04 Febbraio 2018

Con una fotografia Kim manda in soffitta le 124 “donne dello spettacolo”. Ma forse a letto è una frana (ad ogni modo, Emily è più eccitante)

E con una fotografia Kim ha spazzato via le velleità neofemministe delle 124 “donne dello spettacolo” che pretendono di cambiare il “sistema” dicendo che i maschi sono brutti, laidi e cattivi. Le Amazzoni del cattivo gusto (e dalla scarsa intelligenza) sono state disintegrate dalla Venere Kardashian, la quale non ha altro che il proprio corpo e lo fa fruttare assai, monetizzato vale il Pil di uno Stato europeo. Kim, a cui questo libidinoso mondo capitalista consente di vivere facendo jogging e shopping, ha pubblicato su Instagram una fotografia in cui si vedono le sue tette, invero maestose. Kim Kardashian-Cristiano Ronaldo, la sfida su Instagram si gioca con colpi proibiti (e soliti cliché) ha titolato Corriere.it, una specie di magazine devoto al gossip, che, nell’atroce, crudele Wunderkammer della stampa odierna, svaria dall’intervista al grande ricercatore (che evidentemente interessa a quattro matti) alle puttanate da bar sport, salvo indorarle con commenti da fata turchina dei bacchettoni (Kim è la “procace nullafacente”, d’altronde la “fiera del trash… oggi è spesso la scorciatoia verso la celebrità”: ma allora non parlatene, così non fate prolificare il trash…), Su Instagram, in fondo, funziona chi l’ha più lungo, è una specie di versione digitale della virilità. E Kim, va detto, ce l’ha lunghissimo, ha 107 milioni di seguaci, quasi il doppio del popolo italiano tutto. Detto questo. Non che le altre fotografie di Kim siano meno audaci. Ce n’è una in cui sta sdraiata sul letto, alza il culone e si vede il sottilissimo filo dello slip che esalta, come un fiume tra due abissi, l’impatto con le curve, himalayane. Dove sta il problema? Nel dominio del corpo in un tempo totalmente astratto, scorporato dalla carne. Noi, ormai, non abbiamo quasi più alcun contatto con il corpo, neanche quando scriviamo. In effetti, per scrivere non afferro la penna arando con forza un foglio. Digito dei tasti. Non scrivo delle lettere. Pigio dei tasti quadrati, tutti uguali, che danno degli impulsi digitali. Pigio il tasto G avendo fede che sullo schermo comparirà la lettera G. Non sono mai pienamente responsabile di ciò che scrivo. In fondo, non sono neanche l’autore di ciò che scrivo. Ora. Non abbiamo più rapporti con la carne – ergo: la masturbazione è disciplina quanto mai salutare per conoscere la propria anima – ma non parliamo d’altro che del corpo. Kim ostenta il suo corpo statuario, dandolo in pasto a chi lo ammira. Ad ammirarla sono in tanti. Tantissimi. Nell’epoca in cui i numeri – e il denaro – misurano ogni cosa, vince Kim. Propone una idea sbagliata di femminilità? E chi lo dice? E chi è nelle facoltà di giudicare? Che follia. L’Occidente è dominato dall’idea del corpo. Dall’idea di svelarlo. Ma non troppo. Vuole ‘liberare’ le donne islamiche dal velo, ma vuole anche ‘liberare’ le donne occidentali dalla condanna a dover svelare il proprio corpo per fare carriera. Tutto si riduce a una danza dei sette veli, e comunque, meglio una donna che liberamente si spoglia e si fotografa per bulimia della vanità che una che è obbligata al carcere del velo. E comunque, se una donna liberamente vuole il velo, fa bene a indossarlo, ambiremo a possederla fissando i suoi occhi. Non ci sono limiti. Non devono esserci limiti. Finché il pianeta desidera una donna come Kim, beh, siamo ancora sani, meglio il desiderio di scopare a quello di ronfare, la vita trionfa sull’inedia. Quanto al resto: baby della comunicazione, perché al posto di spaccarci i timpani con Kim non parlate delle poesie di Emily Dickinson (invero più seducenti di un tozzo di curve sul video)? Il problema è che il corpo non è la carne. A me non basta una fotografia, non mi eccita una fotografia. Per far felice un corpo ci vuole altro. Il nitore dell’intelligenza, il fragore della fantasia, carne che risuona in altra carne. Magari Kim a letto è una frana. (d.b.)

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