29 Giugno 2018

Ogni uomo è un “martire di impostura”: sull’ultima raccolta di poesie di Tiziano Scarpa

La verità la so/ la verità fa schifo/ io seguo l’impostura/ sopporto il suo gravame/ sto nella dismisura”. E ancora, ogni uomo, come Scarpa dice del poeta, è un “martire di impostura” e un “campione di autoabiura”. C’è sempre un momento in cui, nella pretesa di invulnerabilità di ogni essere umano, l’armatura si incrina. Qualcosa cede e ci lascia nudi di fronte alla verità di ciò che ci circonda. Ancor peggio, ci rende vulnerabili a ciò che veramente siamo: secoli di storia lo confermano, umanità è nei fatti sinonimo di cattiveria, intima sporcizia. Tuttavia, se questo è un boccone troppo amaro da mandare giù, possiamo sempre sperare che le cose andranno meglio. Per restare umani dobbiamo sforzarci di essere quello che non siamo. Umanità nel suo significato morale è emancipazione da sé stessi, superarsi, distaccarsi da ciò che per necessità siamo. Così diventa un atto squisitamente umano l’autoabiura, il rinnegarsi.

In tal senso sono esemplari le parole spesso udite “Io sono fatto così”, per giustificare qualunque comportamento idiota. Ma non sarebbe diverso da quello che ci direbbe il nostro cane, se potesse parlare, dopo aver distrutto un paio di ciabatte.

ScarpaLe nuvole e i soldi (Einaudi, 2018) è un libro che fa i conti con l’esistenza, cercando di capire se tanta fatica di vivere valga davvero la pena. Il testo di Scarpa, l’ultimo uscito per ‘la bianca’ Einaudi, sembrerebbe addentrarsi in questo luogo classico della poesia, non senza una buona dose di cinico dolore, senza mistificazioni eccessive. L’uomo è denaro e nuvole, fatti e chiacchiere, materia e sostanza. Nella tensione fra questi due modi dell’esistenza, è costruita l’esplorazione della vita umana descritta. Banalmente scissi da chi può pensare che l’uomo possa essere solo un becero materialista oppure unicamente un essere spirituale, con la testa, appunto, fra le nuvole. Come se l’uno escludesse l’altro. Di fatto invece, del sesso e delle puttane, del basso ventre in generale e di un mondo pratico e reale c’è chi ha fatto splendida poesia. Uno su tutti l’amatissimo Bukowski, non sempre brillante in versi. Per gli italiani sarebbe bene ricordare quel mostro preoccupante che è l’essere umano descritto da Simone Cattaneo.

Autoabiura, come esercizio quotidiano, significa morire almeno un poco ogni volta che si cambia. Così, nel testo in questione, una delle condizioni cui bisogna sottoporsi essendo umani, è morire spesso. Per chi scrive poi la situazione si fa più grave. Così nel libro di Scarpa è possibile trovare una serie di poesie intitolate Certe volte che non sono morto: “A fine maggio del duemilatré/ sulla statale fra zagabria e osijek/ il pullman si fermò al posto di blocco/ “ci sono troppe mine, non si passa”/ disse il soldato ed effettivamente/ dal finestrino lo capivo anch’io/ che tutti quei triangolini rossi/ non erano papaveri di campo/ “tornate indietro” disse, ma l’autista/ smontato a terra “e come faccio – disse -/ devo portarli entro stasera” “escluso/ – disse il soldato – ancora cento metri/ e mi saltate in aria” ma l’autista/ si disperava “pago la penale/ se non arrivo in tempo, hanno un incontro” “saltate in aria di sicuro” “il festival” / “è troppo un rischio” “la gente li aspetta, c’è la lettura, fanno tardi” “ma/ chi sono?” “scrittori” “passate pure”.

In pochi, rischiando di essere tacciati come impoetici o impietosi, parlerebbero di soldi in un libro di poesia. Scarpa li mette nel titolo. L’operazione sembra più che giustificata: da più di un secolo il denaro è il mezzo per eccellenza, lo strumento sommo. Per questo, di noi dice molto e muove il sole e le altre stelle più dell’amore. Nonostante ciò, i nostri poeti tacciono la questione. Sarà forse qualcosa di troppo sporco per le mani di certi autori che scrivono ancora di fiori di campo. “I soldi, mi credevo superiore, pensavo mi bastasse il batticuore./ Ma nella povertà/ c’è questa verità, che scopri quanto costa il buonumore./ Ho rinunciato ai viaggi, ai figli, ai giochi, /ma i soldi sono sempre troppo pochi./ Ho rinunciato a te./ Rinuncerò anche a me, spegnendo a piedi nudi tutti i fuochi./ E dire che eravamo così forti/ ma senza soldi siamo come morti./ Perché ci butta giù/ che non facciamo più”.

In luce di una esplorazione che scava in tutti gli angoli, anche i meno piacevoli, Le nuvole e i soldi risulta un testo potente, accattivante ma saldo, in cui è possibile trovare ricerca formale, ritmica, e sperimentazione, assieme a una solida capacità di comunicazione in versi. In esso l’autore si confronta con ogni aspetto della realtà, dalla politica alla letteratura, dall’amore alla paura, consegnandoci un’opera in versi, cosa che raramente accade, completa e complessa.

Alessandro Paglialunga

*

Mi fa venire

un corpo nudo mi fa venire
la foto di un corpo nudo mi fa venire
il video di un corpo nudo mi fa venire
un piede di donna che calpesta la marmellata mi fa venire
l’idea che ci sia chi viene per un piede di donna che calpesta la marmellata mi fa venire
una suola che spiaccica una gomma sul marciapiede mi fa venire
il marciapiede mi fa venire
un tubo di scappamento mi fa venire
un semaforo mi fa venire
una vigilessa mi fa venire
un viale alberato mi fa venire
un supermercato mi fa venire
le nuvole mi fanno venire
la luna mi fa venire
il sole mi fa venire
l’universo mi fa venire
gli angeli mi fanno venire
dio mi fa venire
il terremoto mi fa venire
le catastrofi mi fanno venire
la morte mi fa venire
i fulmini mi fanno venire
la luce mi fa venire
il mare mi fa venire
la gente nuda al mare mi fa venire
tutta la gente che viene mi fa venire
una persona particolare che so io che viene mi fa venire
fare l’amore mi fa venire
venire mi fa venire

Tiziano Scarpa

[da Le nuvole e i soldi, Einaudi 2018]

 

Gruppo MAGOG