
Un mondo di grilli e di dèi. Il provincialismo di chi odia la cultura popolare. Ovvero: l’auto-razzismo degli italiani
Cultura generale
Bruno Giurato
Caro lettore di Pangea, maschione e etero, come va? Hai calmato i nervi? Passata l’incaz*atura? Se ti parlo di quel ragazzo lì, sì, proprio lui, quello che si dimenava sul palco di Sanremo giorni fa, ed era mezzo nudo, era Bowie, oppure era una donna, e si baciava col chitarrista (tra)vestito da Marilyn Manson… che fai? No, non me lo dire, non raccontarmi p*lle, che lo so benissimo: ribolli. Di classica invidia tra uomini. Testosteronica. Penica. O forse sei tra quelli che Achille Lauro se l’è mangiato cogli occhi, gli ha radiografato il c*lo, e se lo leccherebbe centimetro per centimetro? Se non sei tu, sicuramente è la tua donna che sogna di farlo. Senti, fattene una ragione, fatti passare la rabbia, fatti un calmante, che di Achille Lauro non ti liberi, per adesso, e per molto, chissà quanto, tempo.
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Era da tanto che non ‘annavo in fissa’ così. ’Sto ragazzetto m’ha svegliata, e m’ha rimesso al mondo. M’ha preso, scrollato, acceso, buttato al secchio ogni malinconia. Che poi, ragazzetto… Lauro a luglio fa 30 anni, e di vite è come se ne avesse vissute centinaia. Così sembra, ammalia, strega Lauro in Sono io Amleto, il suo libro uscito un anno fa per Rizzoli. Libro che non è autobiografia, è un romanzo dove Lauro c’è e non c’è in ogni personaggio che appare in quello che è costruito a agenda, un diario, una raccolta di fogli sparsi, pensieri scritti, di notte, di sfuggita, per sfogo, stizza, bisogno. Sono io Amleto è la vita, non vita, di Lauro. Un racconto romanzato che parecchi ancora spacciano per vero, credono vero, se lo sono bevuto fino all’ultima sillaba, e hanno i loro buoni motivi per esserci cascati: è Lauro stesso che, per quello e quanto e come lo scrive, ce lo fa credere. Mio caro lettore invidiosetto, adesso schiatti: perché Lauro sa sì far musica, portare performance sul palco, avere personalità da vendere e far arrapare uomini e donne, e però, sai che c’è, ’sto ragazzo sa pure scrivere. Sul serio. Non si bluffa e non ci sono editor che tengano. Sono io Amleto te lo leggi e ci cadi dentro. Non ci perdi tempo. Sempre che tu abbia voglia di sballarti, e di ‘farti’ Lauro.
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Lauro ha o non ha rubato, spacciato, lavorato per qualche mala romana? Quella per cui se sgarri finisci a pezzi in un sacco della spazzatura buttato in discarica. In Sono io Amleto, Lauro ti racconta in prima persona episodi che di certo ha visto, respirato, sentito, fattosi passare sotto pelle, e forse compiuto davvero, ma chissà fino a che punto. Fidati: io lo so. Conosco Roma, no, meglio, conosco parti di Roma, scorci, anfratti, perché Roma non puoi conoscerla, come non puoi comandarla o prendertela. Roma è impalpabile. Ne respiri, vivi, tutto e niente. Tra le mani ti sembra di afferrare tutto, ci passa tutto, e niente di quel tutto rimane, è concreto, tangibile, vale. A Roma tutto s’immischia e rimane a sé stante, tutto è eterno e effimero, tutto sai e niente impari mai. Così Lauro, è vero che, a 14 anni, se n’è andato di casa, è vero che ha vissuto in una comune, è vero che quando ha firmato il suo primo contratto il suo domicilio era una Smart e il suo armadio scatole di scarpe. Come è pur vero che proviene da una famiglia benestante e i soldi non gli sono mai mancati. Nulla gli è mai mancato ma poi dipende da come vuoi e decidi di vivere e rapportarti al mondo. Puoi fare il fighetto, il figlio di papà, il nerd, quel che caz*o vuoi, ma puoi pure decidere di vivere in simbiosi, nelle vene e di testa e in quello che senti, con chi è nato sfortunato o la sfortuna se l’è andata a cercare, chi fin da ragazzino entra e esce dal carcere, chi passa notti ai rave e ci lascia le penne.
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Sono io Amleto non è il romanzo di una generazione, ma è uno specchio su una realtà di cui i media non si vogliono occupare se non per farci la morale, ponendosi in quella tipica posizione di superiorità, paternalistica, pietistica, che mi fa ribrezzo. Sono io Amleto non è Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, ma è un libro in cui c’è tanta, tanta droga. E specie quella sintetica, le pasticche dal nome a sigla, e gli antidepressivi, e gli acidi di nuova produzione. Lauro non censura né assolve. Non ti dice di non prenderla, non ti dice di prenderla, forse lui l’ha presa o forse no, di sicuro ha visto chi c’è morto a farsi. Una delle pagine più vive è il suo sguardo su Julia (“dove caz*o l’ho portata, che caz*o le ho fatto fare…”) ma è lei a salvarsi e a lasciarlo e non prima di avergli parato il c*lo da una retata: è Julia che prende quella pistola nascosta in un calzino e la butta via, da ultimo, supremo gesto d’amore. E la scena della rapina: Lauro che vede solo il suo braccio steso, armato, e il mondo, il tempo, si fermano, e ritornano a scorrere a rapina finita, con lui che torna da lei sul motorino.
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Chi è Achille Lauro, chi caz*o è questo che oggi è rock, domani dance, e ha già fatto rap, trap, e dischi, libri (sta scrivendo il secondo), film, due volte Sanremo. Lo intervistano, e non lo capiscono. Vuoi gli screenshot delle mie chat su di lui? Domande e domande sul perché “si concia così, si camuffi così, è un pagliaccio, un fake, Barbara, non lo capisci che è un cretino?”. Non lo capite voi, i cretini siete voi, che passate il tempo a rompermi le scatole e a rodervi per Achille Lauro, voi che ce l’avete perennemente in testa, voi che vagheggiate un mondo fermo e mi ripetete che le immagini pennellate da Lauro, quando le tinteggiava Vasco Rossi, andavano bene, erano arte, e oggi no; che quando a truccarsi e (trav)estirsi – ognuno a suo modo e secondo il suo perché – erano Bowie, Zero, Elton John, Mercury, Robert Smith, allora sì che era gesto, linguaggio giusto, e oggi no; che quando eravate giovani voi era ‘top’, e oggi no. Oggi è farsa. Ma ci arrivate da soli a capire quanto siete patetici, o vi devo aiutare con dei disegnini? Ma vi fa “così schifo che uno nato nel ’90 non sia culturalmente afono, e sappia Rimbaud, sia cresciuto a Doors, Elvis, Hendrix, Bowie, e su un palco si giochi il suo senza lagnarsi di pene d’amore, o faccia la vittima?!?” (e questo è, parola per parola, un mio messaggio di risposta).
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Chiede Aldo Cazzullo a Achille Lauro sul Corriere della Sera: “Lei è etero, gay, fluido?”. Risposta: “Questo lo lascio al caso”. C’è chi ancora domanda con chi va a letto un uomo che ha fatto performing art a Sanremo. E Lauro, che lo ascolta e gli risponde, pacato e educato. ’A La’, te vojo bene.
Barbara Costa