20 Maggio 2020

Altro che retorica della solidarietà: il virus ha spalancato abissi di vuoto e di separazione. Almeno, esistono le montagne, promessa di innocenza… L’editoriale di Donatella Bisutti

Molti sono gli aspetti oscuri e le contraddizioni che circondano questo virus di cui finora sembra che nessuno abbia capito esattamente l’origine e gli effetti, tante sono le diverse versioni e affermazioni di eminenti virologi di tutto il mondo. Si è parlato di complotti e di profezie, si è ingigantita o minimizzata la sua pericolosità. In certi momenti si è addirittura ipotizzato che esistessero virus diversi. Anche sulla sua durata sono state espresse valutazioni assai differenti. C’è chi dice che sparirà in breve da solo. È l’ipotesi che preferisco. Se sarà cosi, sarà come se gli alieni fossero discesi sulla terra e poi ripartiti a bordo del loro UFO rimanendo a noi sconosciuti.

*

Il virus passerà comunque prima o poi, ma purtroppo non passeranno le sue conseguenze, che stiamo appena cominciando a intravvedere e che temo saranno ancora peggiori. Al di là di una facile retorica ispirata al patriottismo e alla solidarietà, si sono aperti abissi nell’inconscio collettivo. La paura è penetrata, virus ancora più letale, negli animi. Non c’è cosa più pericolosa della paura, che svuota il cervello, paralizza le reazioni, rende le persone schiave e succubi, pronte a tutto sopportare e subire. Pensiamo alla mafia. Su cosa si regge da sempre la mafia se non sulla paura?

*

Morire di virus o morire di fame? Per molte persone purtroppo nei prossimi mesi sarà impossibile scegliere. Già si intravvede una crisi economica che potrebbe riportarci ai tempi del dopoguerra, ed evocare lo spettro, almeno per l’Italia, ma forse anche per l’Europa, della Grande Depressione del 1929, più o meno un secolo fa.

*

Il virus ci sta abituando alle regole imposte e indiscutibili. Siamo tutti diventati inermi come bambini di altri tempi, minacciati di castigo.

*

Il virus ha cancellato le più elementari e antiche pratiche di pietà, quell’onorare i morti per cui Antigone sacrificò la vita.

*

È stato perfino negato il conforto di una preghiera collettiva.

Ridateci una di quelle tante epidemie del passato con le donne vestite a lutto e le processioni dietro gli stendardi, la gente inginocchiata davanti alle statue dei Santi nella luce di una speranza! Il Papa è stato costretto a una processione solitaria.

*

Il virus ha spezzato i legami e gli affetti famigliari, ha negato qualsiasi conforto di una presenza amorosa. Ha scavato abissi di vuoto e di separazione, ogni rapporto è diventato virtuale e quindi immaginario.

Il virus ci ha disumanizzato. Quanto tempo ci occorrerà per ridiventare umani? E poi, lo ridiventeremo?

*

La prova generale del Silenzio, che qualcuno magari auspicava all’inizio, non c’è stata. L’improvviso silenzio delle nostre città, rigato tuttavia, come dallo stridore di un gesso su una lavagna, dalle sirene delle autoambulanze, non ha portato pace ai nostri cuori né alle nostre notti, assediate da sogni convulsi. Cosi come le persone sedute qua e là sui balconi di condomini, sempre vuoti negli anni fino ad allora, a riscaldarsi al tepore del sole, lontane e ignote una all’altra, impossibilitate e anche incapaci di farsi segno e gridarsi da lontano un saluto, abbozzare una conversazione, queste persone sedute su improvvisate sedie e poltroncine, con il viso proteso ai raggi, sembravano malate, e infatti erano malate nell’animo.

*

Il silenzio che secondo alcuni avrebbe dovuto portare alla meditazione, alla scoperta e alla frequentazione di quel luogo per lo più nascosto e ignorato che si chiama “se stessi”, si è rivelato un clamoroso fallimento, risolvendosi in un frenetico conversare al telefono per ore surriscaldando le linee, che cadevano in continuazione, oppure in un invio altrettanto frenetico di messaggini corredati da video musicali e parlati di ogni tipo e di mail, che facevano collassare le connessioni internet. Nessuno ha retto il Silenzio, e ha desiderato approfondirlo per cercare di capire che cosa potesse voler dire.

*

Il ritorno alla natura è stato nei primi giorni di quarantena un must. Tutti si scambiavano tenere foto di uccellini, agnellini, caprioli e anatroccoli, che si riappropriavano degli spazi sottratti loro dall’Uomo. Finché con il passare dei giorni si è cominciato a trovare inquietante lo spettacolo di città vuote, con il loro inutile e desolato aspetto avveniristico e tecnologico, invase da improbabili animali selvaggi – iguane rinoceronti scimmie e coccodrilli: uno spettacolo insieme grottesco e terrificante che ci ha ricordato che la Natura è feroce e sempre in agguato per annientare l’uomo.

*

Niente di buono dunque da questo virus?  Qualcosa di buono c’è, almeno secondo la mia percezione: forse ci siamo accorti, dovendone fare a meno, di quante cose inutili è infarcita la nostra vita, e di come, nella nostra attività frenetica di tutti i giorni non vediamo più le cose che ci circondano. Ed ecco che invece ritroviamo la meraviglia e l’attenzione per come sboccia una gemma nel vaso del nostro balcone, per il volo di un’ape  cittadina (ma dove sarà il suo alveare?), per il cielo notturno dove, sì, ci sono ancora le stelle! chi le aveva più viste, da tanto, tanto tempo?, per un profilo lontano di montagne che appare in lontananza, guardando da una finestra dell’ultimo piano, oltre i grattacieli, e ci viene un tuffo al cuore, ci si inumidiscono gli occhi: le montagne! come una promessa di innocenza, di salvezza, una presenza di Dio? E quella è la risposta che inconsapevolmente attendevamo: le montagne! Ci sono, non sono un miraggio, non ci ingannano: noi siamo chiusi casa, costretti a misurare avanti e indietro avari passi sull’impiantito fra il salotto e la cucina, ma loro sono là, in tutta la loro magnificenza, con le cime ancora spruzzate di neve!

L’importante sarà ricordarsene quando, prima o poi, tutto questo sarà finito e la giostra, dapprima lentamente poi sempre più accelerando, riprenderà a girare.

Donatella Bisutti

 

Gruppo MAGOG