“Fu da cattolico […] che un pomeriggio andai nella chiesa della mia infanzia (una delle tante), Santa Giovanna d’Arco a Lowell, Mass., e a un tratto, con le lacrime agli occhi, quando udii il sacro silenzio della chiesa (ero solo lì dentro, erano le cinque del pomeriggio; fuori i cani abbaiavano, i bambini strillavano, cadevano le foglie, le candele brillavano debolmente solo per me), ebbi la visione di che cosa avevo voluto dire veramente con la parola ‘Beat’, la visione che la parola Beat significava beato”.
È una frase tratta da Scrivere bop di Jack Kerouac che deve inchiodare per sempre ogni lettore del grande romanziere, statunitense sì ma quebecois ergo francofono, con profondo legame col paese d’origine dei suoi avi, con la sua lingua, con i suoi autori. È una frase che deve inchiodare anche nel viaggio, sulla strada, in un letto, nelle ebbrezze date da donne, alcol e droga, nelle visioni più o meno deliranti o lucide, altrimenti non si avrà mai in mano un libro del vecchio, piccolo Jack, ma uno stereotipo…
C’è chi, come Alberto Beretta Anguissola, tra gli infiniti fiumi d’inchiostro profusi per le molte possibili interpretazioni della Recherche du temps perdu, ha osato proporre l’ipotesi di un Proust quasi fulminato da una visione cristologica nei paraggi di Balbec, vicino forse a una conversione mai realizzata, anche se la forma della madeleine resta quella della conchiglia di Santiago alias San Giacomo e la pietra d’inciampo sarà tra i piedi del suo narratore fino alle ultime pagine della sua grande esplorazione nella memoria. Invece molto poco pare esser stato scritto del più evidente, a un tempo fragile e potente, schietto ma anche zigzagante, confondente, stordente cattolicesimo di Kerouac. Un tema da riscoprire, per non cadere nei cliché imposti dai suoi primi lettori e promotori, da scelte ideologiche, distrazioni, superficialità e mode ormai molto vecchie. La madeleine, oggetto nascosto, sotterraneo del blues apocalittico e visionario anche nei suoi di romanzi, è d’altronde ciò che i cliché li spezza, come notava Deleuze.
Kerouac non solo generazionale ma anche eterno. Kerouac non solo stelle e strisce ma anche francese. Kerouac non solo beat ma anche proustiano. Kerouac non solo nomadista ma anche sedentario. Kerouac non solo droghe e alcol ma anche cattolico. Kerouac non solo scrittore ma anche pittore. Kerouac non solo celibe in macchina sulle strade d’America. Kerouac anche a scrivere nella casa di sua madre. Kerouac anche alla ricerca del padre nelle chiese di Francia. Kerouac da rileggere, riscoprire e ridefinire, dalla A alla Z…
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Dizionario Kerouachiano (parte seconda):
Madre – Al termine di ogni suo viaggio attraverso gli Stati Uniti, Kerouac faceva ritorno alla casa della madre e qui componeva i suoi libri. I suoi periodi di sedentarietà a fianco della madre furono indubbiamente più lunghi di quelli dei nomadismi sulle strade d’America. Morì nella sua dimora a St. Petersbourg in Florida. Con lei condivise la passione maledetta per il bere. Cf. Alcol.
Neal – Neal Cassady. Il grande amico di Jack. Il Dean di Sulla strada… “E così in America quando il sole tramonta e me ne sto seduto sul vecchio molo diroccato del fiume a guardare i lunghi lunghi cieli sopra il New Jersey e sento tutta quella terra nuda che si srotola in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità, e so che a quell’ora nello Iowa i bambini stanno piangendo nella terra in cui si lasciano piangere i bambini, e che stanotte spunteranno le stelle, […] e che nessuno, nessuno sa cosa toccherà a nessun altro se non il desolato stillicidio della vecchiaia che avanza, allora penso a Dean Moriarty, penso perfino al vecchio Dean Moriarty padre che non abbiamo mai trovato, penso a Dean Moriarty”.
Orfismo, Orrore – Se il primo romanzo pubblicato, nel 1951, appena un anno prima di Sulla strada, fu La città e la metropoli, tra il 1944 e il 1945 Kerouac scrisse Orfeo emerso, edito negli Stati Uniti soltanto nel 2002. Orfica è tutta la sua opera, costante discesa agli inferi e riemersione per raccontare le visioni, spesso allucinate, apocalittiche. Tra nomadismo e staticità. Tra metropoli e provincia. Tra isolamento e amicizie. Tra gioia e disperazione. Tra estasi e desolazione. Tra ebbrezza e lucidità… Kerouac dionisiaco. Kerouac apollineo. (“Senz’Apollo, chi saprebbe che Dioniso è passato?”, scrive Pierre Drieu La Rochelle in un testo sulla poesia, tradotto anch’esso ne L’eroe da romanzo). Orfismo di Kerouac. Orrore del mondo. Ricerca della pace. Big Sur è esemplare. Cf. Alcol; Beato; Madre.
Proust e il Padre – Al di là delle divagazioni sincretiste nel nichilismo orientale, ogni pagina di Kerouac è colma di una brama quasi mistica di Dio, presenteassente, figura umana e divina, corporea e spirituale a un tempo, fondamentalmente compassionevole e legata a quella del Padre che lo scrittore sempre ricercò lungo le strade d’America e credette identificare nelle radici europee del suo sangue, materializzate nelle cattedrali di Francia. Altre analogie con l’amato (al pari di Louis-Ferdinand Céline) Marcel Proust cui fa riferimento quale modello l’intera opera di Kerouac, che appare come una vera e propria ricerca del tempo, e del padre, perduto, in versione americana. “La mia opera forma un unico grosso libro come quella di Proust soltanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta. A causa delle obiezioni dei miei primi editori non ho potuto servirmi degli stessi nomi di persona in ogni libro. […] non sono che capitoli dell’intera opera ch’io chiamo La Leggenda di Duluoz […] veduta attraverso gli occhi del povero Ti Jean (io), altrimenti noto come Jack Duluoz” (in esergo a Big Sur). Cf. Cattolicesimo, Francia e Francofonia; Neal.
Québec – Kerouac era figlio d’immigrati canadesi di origine francese. Il padre nacque Saint-Hubert-de-Rivière-du-Loup nel 1889. La madre era cugina di René Lévesque, primo ministro dello stato francofono canadese tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta. Cf. Francia e Francofonia.
Route 66 – La grande strada che va da Chicago, Illinois, a Santa Monica, California, attraversando il Missouri, l’Oklahoma, il Texas, il Nuovo Messico e l’Arizona, parte del viaggio di Sulla strada. Ben più breve la strada percorsa in dieci giorni di Francia, da Parigi alla Bretagna con volo aereo, Rennes, Saint-Brieuc, dov’è sepolto lo scrittore Roger Nimier, Brest e infine Chartres.
Sedentario – Eterne alternanze di Kerouac. Tra nomadismo e staticità. Tra isolamento e amicizie. Tra metropoli e provincia. Tra la madre e le altre donne. (Satori a Parigi: “Le donne mi amano – così mi pare – ma poi capiscono che sono ubriaco ebbro di tutto il mondo e che non posso dedicarmi a loro, solo a loro, per molto, e questo le rende gelose, e io sono un pazzo Che Ama Dio. Sì”). Negli ultimi anni, tra il 1966 e il 1969, visse per lo più in modo stabile con la madre e la moglie Stella in una classica villetta della provincia statunitense, bevendo i suoi amati ma famigerati shot and a wash, giocando a biliardo con amici, e scrivendo. L’esperienza in Francia del 1965, pagato dalla sua casa editrice Grove Press e vissuta per lo più vagabondando, bevendo, contemplando le chiese e le strade, e trovando compagnia nelle puttane, come testimoniato dalle pagine di Satori a Parigi, non porterà a nuovi stimoli letterari e di viaggio. Cf. Madre; Orfismo, Orrore.
Tradizione – Quella di Kerouac è una ribellione contro il tradizionalismo della middle-class borghese americana per riabbracciare la vera Tradizione nello spirito cristiano-cattolico, il Padre sempre bramato, anche attraverso la ricerca delle radici europee e con uno “sregolamento dei sensi” stile voyant di Rimbaud… Cf. Beato; Cattolicesimo; Proust e il Padre.
Updike – Kerouac, a parte la tra l’altro poco spiegabile eccezione de I vagabondi del Dharma, ebbe sempre critiche negative. John Updike si spinse fino a scrivere una breve parodia dello stile kerouachiano in un breve testo, On the Sidewalks. Sono aperte le scommesse su chi verrà dimenticato per primo, se l’autore di Corri, Coniglio! o quello di Sulla strada.
Viaggi, Visioni, Vanità – Viaggi in movimento. Viaggi sul posto. Visioni in movimento. Visioni sul posto. Satori in strada. Satori in chiesa. Satori sui monti. (L’ascesa de I vagabondi del Dharma, il Desolation Pick in Angeli di desolazione…). Rivelazioni zen. A chiudere la Recherche kerouachiana, “La Leggenda di Doluoz”, nello stesso anno di Satori a Parigi, ecco Vanità di Duluoz, l’ultimo libro pubblicato in una vita di cui ripercorre alcuni episodi fondamentali dalla giovinezza a Lowell agli anni alla Columbia University, al servizio nella marina durante la guerra, al movimento Beat. Vanità di un ego. Vanità del satori. (La parola giapponese significa “illuminazione improvvisa”, “improvviso risveglio”). Vanità dello zen. Verità del Cristo. Cf. Zen.
Zen – Leggere Satori a Parigi per comprendere il senso dello pseudo buddhismo zen di Kerouac, di un Kerouac pseudo orientalista per ciò che riguarda lo spirituale. Cercare il satori. Andando, dove? A Rennes, o a Chartres, o a Parigi, alla Madeleine, alle Tuileries, a un Requiem di Mozart nella chiesa di Saint-Germain-des-Prés, “coi violinisti rapiti trasognati dai gomiti frementi di gioia perché i banchi e persino i posti riservati erano affollati di tanta gente distinta”, o alla Sainte-Chapelle o in Saint-Louis-en-l’Île, per ritrovare l’eterna infanzia, il tempo perduto, la vera religione: “Morivo dalla voglia di visitare la Sainte-Chapelle dove San Luigi, re Luigi IX di Francia, aveva collocato un frammento della Vera Croce. […] E morivo dalla voglia di vedere la chiesa di San Luigi di Francia nell’isola di San Luigi sulla Senna, perché così si chiama la chiesa dove fui battezzato a Lowell, Massachusetts”.
Marco Settimini
*la prima parte del Dizionario Kerouachiano è stata pubblicata su “Pangea” qui