18 Febbraio 2024

“Il gregge” e la demagogia elettorale. Un romanzo

Appena uscito, Il gregge” è il nuovo romanzo del giornalista e scrittore pugliese Davide Grittani (da tempo collaboratore di Pangea). Tra crudeli paradossi e atmosfere felliniane, l’ambizione è trasformare l’apocalisse del nostro tempo in una commedia all’italiana: sullo sfondo del testo gli omaggi al fumetto Doraemon e al capolavoro di Mario Monicelli “Amici miei”. Dopo essersi occupato di trapianti ne “La rampicante” e delle responsabilità degli adulti nella piaga della pedofilia ne “La bambina dagli occhi d’oliva”, Davide Grittani torna al romanzo con un affresco di satira pungente e al tempo stesso drammatico: la breve epopea di una campagna elettorale diventa l’epicentro di un romanzo sull’apocalisse etica ed estetica di certa politica e di certe condotte del Paese. Qui pubblichiamo il primo capitolo, che introduce proprio alla ricomparsa di vecchi compagni di classe sotto forma, però, di candidati.

***

Certe volte una mano invisibile costringe a guardare da un’altra parte. Indice e pollice dirottano il mento verso qualcuno, affinché la fisiognomica agevoli il compito di leggere i romanzi scritti sulle facce della gente. Qualcosa mi ha spinto a indugiare, il tram è ripartito di colpo e dietro le vetrofanie è apparso lui. Imbolsito ma riconoscibile, inspessito come quelle melanzane che invecchiando conservano una minacciosa familiarità. Tra un telefono spaziale, la promessa di una laurea presa dal divano di casa e altre vertigini acconciate da eternità, lo ritrovo su questi manifesti che parlano agli elettori con la demagogia degli incitamenti. “L’aria è cambiata” recita lo slogan, così superbo che verrebbe voglia di votare gli avversari. Se non fosse che guidando vedo le sue foto dappertutto, di fianco ai bastioni, lungo i navigli che brulicano di ottimismo, sui ledwall che circondano le terrazze vista duomo e ricordano che il comandamento del nostro secolo è sorridere.

Lui ovunque.

Io in mezzo al traffico narcolettico delle diciotto.

Lui affisso ai muri con evidenti ambizioni d’immortalità.

Io che rovescio contumelie sul vicino di corsia.

Chissà se questa gente ferma a guardare sa che lo chiamavamo “Croce rossa”. Non ricordo la genesi di quel soprannome, tra ragazzi la crudeltà è così diffusa che risalirne le origini è pressoché impossibile. Probabilmente perché minacciava di rivolgersi ai suoi per qualsiasi cosa. Il padre era un temuto funzionario statale, la madre aveva ereditato l’impresa di famiglia. Questa condizione lo aveva elevato su un piedistallo irraggiungibile dal resto della classe, autorizzandolo a sedare ogni controversia con l’insopportabile intercalare «vi faccio vedere io». Spesso era solo un’intimidazione, che però bastava a sopprimere sul nascere anche le contese che non lo riguardavano. Ne aveva idealizzato l’autorità fino a costruire nel suo immaginario due mondi paralleli, quello in cui si perpetrava ogni forma di ingiustizia e quello in cui il ricorso ai genitori poteva igienizzare tutte le impurità del mondo. Un giorno, però, trovò il coraggio di portare a compimento le sue invettive. Marcello Dell’Atti, figlio della bidella del liceo Pier Paolo Pasolini, decise di fargli sparire la merenda e di dividerla con Carlo Lamartora (detto “Saponetta” a causa dell’ossessivo ricorso alla masturbazione, eccesso di agonismo che gli stava compromettendo la prensilità delle mani). Ma qualcuno fece la spia e Croce rossa ricorse alla nobiltà del casato, così Dell’Atti e Lamartora furono sospesi per tre giorni. Se da una parte quel furto quasi costò l’anno scolastico a Marcello e Carlo, dall’altra sancì il definitivo allontanamento di Croce rossa dal nostro branco. Tutte le volte che lo vedevamo entrare in classe, aggirarsi per i corridoi o uscire da scuola, intorno a lui si apriva un varco innaturale, come se quel nomignolo gli avesse garantito l’immunità ma al tempo stesso lo avesse condannato alla solitudine. Un contrappasso troppo severo anche per un codardo come lui, per questo ogni tanto mi avvicinavo a consolarlo, ma non facevo in tempo a rincasare che mia madre brandendo la cornetta ammoniva «è per te, che hai fatto stavolta?». Dall’altro capo del telefono Dell’Atti, Saponetta, Zavaglia, Cantalupi e Carella (al secolo “Bulldog” giacché mordeva facendo a botte), che si erano dati appuntamento alla cabina di fronte scuola per intimarmi «scegli, o noi o quell’infame?».

Davide Grittani (photo Nicky Persico)

Chissà se questa gente ferma a guardare sa che a ogni compito o interrogazione che esigevano abilità estranee al nostro repertorio, Croce rossa si barricava in presidenza per scongiurare qualsiasi contaminazione con la nostra barbarie. Chissà se sanno che a ogni supplenza, eruzione ormonale (con tanto di gemito proveniente dalle ultime file), a ogni manifestazione del caos, implorava «silenzio, perdio». Lui che da questi manifesti ora promette di “ascoltare le voci di tutti”, un tempo non lontano metteva la museruola alla vita che ci germogliava dentro. Chissà se queste persone sanno che aveva paura del buio, della neve scura e obliqua che scende da queste parti, e che una volta suo padre lo costrinse a venire a scuola con lo zaino imbrattato dalla scritta “chiamatemi asino”. Chissà quali sono i giorni che ricorderemo. Quelli in cui stavamo crescendo, in cui l’incedere di un esercito sbilenco sembrava il prologo di fantastiche carriere, o quelli in cui ci saremmo ritrovati da perfetti sconosciuti, lui affisso ai muri della città e io a chiedere continuamente fiducia alle banche.

Suonano il clacson, vanno tutti di fretta. La pioggia riga i finestrini, gocce come punti disegnano una vignetta. Mi fermo a leggere il romanzo scritto sulla faccia di Croce rossa, proiettata sui maxischermo, sui volantini sotto ai tergicristalli, sui display della nuova linea della metro. L’acqua inzacchera i taxi in coda ad aspettare, le insegne dei negozi proiettano sui marciapiedi lame psichedeliche. Qualcuno scende per insegnarmi l’educazione, picchia il lunotto, faccio finta di niente, con qualche manovra ci sarebbe spazio per passare, evitandomi come se non esistessi. Questa scoperta di Croce rossa mi ha immalinconito. Cosa darei per tornare indietro. Se adesso ci fossero Dell’Atti, Saponetta, Zavaglia, Cantalupi e Bulldog gliela farebbero vedere a questo bisonte che minaccia di sfondare il parabrezza per ingoiarmi nella sua collera. Chissà cosa fanno. Come gli è andata. Sarebbe bello rivedersi, una sera.

Davide Grittani

***

Tratto da Il gregge, romanzo di Davide Grittani (Alter Ego Edizioni, 2024; per gentile concessione)

Gruppo MAGOG