Qualcuno fermi Domingo (e l’ipocrisia che lo circonda)
Politica culturale
Luca Bistolfi
Nelle due precedenti puntate di questa rubrica ci siamo soffermati su alcune introduzioni o approfondimenti della figura e del pensiero generale di Bento de Spinoza. Adesso dobbiamo andare un poco più a fondo e occuparci – direi quasi naturalmente – dell’Etica.
Lo faremo, pur necessariamente alla breve, grazie a due edizioni, ciascuna speciale a suo modo.
La prima è curata da Paolo Cristofolini (1937-2020), notevole filologo e studioso di filosofia, in particolare di Vico e Spinoza, e autore di due significativi studi L’uomo libero. L’eresia spinozista alle radici dell’Europa moderna e La scienza intuitiva di Spinoza, oltreché dell’edizione definitiva dell’incompiuto Trattato politico (tutto per le pisane Ets).
È sua anche la migliore edizione italiana di sempre dell’Ethica.
Come molti grandi classici – ho detto molti, non tutti, ahimè – l’Ethica ha ricevute e talora subite molteplici traduzioni e curatele. Non voglio né posso ripercorrerne qui la storia; sarà sufficiente ricordare che tra i più noti volgarizzatori ci sono Erminio Troilo, Gaetano Durante (versione commentata da Giovanni Gentile), Piero Martinetti, Sossio Giametta e lo specialista spinoziano Filippo Mignini.
L’Etica di Cristofolini non ha tuttavia paragoni. Anzitutto porta il testo a fronte nella più filologicamente aggiornata lezione sino a questo momento disponibile; e, a quanto sembra dalle notizie offerte dallo stesso curatore nell’introduzione, sarà assai difficile aggiungervi qualcosa. La traduzione poi è semplicemente perfetta, sia perché elegante, sia perché tratta con intelligenza il latino di Spinoza.
Quanto al commento, Cristofolini se ne astiene del tutto e lascia parlare il solo Spinoza. I lettori potranno non gradire questa nudità e così d’esser lasciati a un solitario corpo a corpo con uno dei testi filosofici più complessi della nostra tradizione. Ma da questa impresa è meglio uscire un poco malconci e con poche pepite d’oro anziché tornare a casa rintronati dalle chiacchiere e con un sacco di pietrame volgare come si rischia tenendo dietro a certi concionatori.
La “tenuta adamitica” scelta da Cristofolini ha tuttavia anche un risvolto spiacevole ossia di non sciogliere le numerose citazioni implicite contenute nell’Ethica. Spinoza ama citare indirettamente autori e testi senza un benché minimo cenno alla fonte: et qui potest capere, capiat. Non è un contegno strafottente, ma solo una scelta dovuta, immaginiamo, alla necessità di andare al sodo. Nulla di male per Spinoza; ma invece per un’edizione critica curata per giunta da un filologo invece un po’ sì. Infatti se Cristofolini ci avesse riforniti di quei riferimenti, non sempre immediati neppure per un lettore preparato, sapremmo tra l’altro molto di più sulla cultura di Spinoza.
È però l’unico difetto che io sia riuscito a trovare in questa edizione e in fondo è perdonabile perché chi legga l’Ethica non sempre vuole fare il sommozzatore o il fungaiolo letterario.
Ancora un avviso: si presti attenzione a procurarsi la «seconda edizione riveduta e aggiornata».
Un’ultima considerazione va svolta sulla copertina, in cui campeggia un ritratto di Spinoza di Hendrick van der Spyck. Come si sa, l’immagine più diffusa del filosofo è parecchio edulcorata perché dalle descrizioni Spinoza risulta esser stato più somigliante a come ce lo mostra van der Spyck. Qui il filosofo ci guarda metà sornione e metà beato e pare davvero l’incarnazione della sua alata teoresi e di chi abbia visti alcuni dei segreti più risposti dell’esistenza e attenda altri sulla medesima strada.
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Commenti se ne trovano invece «a bizzeffe» come l’oro del Figaro rossiniano nell’ulteriore edizione dell’Ethica che suggerisco. Ma sono commenti di alto profilo perché niente meno che di Arthur Schopenhauer.
Come qualcuno sa, l’autore del Mondo come volontà e rappresentazione lasciò un vasto Nachlaß, di cui in Italia si iniziò a tradurre qualche volume (Adelphi) per poi abbandonare l’iniziativa per motivi non sempre chiari, o sin troppo. A suo modo fa parte degli opera postuma anche la copia, rigorosamente nell’originale latino, dell’Ethica su cui il filosofo aveva studiato e aveva lardellata di osservazioni. Dopo un secolo e mezzo di trascuratezza (potius sero quam numquam) abbiamo a disposizione questi commenti grazie alle Edizioni dell’università di Macerata (EuM) in un volume che presenta sia il testo latino, sia la traduzione italiana, peraltro proprio quella di Cristofolini, sia un’ampia introduzione e le note di Stefano Busellato, che in questo caso non è per nulla di troppo.
Ho voluto sottolineare la lunga assenza di questi commenti non solo per dovere di cronaca, ma per espresso spirito di polemica, spero fruttuosa. Pur conoscendo già la risposta, mi domando infatti come sia stato possibile aver ignorato i commenti a un’opera cruciale della modernità per opera d’uno dei più significativi filosofi della storia. È come se avessimo ignorati i Commenti a Boezio di Tommaso d’Aquino oppure le chiose di Shankara alla Bhagavadgita.
Come accennavo, Busellato scrive un saggio molto generoso, che sarà d’aiuto per inquadrare meglio la posizione di Spinoza nella filosofia schopenhaueriana.
Debbo però rimbrottare severamente il curatore per l’utilizzo esclusivo della Welt nella traduzione Savj-Lopez e De Lorenzo (Laterza), per lunghi anni l’unica e a cui ancora, come si vede, molti sono legati. Purtroppo si tratta di una traduzione per certi versi pregevole, ma con due grandi difetti che a mio avviso la rendono quasi inutilizzabile: segue troppo la sintassi tedesca, assai diversa dall’italiana, e non è scevra da parecchie sviste di comprensione. Mi domando perché una scelta così infausta e spericolata quando circolano traduzioni incommensurabilmente migliori sotto ogni rispetto, ad esempio quella di Giorgio Brianese (Einaudi), un autentico capolavoro anche grazie agli apparati.
Non possiamo ovviamente passare in rassegna molto di più in questo contesto. Mi sia però concessa un’ultima parola per dire, che queste Chiose all’«Etica» saranno davvero un lavoro fecondo per chi saprà sfruttarlo a favore di una re-visione di due figure estremamente imprescindibili della storia filosofica universale e per penetrare all’interno di una psicologia, quella schopenhaueriana, che più scopertamente che in altrui – come ben capì Nietzsche in un frammento postumo dell’epoca di Aurora – ha fortemente segnata una gnoseologia tanto grandiosa e forte, se pur discutibilissima, quanto esistenzialisticamente pericolosa. Se talora capita con la Welt di sentire un forte impulso, per così dire, a ritornare a Spinoza, queste Chiose a qualcuno potrebbero offrire un’eccellente motivazione.
Da questo commento d’autore emerge la radicale incompatibilità tra Spinoza e Schopenhauer. Ma bisogna ammettere che quest’ultimo, come quasi tutte le menti superiori, confidava troppo in sé stesso, com’è noto a chiunque e come si capisce, estraggo dai molteplici esempi che si potrebbe portare, dalla totale e voluta incomprensione di Hegel, ovvero, più ancora, dal contegno davvero inadeguato tenuto con Goethe sulla dottrina dei colori.
E anche alle prese con Spinoza, salvo rarissimi momenti, Schopenhauer non esce bene. È infatti davvero sgomentante constatare quanto poco o meglio nulla il filosofo di Danzica abbia colta la portata liberatrice dell’Ethica e di tutto Spinoza!
La vita di liberazione proposta del grande filosofo nederlandese è felice virile nobile e oltre a tutto, per quanto ardua, realistica; invece quella di propugnata da Schopenhauer, che rielabora mistica cristiana e buddhismo, così come queste sue radici resulta goffa pretenziosa e impossibile. A sostegno di quanto sto dicendo potrei addurre molte prove, anche a titolo personale. Ma per verificarne la fondatezza basterà guardare alle biografie di Schopenhauer e di Spinoza.
Vorrei aggiungere che non sarà campato in aria attribuire l’insofferenza di Schopenhauer verso Spinoza a motivi assai poco filosofici. Da una parte infatti, secondo Schopenhauer, Spinoza non si era ancora liberato dal retaggio giudaico; in secondo luogo, per il filosofo di Danzica era inaccettabile ritrovarsi tra i piedi un “anticipatore”, mi si perdoni l’espressione sciatta, della Volontà, soprattutto in anni in cui l’Ethica e il suo autore accendevano parecchi entusiasmi in Germania, ciò che invece non capitava a Schopenhauer.
Ad aver invece accolto a braccia aperte Spinoza quando gli comparve davanti quasi come un’epifania verso la fine della sua esistenza lucida, fu il migliore e più autentico discepolo di Schopenhauer, cioè a dire Nietzsche. E così avvenne, per altri versi, a uno dei primi tedeschi dopo Leibniz a capire la grandezza di Spinoza, vale a dire Goethe, della cui importanza, in Germania alquanto negletta, si era reso conto proprio Nietzsche. Similis simili gaudet.
Luca Bistolfi
*In copertina: Jacob van Loo, Autoritratto, 1660 ca.