Dopo un esordio felice con una raccolta di racconti A Puntazza e una guida letteraria molto particolare, Firenze mare, sei approdato a un primo romanzo con un’importante casa editrice come Voland. Ci racconti la genesi di questa storia?
Nasce da un’ossessione che è una voce interiore. È la voce di Michele Maestri, che a un certo punto mi preme in testa. Pare una cosa da medium, ma ha funzionato così. Con una voce – che poi ho nominato Michele Maestri – che inizia a darmi input, frasi, circostanze e situazioni. Sono situazioni inquiete, perché – credo – a furia di leggere e vedere cose, ho imparato ad apprezzare l’inquietudine.
La storia di Michele Maestri è quella di un trauma e degli effetti che questo produce. Il titolo, Vani d’ombra, evoca la parte oscura di sé che il protagonista narra passando dalla prima alla terza persona. Ci spieghi questo espediente stilistico?
Ho scritto senza pensare a cosa scrivevo, le prime venti pagine erano un accumulo di frasi, passavo dalla prima alla terza persona. Me ne sono accorto dopo, in un secondo momento, quando l’ho riletto. Mi sono detto che così poteva tenere, che era grammaticalmente folle, ma narrativamente liberatorio. E così ho continuato a scrivere, sotto dettatura di Michele Maestri. Mi svegliavo di notte, appuntavo frasi. Ero completamente fuori di testa, pieno di furore e dolore. L’ho spedito a Voland, convinto che l’avrebbero rifiutato. Poi la pubblicazione a giugno. A novembre siamo andati in ristampa con critiche molto positive e – per me – anche imbarazzanti.
La tua professione è il giornalismo di cronaca. Quanto hai messo del tuo lavoro in questo romanzo?
La puntigliosità. La stessa che ci metto quando ascolto i testimoni di un fatto o i parenti di una vittima. La stessa caparbietà che si mette quando si appuntano sui taccuini frasi e circostanze. Poi ci ho messo il rigore: Vani d’ombra – causa il poco tempo dovuto alla mia professione – è stato scritto durante nove giorni di vacanza, al mare. Dodici ore al giorno, orari ferrei. Gli stessi orari del mio lavoro al giornale.
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La lettura. Ho letto questo romanzo in apnea, in due giorni: è di una bellezza che ferisce. Ogni parola, ogni frase finisce in circolo, come granelli di vetro che graffiano le vene. Raramente ho incontrato in romanzi italiani recenti una scrittura così potente e raffinata nello stesso tempo.
L’autore. Nato a Montelupo Fiorentino nel 1974, Simone Innocenti ha scritto la guida letteraria Firenze Mare (Perrone), esordendo con Puntazza (Erudita). Suoi racconti sono apparsi in varie antologie. Si occupa di cronaca nera e giudiziaria e ha scritto per “Il Corriere”, “La Nazione”, “Il Giornale della Toscana”, “Avvenire”, “L’Espresso” e “Sette”. Attualmente lavora al “Corriere Fiorentino”, dorso regionale del “Corriere della Sera”.
Daniela Grandinetti