo tempo, il Demiurgo diede volto ai cieli e alla Terra. Plasmò, incontrò le Sue capacità, sviluppò il soffio in materia. Nel principio il tutto era senza profilo e privo di vita e l’oscuro ricopriva l’abisso di ogni forma, mentre la luce del Demiurgo volteggiava su tutte le acque. Al che il Demiurgo mormorò fra Sé: “Che la mia luce sia luce per l’intero”, così la luce divampò sull’osceno della tenebra”. Che ogni traduzione abbia in sé l’osceno e il principesco e la protervia della presunzione, è perfino ovvio. Non può esserci cura nel leggere il Testo, ma solo affondare.
Quindi ho chiamato Gian Ruggero Manzoni al dialogo.
Genesi: libro del Cosmo o del Caos? Insomma, scavando in quel rotolo infuocato, cos’hai trovato, come lo hai letto, come lo dobbiamo leggere?
Libro cosmico ed equilibrato fin quando Dio non modella l’uomo e la donna, poi, gli umani, fanno precipitare il tutto nel Caos, negli infiniti dei, negli infiniti atti di superbia, il primo quello suggerito dal maligno, cioè il voler conoscere, il voler sapere, il volere tutto quando è infine il niente che fa la differenza, cioè l’essere senza avere consapevolezza di se stessi, e non l’avere conoscenza di sé per essere, quando, alla fine dei conti, mai per intero sapremo. A questo punto non posso che citarti Artaud, riportando un frammento dal suo titanico Eliogabalo o l’anarchico incoronato, là dove il grande francese tentò di elevare la conoscenza… tentò di elevare la scimmia che dovremmo tornare ad essere… tentò di nobilitare il cervello umano, ma, volutamente non riuscendoci, considerato che pur siamo materia: “Le antiche religioni, nel loro prendere forma, hanno voluto gettare uno sguardo sull’Enorme Tutto. Esse non hanno separato il cielo dall’uomo, l’uomo dalla creazione del tutto, sin dalla genesi degli elementi. E si può dire anche che, all’origine, le stesse hanno visto chiaro sulla creazione. Il cattolicesimo ha chiuso la porta, come prima aveva fatto il buddismo. Entrambi hanno volontariamente e scientemente chiuso la porta, dicendoci che non avevamo bisogno di sapere. Ora, io ritengo che noi abbiamo bisogno di sapere e che non abbiamo bisogno che di sapere. Se noi potessimo amare, amare subito, la scienza sarebbe inutile; ma noi abbiamo disimparato ad amare, sotto l’azione di una specie di legge mortale che proviene dal peso stesso [dato dalla colpa iniziale, aggiungo io, Gian Ruggero Manzoni] e dalla ricchezza della creazione. Siamo immersi nella creazione sino al collo, lo siamo con tutti i nostri organi: i solidi e i sottili. Ed è duro risalire a Dio per la via graduale degli organi, quando questi organi ci fissano nel mondo in cui siamo e tendono a farci credere alla sua esclusiva realtà. L’Assoluto è un’astrazione e l’astrazione richiede una forza che è contraria al nostro stato d’uomini degenerati”. Forse che simile analisi non contempli, inizialmente, l’equilibrio per poi degenerare, come dice Artaud, nel Caos, non sapendo il quale compito ci competa? La Genesi apre le porte alla persistente e inarrestabile distruzione. Quindi non è l’Apocalisse l’ultimo libro, la chiusura del cerchio, bensì la Genesi in cui risiedono, di già, catarsi e palingenesi, l’uomo e la bestia uomo, poi crocifissione e risurrezione, quindi creta e spirito, e ciò all’infinito. Così è il progetto sadicamente divino, creare al fine che l’uomo, col suo deleterio libero arbitrio, ci si metta di impegno a che tutta la costruzione di nuovo sprofondi nel caotico e tenebroso gorgo iniziale, nella ridicola speranza di poter rinascere in un’altra dimensione, in un altro universo, in un’altra vita, forse parallela a questa o, meglio, posteriore a questa. Noi siamo cavie nel laboratorio divino, topi, miseri sorci che, perché creati, forti di tale illusoria consapevolezza di essere, giungono a pensare di non essere loro in gabbia, ma che lo sia Dio, coi suoi misteri e i suoi dogmi. Ma poi il mistero non è forse il cosmo e il dogma, non è forse il tentativo di mettere alla catena il Caos… mettere ordine al Caos? E via così… senza mai una vera e propria definizione. Senza mai avere un netto profilo. In questo la persistente tragicità dell’umano e la Babilonia che ne deriva, che poi di tragedia, di continuo, si alimenta, così come di noi esseri mal formati. E non aggiungo altro.
Spiegami come hai tradotto Genesi. Insomma, ci sono brani, brutali, in cui procedi per effrazioni, rifrazioni, enigmi.
Ho tradotto Genesi riflettendo la mia versione sulle tante che ce l’hanno, nei secoli, consegnata. Comunque, come con Esodo, quando anni fa tradussi quel libro, sono partito dalla Septuaginta, con tanto di copia revisionata della stessa, cioè copia “kaige”, più vicina al testo originale ebraico, così da divorare i leggendari 72 eruditi ebrei… 6 per ogni tribù d’Israele… che, ad Alessandria d’Egitto, riportarono la Bibbia dall’ebraico in greco antico… 72, come poi sono i nomi di Dio. Quindi ho parametrato il tutto con la Vulgata di San Gerolamo, che dal greco antico tradusse la Bibbia in latino, ma ben presto tralasciando il greco per affondare le mani direttamente nella primigenia versione in ebraico. Poi, come sempre, in quel di Marsiglia, mi sono confrontato con due amici ebrei, già frequentatori della scuola talmudica di tale città, e ho chiuso la partita. Brani brutali? Dalla prima parola all’ultima, anche quando, come si fa coi cani, coi cavalli o coi maiali di razza, si dà il via alle interminabili elencazioni genealogiche. Effrazioni? Io, quando, ogni giorno e notte, mi calavo nel testo e venivo bastonato dallo stesso poi da Satana e, di seguito, dall’Arcangelo Michele. Rifrazioni? Ogni traduzione ne è vittima. Enigmi? Il come io sia uscito ancora una volta vivo da una simile prova, ma da queste prove pur bisogna farsi sedurre… del resto: “Non v’è un solo giorno che l’uomo, per quanto molto potente e ricco, possa passare in questo mondo tra la prosperità e i piaceri, senza dolori o del corpo o dell’anima”, come giustamente diceva quel tedesco… fanatico come tutti i tedeschi che vivono un fede… che faceva di nome Eckhart von Hochheim; quindi perché non tuffarsi nel Pentateuco che risulta un fantastico ammazza tempo e spazio e anche uno stupendo esorcismo per i sensuali traumi che ti procura? E non aggiungo altro.
In questa epoca da palingenesi obliqua, rovesciata, nel sangue, mi sembra che tu imbracci il Testo come un’arma: è così?
Tutti i testi sacri sono armi per esorcizza la tentazione demoniaca che ti porta, appunto con superbia, a metterci naso e poi mano. Entri in essi condotto da Lucifero e, tramite gli stessi, cioè più ti addentri in essi, più tenti di scioglierti da quell’intreccio di dita, o di tentacoli, o di lusinghe, o di che altro Satana abbia usato per abbrancarti e poi condurti a così immane presunzione, quindi, qualora tu riesca a liberarti da lui, ecco indirizzare quella tua conoscenza verso i tuoi simili, ma perversamente, cioè col desiderio di annientarli in toto, di farli sparire dalla faccia della Terra e del Cosmo, e tu con loro, quale primo. La Bibbia uccide, ma anche ti uccide. La Bibbia è sadica e masochista assieme. E non aggiungo altro.
Secondo Harold Bloom ogni scrittore, ogni artista deve confrontarsi con il testo sacro, altrimenti è mutilo, cieco, incirconciso. Pensi che questa sia disciplina necessaria?
L’ho detto pocanzi… non si è scrittori, poeti, artisti o che altro, anche umili ciabattini, se, prima o poi, non ti sei confrontato o non ti confronti coi testi sacri della tua tradizione, e quindi coi testi sacri delle altrui culture. Impossibile creare da monchi, perché si è monchi se non ti tuffi nel Vecchio Testamento e ancor di più se non ti fai passare d’addosso il Nuovo. Sì, si è monchi… e i monchi con cosa dipingono o scrivono? Con la bocca o coi piedi, ma sono le mani il simbolo della compenetrazione nella materia, in quell’energia e nel ridare forma alla stessa. Forse che Dio abbia modellato l’essere umano con la bocca o coi piedi? Al limite, dalla bocca, è uscito il suo soffio vitale, ma sono state le sue mani, o ciò che in Lui corrisponde alle nostre mani, che hanno modellato la creta. Sono le stesse che rappresentano la forza e la lealtà, che benedicono, che puniscono, che gesticolano, che accarezzano, che alleano, e il Vecchio e Nuovo Testamento, una volta che le hai sprofondate in essi, te le affilano come falci o, meglio, come rasoi, come bisturi. Si può uccidere col sacro, o uccidersi, con lo stesso, come poi ho già sancito. E non aggiungo altro.
Qual è il brano, rileggendo e traducendo, che più ti ha sconvolto di Genesi? Perché?
L’edificazione della Torre di Babele, come poi ho indicato anche nell’introduzione alla mia traduzione, quindi il crollo della stessa, e la divisione tra gruppi di individui, e, di seguito, tra individuo e individuo. Prima uniti in quell’atto di superbia, quindi divisi, ma pur sempre tronfi di superbia, anche se non ci capiamo più fra noi. Stupendo essere superbi, ma non compresi… che lusso, non ti pare? E non aggiungo altro, perché tutto è già stato detto e scritto. Noi siamo solo veicoli di trasmissione, nulla più. Insignificanti e mutevoli veicoli di trasmissione, nel mentre ci crediamo fronde o trombe di Dio. Io, a volte, anche Sue radici… ma ciò resti fra me e te.