23 Ottobre 2023

“Nulla può pareggiare questa gioia”. Le poesie cinesi di Amy Lowell

Si erano incontrati nel 1912, ovviamente a Londra: ‘Ez’ gravitava intorno a William Butler Yeats – per un po’ ne diventerà il segretario particolare – mentre Amy era in viaggio con la sua amante, l’attrice Ada Dwyer Russell. Da veri americani in Europa, si annusarono, ammiccarono, presero a lavorare insieme. Ezra Pound riconobbe in lei i caratteri della ricca ereditiera: genio sorgivo di una delle più importanti famiglie di Boston, Amy Lowell era audace, prevaricante e fumava il sigaro. Cominciò a scrivere poesie, diceva, dopo aver ammirato una performance di Eleonora Duse, stordita dal canto e dall’incarnato dell’attrice. I suoi le avevano impedito gli alti studi: la ragazza era stata educata da precettori; poi, secondo l’indole, onnivora, fece da sé. Non era bella: pingue, inelegante, scomposta, da bambina si sentiva sempre fuori posto – un nero anatroccolo. A proposito di fauna: il crudele Witter Bynner – poeta dal profilo apollineo, oggi giustamente dimenticato – la folgorò con un voluminoso soprannome: hippopoetess.

Ad ogni modo, Pound trovò in Amy Lowell una complice e una finanziatrice. Amy pubblicò il primo libro in versi, A Dome of Many-Coloured Glass, nell’anno in cui aveva conosciuto Pound, ne compiva 38, in febbraio. Insieme, si può dire, diedero vita all’imagismo: nel 1914 Pound elevò lei, Joyce, William Carlos Williams, Ford Madox Ford (il supremo amico di Conrad), Richard Aldington e H.D. (la bellissima Hilda, amata per un tot da ‘Ez’, sedotto, come sempre, dalle fatue e dalle valchirie), al rango di poeti del nuovo tempo in Des Imagistes. Come si sa, Pound costruiva per distruggere, edificava nel fuoco: la ‘costanza’ non lo riguardava (semmai, la presunzione di essere un pioniere). Presto mollò l’imagismo per fondare una nuova avanguardia, più ‘maschia’, il vorticismo – poi si fiondò nell’epopea dei Cantos. Amy Lowell, invece, continuò la pratica imagista, che si sviluppa in tre altri volumi, Some Imagist Poets: il primo, del 1915, a cura di Richard Aldington e H.D., gli altri due, nel 1916 e nel ’17, sotto la scure di Amy Lowell. Tra i poeti di questa seconda fase imagista spicca D.H. Lawrence. Pound non le perdonò di avere fatto a meno di lui.

Le poesie di Amy si caratterizzino per schiettezza, arguzia, immagini ad acquerello: in Italia ha avuto una traduttrice complice in Barbara Lanati che ha composto le sue Poesie per Einaudi (1990). Esteta del verso libero, scrisse una voluminosa biografia di John Keats. Morì nel 1925, a causa di una emorragia cerebrale, poco più che cinquantenne: fu onorata, quell’anno, con un Pulitzer postumo per la raccolta What’s O’Clock. Pound, con cui aveva ferocemente litigato, l’aveva inoltrata nei misteri della poesia cinese classica. Lei, come sempre, fece da sé. La sua Ernest Fenollosa, per così dire, fu la sinologa Florence Ayscough, coetanea di Amy, amica dai tempi della scuola. “Nata a Shangai da padre canadese e madre americana, ha vissuto in Cina fino all’età di undici anni, quando i genitori sono tornati negli Stati Uniti perché i figli potessero completare gli studi in questo paese. È stato allora che l’ho conosciuta… Ritornata in Cina poco più che ventenne, sposò un inglese impiegato in una grande casa di importazione britannica a Shangai: da allora vive in Oriente dove ha accettato l’onorevole posizione di bibliotecaria della Royal Asiatic Society”.

Il rapporto con Florence si consolida in un libro, Fir-Flower Tablets, in cui Amy raccoglie le sue traduzioni dei poeti cinesi canonici – quelli di epoca Tang, per intenderci – fino ai moderni. In sostanza, Florence inoltra Amy nella foresta ideogrammatica e la poetessa ne trae poesie, spesso, più originali dell’originale. Il libro è pubblico per Houghton Mifflin Company nel 1921, ottenendo un successo immediato, testimoniato da due ristampe in tre anni. Il libro, adornato da una mappa della Cina con “gli antichi luoghi a cui si riferiscono i poeti” segnati in rosso, è una piccola meraviglia: l’introduzione di Amy Lowell è ‘geografica’, antropologica, corretta. Così spiega il titolo del libro, scavando tra reflui leggendari:

“Viveva a Ch’êng-tu, all’inizio del IX secolo, una cortigiana di nome Hsieh T’ao, famosa per la sua intelligenza e la capacità di scrivere versi. Hsieh T’ao preparò una carta di dieci colori, la immerse nel fiume, apprestandosi a scrivere le sue poesie. Alcuni anni prima, una donna aveva immerso in quel fiume la stola di un prete buddista, per lavarla. Non appena la stola toccò l’acqua, il fiume si riempì di fiori. Un vecchio libro cinese ricorda la ‘tavola dei fiori’ su cui la cortigiana realizzava le sue creazioni”.

Cathay, il libro in cui Pound aveva raccolto la sua antologia di poeti cinesi antichi, era uscito nel 1915. Nell’introduzione, con intrepido sprezzo, Amy Lowell non fa cenno all’amato-odiato amico. Baruffe letterarie, di quando ci si sfidava sulle vette, come i maestri che i seguaci del Tao chiamano ‘immortali’.

*

Poeti cinesi nella versione di Amy Lowell

L’Imperatore ritorna dopo un viaggio a Sud

Avanza pari a un santo
il Supremo.
Nel suo carro laccato
intimorisce i cento esseri.
Nascosto dal purpureo fumo dell’incenso
un ombrello rotondo
protegge il Figlio del Cielo.
Squisita la bellezza
delle spade a doppio taglio
dei carri, delle scarpe
dei servi, ricamate con le costellazioni.
Davanti a lui portano i ventagli del Sole e della Luna:
lo precedono stuoli di lance affilate
i barbagli di molte bandiere.
Il vento di Primavera proclama il ritorno dell’Imperatore
che unisce le diecimila province
in un’armonia accordata da Pace e Certezza:
i vecchi sono satolli di felicità e lo è il popolo,
la mia ode si aggiunge al canto
della perfetta quiete.

Wen Cheng-Ming, XVI secolo

*

Canto del salice spezzato

Quando montò a cavallo, non prese un frustino di cuoio:
spezzò un ramo di salice.
Una volta smontato, iniziò a suonare il flauto:
con il dolore feroce della partenza voleva distruggere il viaggiatore.

Dinastia Lliang (VI secolo)

*

Lungo il lago, in primavera

La meditazione solitaria continua senza interruzione.
Scorre – va alla deriva, invero – e ritorna in sé:
la barca si muove verso il vento del crepuscolo.
Entriamo all’imboccatura del lago da un affluente fiorito
mentre la notte avvolge la Valle Occidentale.
Dai denti della collina, la Costellazione del Sud:
la nebbia cala sulle anse del fiume, si divarica dolcemente.
Alle mie spalle, la luna cala, tra gli alberi.
Il mondo non è che un quadrato d’acqua in perenne
movimento: acqua che si coagula e dilaga.
Sono felice di essere un vecchio con la canna da pesca.

Chi-wu Ch’ien

*

Scritto in esilio

Il sole sorge mentre dormo. Non è ancora alto
e sento il rigoglioso rigogolo sopra il tetto.
D’improvviso, penso al Parco Imperiale, all’alba:
i richiami degli uccelli assisi sui millenari alberi.
Penso a quando ero funzionario del tribunale
al meticoloso lavoro nella Sala delle Udienze.
In piena primavera, nei rari momenti di svago,
guardavo l’erba e le cose che crescono:
sentivo questo stesso rumore dall’alba al tramonto.
Dove mi trovo ora?
Nella solitaria città di Hsün Yang.
Il canto degli uccelli è lo stesso
ma sono mutate le mie emozioni.
Se solo potessi dimenticare di essere
agli estremi confini della terra:
ma è poi così diversa la vita a palazzo?

Bai Juyi

*

Un ufficiale presso il villaggio dal fossato di pietra

Ho cercato alloggio per la notte: tramontava
presso il villaggio dal fossato di pietra.
Gli agenti di reclutamento catturano le persone di notte.
Un venerabile vecchio scavalcò il muro e fuggì.
Una vecchia uscì dalla porta.
Quanta rabbia nelle grida degli ufficiali!
Quanta amarezza nel pianto della vecchia!
Ho sentito le parole della donna
che perorava la sua causa davanti a loro:
“I miei tre figli sono alla frontiera di Yeh Ch’eng.
Da uno di loro ho ricevuto una lettera:
gli altri due sono morti in battaglia.
Chi sopravvive ha un orizzonte breve:
chi muore non tornerà mai più.
In casa non c’è più alcun adulto:
mio nipote è ancora al seno.
La madre di mio nipote è fuggita.
Sono vecchia, molto vecchia, le forze
svaniscono, eppure ti prego, segui gli ufficiali
quando torneranno questa notte.
Accetterò con entusiasmo l’incarico di servire Ho Yang
sono ancora in grado di preparare un pasto”.
La tenebra soffocava tra le lacrime.
All’alba, ripresi il mio cammino:
restò sola la venerabile vecchia.

Tu Fu

*

Guardando la luna dopo la pioggia

Le nuvole sono gravi e gridano:
ancora una volta vedo l’orizzonte
oltre i quattro lati della città.
Apri la porta. La luna si alza, cammina
come un rospo. Il suo chiarore è una brina
che si estende per diecimila li.
Il fiume sembra una catena piatta e lucente.
La luna, in cima, è un occhio bianco:
mostra il cuore abbagliante del mare.
Lo adoro, così, rotondo come un ventaglio
e ne canto fino all’alba.

Li Po

*

Proclamate la gioia di quest’ora dice l’Imperatore Ling

Il vento freddo si impenna. Il sole brilla lungo il vasto canale.
Il loto è rosa: si china alla luce, si spalanca la sera.
La meraviglia è in eccesso, un solo giorno non può contenerla.
Limpidi suoni d’arco, note fluide sulle fluttuanti rive: cantiamo la canzone
dell’amore perenne. Mille anni? Diecimila? Nulla può pareggiare questa gioia.

*

Calma serale

Il sole è tramontato.
La sabbia brilla.
Il cielo ci colpisce con i suoi bagliori.
Le onde tremano
e l’acqua fa chiacchierare le pietre.
Sul bianco sentiero della luna
una barca va alla deriva:
cerca l’ingresso del porto
dopo molte svolte e sventure.
Probabilmente, la neve
è caduta sopra i pendii
dei tenebrosi colli.

Kao Shih-Chi, XIX secolo

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