09 Settembre 2019

“Gli uomini sono buoni, è il mondo a essere un posto spaventoso”. Stephen King parla del suo ultimo romanzo

Un paio di anniversari ornano l’annata di Stephen King. Intanto. 45 anni fa. “Carrie”. Primo libro, primo grande successo, tradotto in un poker di film – il primo, 1976, è firmato Brian De Palma. Leggenda vuole che ‘Il Re’ non credesse molto in quel libro, che sia stata la moglie a forzarlo a tentare la via editoriale. SK aveva 25 anni. Da allora non ha smesso di scrivere, specie di Dickens dell’horror. Tranne per quel periodo, vent’anni fa, la Dodge di Bryan, è il 19 giugno, sbanda e gli va addosso. Pensano sia morto, King. Esce dopo un mese di ospedale. 45 anni dopo il primo libro, SK, poligrafo, instancabile esploratore della tenebra, esce con “The Institute”, che Sperling & Kupfer pubblica come “L’istituto”, dal 10 settembre. Didascalia che accompagna il libro: “È notte fonda a Minneapolis, quando un misterioso gruppo di persone si introduce in casa di Luke Ellis, uccide i suoi genitori e lo porta via in un SUV nero. Bastano due minuti, sprofondati nel silenzio irreale di una tranquilla strada di periferia, per sconvolgere la vita di Luke, per sempre. Quando si sveglia, il ragazzo si trova in una camera del tutto simile alla sua, ma senza finestre, nel famigerato Istituto dove sono rinchiusi altri bambini come lui. Dietro porte tutte uguali, lungo corridoi illuminati da luci spettrali, si trovano piccoli geni con poteri speciali – telepatia, telecinesi. Appena arrivati, sono destinati alla Prima Casa, dove Luke trova infatti i compagni Kalisha, Nick, George, Iris e Avery Dixon, che ha solo dieci anni. Poi, qualcuno finisce nella Seconda Casa. «È come il motel di un film dell’orrore», dice Kalisha. ‘Chi prende una stanza non ne esce più’”. Da volgare scrittore ‘di genere’, ora, nell’era in cui i generi – per fortuna – sono degenerati, Stephen King è passato a incarnare il grande scrittore in grado di interpretare i terrori del presente, di profetizzare il futuro. Intorno al nuovo romanzo, King ha rilasciato una intervista a Xan Brooks, per il “Guardian”, di cui stralciamo alcuni brani. Tranquilli, SK non si ferma mai: per il 2020 è prevista la pubblicazione di “If It Bleeds”.

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Il mondo è una casa infestata dai fantasmi. “Il mondo è un posto spaventoso, non solo l’America. Siamo in una casa infestata dai fantasmi – o su un treno fantasma, se preferisci – per tutta la vita. Le paure vengono e vanno, ma tutti preferiscono i mostri immaginari a quelli reali”

Trump? Un cretino incompetente. “Le politiche sull’immigrazione di Trump non hanno avuto alcun impatto sul libro perché il libro è stato scritto prima che quel cretino incompetente diventasse presidente. Bambini sono incarcerati e ridotti in schiavitù in tutto il mondo. Piuttosto, spero che chi legga The Institute trovi un risoluto accordo contro le politiche crudeli e razziali di questa amministrazione”

Gli uomini sono buoni. Ma i buoni non fanno notizia. “Credo che gli uomini siano buoni, di base. La maggior parte delle persone è buona. La maggior parte della gente cerca di fermare un attacco terroristico più che realizzarne uno. Semplicemente, i buoni non fanno notizia”

Da venditore di orrore a buon mercato a tesoro della letteratura. “Sono diventato semi-rispettabile. Sono sopravvissuto alla maggior parte dei miei critici più rabbiosi. Mi fa piacere dirlo. Questo mi rende una persona detestabile?”

Cultura “alta” e “bassa”: differenze stupide, amo Verdi come gli Stones. “La differenza tra cultura ‘alta’ e ‘bassa’ mi pare ancora strana, totalmente soggettiva. Un’aria del Rigoletto per dire, La donna è mobile, è cultura alta. Sympathy for the Devil degli Stones è cultura bassa. Entrambi sono pezzi meravigliosi, quindi, va a capire…”

Il rock mi detta il verbo. “Adoro il rock. Più forte è, meglio è. La musica che ascolto può influenzare alcune parole, un certo ritmo – ma non lo stile di un libro”

Quattro mesi per scrivere. Poi, revisioni ossessive. “Alcuni scrittori impiegano anni a scrivere un libro; James Patterson ha bisogno di un fine settimana. Ogni scrittore è diverso. Per quel che mi riguarda, ho bisogno, in media, di quattro mesi per la prima bozza. Poi rivedo in modo ossessivo il mio lavoro. La vita creativa è assurdamente breve. Devo concentrarmi e concretizzare il più possibile”

A volte i miei personaggi mi implorano di ritornare. “Scrivere non è una malattia mentale. Ma quando lavoro, e lavoro bene, tempo e mondo reale svaniscono. A volte i miei personaggi implorano di ritornare in altri libri. A volte li accontento”

I tre romanzi che salvo dal rogo. “Devo salvare dal rogo tre libri? Scelgo La storia di Lisey, L’ombra dello scorpione e Misery

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