02 Novembre 2019

Cara Lilli, noi donne se vogliamo il potere ce lo prendiamo senza chiedere il permesso, senza la tua approvazione. Alle tesi vecchie e ipocrite della Gruber preferisco la tosta e femmina Miriam Mafai

Non dirmi che te la sei persa: Lilli Gruber intervistata da iO Donna perché ha scritto un nuovo libro, e lo deve lanciare. Titolo dell’opera: Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone. Oggetto: il male del mondo sono gli uomini, è assolutamente colpa loro, di ogni catastrofe, quindi è ora che il potere sia dato alle donne, così si risolverà ogni guaio, ogni problema avrà giusta soluzione, e vivremo tutti felici e contenti.

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Eccolo, l’ennesimo libro dalla parte delle donne, ‘fauna’ speciale, specie protetta, da difendere dall’uomo cattivo. Tesi che mi ha fatto due p*lle così, non ne posso più. Ma queste donne che si ergono a paladine del proprio incorruttibile sesso, chi le ha chiamate? In nome di chi lo fanno? Certo non nel mio. Io non sto, non mi sento in guerra con nessuno, men che mai con gli uomini. Eventuali conti in sospeso, me li saldo da sola, a viso aperto. Forse la signora Gruber non si è accorta che il potere le donne che lo vogliono se lo prendono senza complimenti, non chiedendo permesso e approvazione a nessuno, tantomeno a lei. Ci sono donne che comandano eserciti, o fanno alta politica: ma dove sta la prova che avere una vagina porti a risultati migliori dell’avere un pene? Per caso Virginia Raggi amministra meglio Roma dei suoi predecessori uomini? E Otto e Mezzo, farebbe più audience se a condurlo fosse un uomo? E la signorina Thunberg, che da mesi bigia la scuola con la scusa di salvare l’ambiente, in mezzo alle gambe che ha, un pene? E Theresa May, che ha ridotto la nazione chiave della democrazia moderna a una barzelletta, lo ha fatto a causa della menopausa? Da non credere: Lilli Gruber pensa davvero che capacità e intelligenza dipendano dal sesso, e vuole farci intendere che sei cretino perché ragioni con ciò che sul certificato di nascita ti determina quale maschietto! Roba da matti. Qui davvero non si vuole capire dove e come si vive, non si vuole neppure tentare di dare un significato, un contorno alla realtà che ti appare davanti se gli occhi li vuoi aprire e il cervello accendere. Perché, mia cara signora, il cervello è un muscolo sessuato solo a livello culturale, un muscolo che va azionato, e allenato, ma non come fa lei, fanno in tanti, in troppi, che ci propinate con aria di superiorità un mondo che non esiste, mai è esistito se non nelle vostre menti cullate, assopite, rincretinite da idee che vi confermate tra pari, tra amici che la pensano come voi, parlano affettati come voi, vestono firmati come voi, odorano della vostra stessa fragranza di ricchezza e benessere.

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E no, cara signora: il mondo, quello reale, è tutta un’altra storia, quella che voi non conoscete se non per sentito dire: è fatica dura, sudore appiccicoso, è lordura e bestemmie, è successo e traguardo che non vedi mai, e che se hai carattere e integrità manco vuoi. Non è quello misurabile con la lucetta rossa che si accende sul vostro volto e che, se disgraziatamente non si accende più, vi procura grottesche crisi esistenziali a derive pamelepratesche. E di sicuro non sono le sue esortazioni femministe del cavolo, false, ridicole, e vecchie, zuccherate, piallate da un’ipocrisia, un insopportabile politicamente corretto che vuole togliere la libertà di dire che una donna NON deve essere nominata ministro né ricoprire alcun’altra carica esclusivamente perché donna; la libertà di dire che le quote rosa sono l’anticamera dell’incompetenza; la libertà di dire che una ministra può essere brutta, sgraziata e vestirsi male, e che è indegno che una diventi ministro dell’Istruzione avendo in curriculum una sottospecie di diploma triennale, e io sto ancora cercando le idoneità di una Cécile Kyenge a fare il ministro dell’Integrazione (!) se non possedere una pelle scura. E Giorgia Meloni, ditemi: com’ha fatto a conquistare la leadership, e i voti che ha? Grazie al suo sesso?

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Oh, che nessuno si provi a tacciarmi di sovranismo, salvinismo, trumpismo. A me di destra e sinistra e centro frega nulla, seguo e tanto la politica e per dovere di cittadina e un po’ per feticismo, ma da anni non voto per una scelta di dignità, e perché trovo ignobile votare per ottenere favori, un posto, un condono (come fa il 90% degli italiani). Pago tutte le tasse che mi impongono, non ho debiti, e allora: del vostro perbenismo, femminismo, non vale nemmeno la pena pulirmi dove non batte il sole, le vostre sono parole da niente, se non frutto di cervelli fermi a quanto, mezzo secolo fa? Ma non è la generazione della Gruber, che ha rinnegato le lotte femministe rifugiandosi nel privato, ritornando a starsene a casa accanto ai mariti, e in cucina, a sfornar torte? Allora i mariti, gli uomini a cui facevate le fusa non vi facevano schifo, non erano “bifolchi, villani”, non erano come oggi è il vostro odiato Trump: a me però risulta che anche allora comandassero in politica e nella società solo individui con il pene, tranne una, che si chiamava Margaret Thatcher, e che il mondo l’ha cambiato, e sul serio, l’ha rivoltato come un calzino, ponendo le basi di quello che oggi ci tocca vivere. Che Thatcher le abbia azzeccate tutte unicamente perché donna, e per giunta madre?

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E infatti, nell’intervista alla Gruber, eccolo, l’elogio a Ursula von der Leyen in quanto politico, donna, e mamma di 7 figli. A parte che avere o no dei figli è una scelta personale che non qualifica né dequalifica una persona, non si deve mai dimenticare che le donne ricche possono sì e far figli e farsi una carriera in quanto sono proprio i soldi (quasi sempre non soldi loro ma dei mariti o dei loro padri) a far la differenza, a regalar loro quella libertà che le donne comuni, che si arrabattano tra lavori precari, e figli, e mariti, e genitori anziani, non hanno. Susanna Agnelli ha fatto carriera politica e letteraria e contemporaneamente 6 figli e per bravura e per i vantaggi che la sua posizione le dava. E queste mie identiche, ma proprio identiche parole, le scriveva una tosta e femmina come Miriam Mafai più di 30 anni fa: leggetevi il suo Donna in cucina è bello?, scritto nel marzo 1982, raccolto nel suo Diario Italiano: care femministe, la Miriam vi fa a pezzi peggio e molto meglio di me, ancora e sempre.

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E poi: com’è che gli uomini devono diventare, cara Gruber, “più femminili”?!? Dio ce ne scampi e liberi. Io un uomo come lo vuole la Gruber non lo voglio. Mi fa senso. Io voglio e cerco e mi sc*po uomini che mi piacciono nel loro essere maschi, testosteronici, possibilmente str*nzi, opposti e diversi da me e perciò arrapanti, ma soprattutto uomini che mai e poi mai voglio “rieducare” come orribilmente e soviet-icamente dice lei, e cambiare di una virgola come aspirano tante ma tante donne che come risultato hanno uomini che le piantano, e dopo averle cornificate a lungo proprio perché non ne potevano più di rompipalle scopertesi femministe a traino della nuova suffragetta a tempo perduto. Un uomo che fa le faccende domestiche? Mi manda gli ormoni in depressione. Io lo voglio a letto, e lì di un porco senza limiti. Che mi “prenda per la f*ca”, qualora io glielo permettessi, perché no? E senza nulla in cambio se non più di un orgasmo. Questione di gusti, di scelte. Di libertà.

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Ma come fai la sera alle 20.30 a ciucciarti la Gruber quando in contemporanea in radio c’hai Cruciani e Parenzo che delirano di negri, fr*ci, trans, suore che tr*mbano su YouPorn, e topi da ammazzare affogati? Pura, sregolata caciara ma informativa, alla faccia della signora Dietlinde.

Barbara Costa

Gruppo MAGOG