
“Noi vogliamo esaltare il pugno”. La boxe: dagli urli marinettiani alla nuda disciplina
Cultura generale
Alessio Magaddino
Al rosso di Francia e al grigiore americano e australiano, chi è sano favorisce il verde londinese. La forma è tutto: il prato dev’essere accurato, l’avversario va rispettato proprio perché lo si vuole uccidere, la tenuta va impeccabile. Preferibile evitare urla – inammissibile la rabbia. Il gioco si regge sulla regalità, istituisce l’eleganza. Si esce sconfitti con gloria, eventualmente.
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Il nome del club “All England Lawn Tennis and Croquet Club”, fa tremare: all’ombra del nome alligna il sacro. Chi vince un torneo è il re – esprimere la violenza in disciplina e l’arte della guerra nel gioco fa parte del genio umano. A Wimbledon c’è anche una squadra di calcio – sorry, siamo inglesi – che vanta una FA Cup, vinta nel 1988 ai danni del Liverpool. Ora la squadra vegeta in terza divisione.
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Insomma, è iniziato il torneo di tennis leggendario – da lunedì cominciano le partite di rilievo. Luglio galoppa, il circuito del campo sembra un campo da go, improvvisamente il prato potrebbe diventare bosco: comincia la caccia alla volpe! L’avversario, in ogni caso, va limpidamente impallinato. Chi osserva, assiste all’intelligenza del gesto.
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Allineiamo qualche dato curioso per arrivare pronti – e non proni – all’appuntamento tennistico. Una specie di decalogo da prato verde.
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*Un secolo fa muore Hugh ‘Lurie’ Doherty. Insieme al fratello Reggie costituì la più formidabile coppia mai vista a Wimbledon. Dal 1897 al 1905 vinsero undici edizioni del torneo. Nel 1900 sventolarono l’alloro olimpico. Furono grandi in Coppa David. In solo, Hugh vinse cinque edizioni consecutive del torneo, dal 1902 al 1906. Reggie morì nel 1910: da solo, a Wimbledon, vinse quattro volte, dal 1897 al 1900. Nelle fotografie, sdraiati, vestiti impeccabilmente di bianco, capelli impomatati, sembrano Gatsby e la sua ombra.
*Le telecronache Clerici-Tommasi hanno reso il torneo di Wimbledon qualcosa di altamente letterario, come se Flaubert insegnasse a Marcel Proust l’arte della racchetta. Tra gli scrittori ci sono i rompipalle e i raccattapalle.
*Dorothea Chambers aveva un viso severo. Vinse sette edizioni del torneo, tra 1903 e 1914, giocando con enormi gonne bianche, lunghe fino alle caviglie.
*Il re, si sa, è Roger Federer: nel 2017 si sbarazza del croato Martin Čilić in tre set. Otto volte campione di Wimbledon, nel 2003, in tre set, ottenne la prima vittoria contro l’australiano Mark Philippoussis, pare un’era fa.
*Nel 2002, prima che Federer inaugurasse un mondo nuovo tennistico, si gioca una delle più brutte finali di sempre, tra David Nalbandian e Lleyton Hewitt. L’anno prima aveva vinto Goran Ivanišević, grazie a una impressionante serie di ace in grado di ammazzare avversario e vitalità tennistica. Alto come un cestista, Goran fa del servizio una specie di tiro con l’arco, un martirio. La finale del 2001, tuttavia, fu eccesso di mito: Goran parte dal posto numero 125 in classifica: per partecipare a Wimbledon devono spiccare una wild card. Era quotato 150 a 1. Fa fuori Roddick, Rusdeski, Safin, Henman. Vince su Patrick Rafter. Baciato dagli dèi.
*A chi piace l’eleganza tedesca di Boris Becker, chi preferisce la freddezza di Pete Sampras, chi l’estro di Björn Borg o l’enfasi rockettara di John McEnroe. Rimane indimenticabile, però, lo stile di un giocatore la cui unica vittoria a Wimbledon è diventata un simbolo. Nel 1992 Agassi disintegra due mostri sacri – Becker e McEnroe – e batte in finale Ivanišević. Ha 22 anni, i capelli bizzosi, rifiuta di fare il manichino bianco. Agassi è un incrocio tra Buddha e Bob Dylan.
*La regina, implacabile, si chiama Martina, Martina Navrátilová. Martina è una specie di Pallade Atena del tennis, irraggiungibile: dei 167 titoli vinti, ci sono 9 edizioni di Wimbledon, tra 1978 e 1990. Steffi Graf la batte in finale nel 1988 e nel 1989, aggiudicandosi altri 5 tornei di Wimbledon, l’ultimo nel 1996. La divina trovò l’allieva, che vent’anni fa molla il tennis.
*110 anni fa Wimbledon va a un tipo coi baffi spiritati, robusto, vecchio. Arthur Gore vince il torneo a 41 anni passati. Record. Boris Becker, faccia d’angelo, fa suo il torneo, per la prima volta, nel 1985, a 17 anni, battendo Kevin Curren. Predestinato. Nel 1990 a Wimbledon passeggia una giovanissima Jennifer Capriati: ha 14 anni. L’anno dopo arriva in semifinale, battuta dall’argentina Gabriela Sabatini.
*Nel 2008 va in scena sul campo centrale di Wimbledon la finale più lunga: una maratona di 5 ore tra Roger Federer e il rivale storico, ‘Rafa’ Nadal. I due hanno trottato in scioltezza fino a quel momento, trattando gli avversari come pupazzi. Dovrebbero vincere entrambi, vince Nadal. Risultato pazzesco: 4-6; 4-6; 7-6; 7-6; 7-9. Nadal, genio della terra rossa, bissa Wimbledon nel 2010, battendo il ceco Tomáš Berdych.
*Dicono che l’eroe di Wimbledon, in qualche modo, sia il simbolo dell’annata – il suo volto determina una direzione alla storia. Il gioco, si sa, tempra un destino. Il detentore di Wimbledon è Novak Djokovic: dopo aver battuto Nadal in semifinale, ha avuto ragione del sudafricano Kevin Anderson, senza troppa difficoltà. Djokovic è micidiale sull’erba: ha battuto due volte Federer in finale (nel 2014 e nel 2015) e una volta Nadal, nel 2011. Il re da detronizzare è lui.