“L’Occidente vuole cancellare le proprie tradizioni spirituali – ed equivoca l’Oriente”
Cultura generale
Fabrizia Sabbatini
Il 4 marzo, non ho dubbi, darò un voto esplosivo. Scriverò “Unabomber” sulla scheda elettorale. No, non la brutta copia italiana. Quello americano, il più tosto, Theodore Kaczynski. Ha tutti i requisiti, del resto. È indiscutibilmente competente. Il suo quoziente intellettivo è superiore alla media. A vent’anni era laureato, a ventisei era assistant professor. Fate voi! Come se non bastasse, aggiungete pure al suo curriculum che è riuscito a farsi stampare un intero pamphlet da New York Times, Washington Post e Penthouse. La minaccia, in caso di mancata pubblicazione, era di far saltare in aria un po’ di gente – rammentate questo sistema, se avete un romanzo nel cassetto. Il titolo dell’opera è La società industriale e il suo futuro (in Italia è pubblicato da Stampa Alternativa). Il testo è altrimenti noto con il fascinoso titolo di Il manifesto di Unabomber. Quando finisci di leggerlo, ti viene spontaneo pensare: “io questo lo voterei”.
Ma cosa dice Unabomber che non figuri in un programma politico di 5 Stelle, Lega, Casapound, Leoncavallo, PD? Tutto! La verità è che proprio non c’è paragone. E, peraltro, Kaczynski è l’unico di cui si possa asserire che dice ciò in cui crede e crede in ciò che dice. La sua consequenzialità e coerenza, non per niente, l’hanno portato a dover scontare otto ergastoli. Unabomber, personaggio che sembra una rilettura ancora più estrema del protagonista del concept album di De André, Storia di un impiegato, per chi non lo dovesse conoscere, è un attentatore americano, oramai disoccupato da quando fu arrestato alla metà degli anni ’90. Terrorizzò per quasi due decenni il paese con i suoi pacchi bomba che, comunque, è bene precisare, non furono mai spediti a caso. Si trattava, piuttosto, di interventi mirati. Il simpatico ex professore ritiratosi nei boschi senza acqua corrente, luce, e altri confort aveva in spregio il sistema liberale e tecnocratico venutosi a formare in Occidente, dalla rivoluzione industriale in poi. Nelle sue parole, questo ha “reso la vita insignificante, assoggettato gli esseri umani a trattamenti indegni, diffuso sofferenze psicologiche”, oltre ad aver distrutto la natura. Potrebbe sembrare un grillino ante litteram, se non fosse che lui è una persona seria.
Ci sono due aspetti, della sua analisi delle storture del mondo moderno, in cui Kaczynski dà il meglio di sé. Il primo lo si coglie fin dall’inizio del testo: “Quasi tutti saranno d’accordo sul fatto che noi viviamo in una società profondamente turbata. Una delle più diffuse manifestazioni della pazzia è la Sinistra. Perciò una discussione sulla psicologia della Sinistra può servire come introduzione alla disamina dei problemi della società moderna in generale”. Ovviamente, la Sinistra che viene presa di mira non è quella storica, ma quella attuale, l’ossimoro per eccellenza, dopo il fuoco freddo, quella liberale. In particolare: “Quello che noi vorremmo discutere non è tanto un movimento o una ideologia, quanto un modello psicologico”. E com’è il tipo d’uomo ascrivibile a tale filone di pensiero? Due sono le sue caratteristiche principali: i complessi di inferiorità e la sovrasocializzazione. Insomma, pur appartenendo solitamente alle classi privilegiate, i sinistrati si sentono dei perdenti e tendono a identificarsi con categorie sociali che nulla hanno a che spartire con loro, dall’immigrato all’omosessuale. In verità, sono loro a volerli ghettizzare, perché li ritengono inferiori, anche se “non ammetterebbero questi sentimenti neanche a sé stessi”. I risultati sono tragici, infatti: “il modo d’agire della persona di sinistra non è razionalmente calcolato per essere di beneficio a coloro che gli uomini di sinistra dichiarano di aiutare”. Basti vedere come cercano di difendere i diritti della gente di colore: “l’atteggiamento ostile degli attivisti verso la maggioranza bianca tende a intensificare l’odio fra le razze”.
La sovrasocializzazione, poi, termine con cui si indica “il processo attraverso il quale i bambini sono addestrati a pensare e agire come la società richiede”, è esattamente la peculiarità dell’uomo di sinistra che “crede e obbedisce al codice morale della sua società”, essendo solo all’apparenza un vero rivoluzionario. Chiunque abbia mai sentito parlare uno di questi esaltati, paladini dell’immigrazione incontrollata, capirà immediatamente il problema: gente che si crede antagonista e poi professa gli stessi principi della maggioranza di governo. Non è che loro amino i neri per validi motivi, ma perché il sentire comune impone di vederli come delle povere vittime. In realtà, come ben sottolinea Unabomber, neanche ne rispettano la cultura questi suoi apparenti difensori che vogliono “rendere il nero conforme agli ideali bianchi della classe media”, trasformandolo in un essere sostanzialmente innocuo come sono loro.
Il secondo aspetto che dimostra l’eccezionale acume del controverso personaggio è il legame che istituisce tra l’avanzamento della tecnologia e la sussistenza di un sistema malato. Il concetto è semplice: se crolla il sistema, perdiamo internet, il frigorifero, e via dicendo. Praticamente, siamo in un circolo vizioso. Solo la rivoluzione – non il riformismo, questo è rimarcato – potrebbe cambiare le cose, ma le cose non cambieranno perché nessuno vorrà fare a meno di tutto ciò per tornare alla natura e a vivere il piacere di una vita vera, dove il lavoro non è alienante. Preferiamo esistere nell’ansia quotidiana provocata da mille fattori incontrollabili, che minacciano la nostra vita: disoccupazione, crisi, e quant’altro. Per tenere a bada l’angoscia, il sistema ci serve su un piatto d’argento tutte le attività sostitutive di questo mondo, dai libri (per i pochi che ancora li leggono) alle serie televisive (Netflix, da buon emissario del Capitale, non si è fatta sfuggire l’occasione e ha infatti tratto una storia anche dalla vicenda di Unabomber). Per chi non riesce comunque a non essere inquieto e tormentato – nessun problema – esistono gli psicofarmaci che, come in Il nuovo mondo, controllano e controlleranno sempre di più le nostre emozioni negative, base potenziale di un qualunque moto di sedizione.
In sostanza, siamo fottuti. Unabomber l’aveva capito anzitempo, come anzitempo aveva previsto la crisi. Il suo più grande errore? Pensare che il sistema andrà incontro al tracollo. Sembra quasi di risentire quell’altro noto pensatore che paventava il prossimo collasso del capitalismo, a causa della sovrapproduzione. Pare che chi spera sia sempre un povero illuso.
Matteo Fais