21 Novembre 2018

“Sono possessiva, egocentrica, anarchica e non parlatemi di ‘quote rosa’”: Gianluca Barbera dialoga con Elisa Giobbi

Elisa Giobbi è una donna spigolosa e sfaccettata, rockettara ma non solo (ama anche la musica classica), autrice di romanzi ma anche di saggi e biografie musicali. Un passato di editore alle spalle, appassionata di politica, non nasconde di trovarsi meglio con persone dell’altro sesso e di detestare quasi tutto ciò che solitamente piace alle donne. Un po’ anarchica e un po’ borghese, come molti di noi, dopotutto. Un concentrato di contraddizioni. E di fascino. L’abbiamo intervistata.

Elisa GiobbiCara Elisa, quest’anno sei uscita con due libri. Un bell’impegno, soprattutto per quanto riguarda la promozione. Cominciamo dal romanzo. La rete (Stampa alternativa) racconta di due amiche che crescono insieme condividendo tutto malgrado le profonde differenze, ma poi accade qualcosa… Puoi raccontarcelo, ovviamente senza svelare troppo? E che cos’è ‘la rete’ del titolo?

La rete è la storia di Emma e Nico, due ragazze fiorentine legate da una profonda amicizia, da una relazione urgente e viscerale. Nico è un personaggio affascinante ma borderline, votato alla distruzione, e la rete è quella che tende ai suoi numerosi ammiratori ma anche quella in cui uno di loro farà a sua volta cadere lei. La rete è anche quella vischiosa delle dipendenze e lo stesso web, in cui si consuma la vicenda cruciale del romanzo.

Che forme assume il potere che le donne esercitano sugli uomini? Quali invece quello che gli uomini esercitano sulle donne? I ruoli possono invertirsi?

Certo che possono invertirsi. Eppure, se ci pensiamo, capita più spesso che siano gli uomini a perdere la testa per le donne piuttosto che il contrario. Alcuni sono disposti a tutto, finiscono per rovinarsi, addirittura per uccidere, incapaci di accettare il fatto di essere lasciati. I motivi sono evidentemente di natura culturale e sessuale. Basti pensare al fenomeno del cosiddetto femminicidio, ma anche ai tanti esempi di uomini potenti che hanno visto la loro immagine pubblica devastata da passioni inconfessabili e da condotte poco edificanti. Soldi e potere ti permettono di possedere un’infinità di donne, di usarle. Eppure il rispetto non si può comprare… Il caso Weinstein è emblematico. Però non dimentichiamo che noi donne abbiamo la libertà di dire sì o no: non condivido il vittimismo di certune, soprattutto se retroattivo: prendiamoci, tutti e tutte, la responsabilità delle nostre azioni: l’immagine dell’agnellino inerme nelle fauci del lupo, oltre che falsata, mi pare svilente.

Fino a che punto si può spingere l’amicizia tra donne? E in cosa differisce da quella tra uomini?

Non farei differenze di genere. Per esempio ne La rete quella che lega le due protagoniste è una relazione che esce dai confini dell’amicizia e diventa altro: un’attrazione urgente, in definitiva un grande amore. Il fatto che siano due donne è forse secondario, accidentale a livello sentimentale, sebbene sia una scelta precisa a livello narrativo.

Pur essendo una veterana della scrittura, con all’attivo diversi saggi (tutti di argomento musicale), questo è il tuo primo romanzo. Da dove nasce l’idea e come hai proceduto?

Ho impiegato pochi mesi a scrivere La rete, è stato un processo relativamente fluido e spontaneo: c’è moltissimo di me dentro. Non avevo una scaletta precisa, bensì un canovaccio piuttosto vago, poi andando avanti nella narrazione la storia e i personaggi mi hanno preso per mano e indicato la direzione. È stata una specie di epifania, qualcosa mi è venuto a cercare.

A causa dei fatti di cronaca si parla molto di femminicidio, stupri, molestie. Come vedi il rapporto tra i sessi?

Credo che l’unica differenza rispetto al passato sia che ora di certi fatti si parla molto di più mentre prima erano taciuti o tollerati, come avviene tuttora in svariate parti del mondo. Ma non colpevolizzerei gli uomini in generale, anzi. Mi piace ragionare in termini di responsabilità individuali, non per categorie. Quando sento parlare di ‘quote rosa’, per esempio, mi viene da sorridere. Mi auguro che in futuro si riesca a vivere i propri sentimenti e la propria sessualità liberamente, senza eccessivi condizionamenti culturali.

Elisa GiobbiVeniamo all’altro libro, Eterni. Vite brevi e romantiche di grandi compositori (Vololibero).

In esso racconti di Purcell, Pergolesi, Mozart, Schubert, Bellini, Mendelssohn, Chopin, Bizet e Gershwin: tutti geni della musica morti prima dei quarant’anni. Che cosa ci rivelano le loro vite?
Una cosa che li accomuna tutti è la fiamma che li brucia, tanto intensa da consumarsi rapidamente. La passione che ha mosso questi grandi compositori è stata così assoluta da consentire loro di superare difficoltà e malattie. Eterni si chiude con un post scriptum di alcune pagine su Michel Petrucciani, che incarna tutto questo in maniera eclatante. Sono esempi altissimi; mi farebbe piacere che questo libro fosse letto anche dai ragazzi.

Le cinque composizioni musicali che prediligi?

Ti dico le prime che mi vengono in mente. Cara di Lucio Dalla, una delle più belle canzoni d’amore di ogni tempo. Life on Mars di David Bowie. Notturno in MI minore di Chopin, pubblicato postumo e scritto durante la travolgente storia d’amore con George Sand. Gracias a la vida della suicida Violeta Parra, la canzone che vorrei al mio funerale. While my guitar gently weeps dei Beatles, semplicemente un capolavoro.

Che tipo di donna sei, come ti vedi?

Sono una donna complicata, impegnativa, poco accomodante. Possessiva ed egocentrica, secondo alcuni. Anarchica, secondo altri. Fedele quasi soltanto a me stessa e alle mie idee, alla mia etica/estetica, dico io. Non riconosco come valori cose come la modestia, l’obbedienza, la sincerità a tutti i costi, la moderazione, l’austerità, il decoro, la rassegnazione, lo stare nei ranghi… Mi inchino soltanto davanti alla bellezza. Ho da sempre uno spiccato ‘lato maschile’: detesto lo shopping, non indosso gioielli, non amo le smancerie e mi trovo perfettamente a mio agio con i miei amici maschi. Penso di aver progressivamente nascosto il mio lato romantico fino a soffocarlo, ma esso riemerge con prepotenza nella scrittura.

C’è qualcosa della tua giovinezza che rimpiangi di avere fatto e qualcosa che invece vorresti avere fatto e non hai avuto il coraggio o l’opportunità di fare?

Ho fatto innumerevoli errori – alcuni sono anche registrati tra le pagine de La rete – ho perso in maniera sospetta buone occasioni professionali e curato poco la mia carriera pensando più al qui e ora, per anni ho lasciato il mondo dell’editoria per i figli. Non mi sono mai impegnata in niente. Eppure non ho rimpianti. Come dice Fabrizio De André: “Quel che ho è quel che non mi manca”.

Sei salutista o dissipata? O nessuna delle due cose?
Provo orrore per gli effetti di alcol e droghe pesanti: ho rispetto del mio cervello e detesto l’idea di perdere il controllo. Ma anche i salutisti mi mettono tristezza: non mi imporrei mai una dieta. La morte ci deve trovare vivi.

Pensi mai alla morte?

Sì, la morte ha iniziato a spaventarmi quando ero poco più che una bambina e non smette di farlo. Non riesco a conciliarmi con la natura finita delle cose e credo che scrivere sia forse un modo per esorcizzarla.

Torniamo ai libri. Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Ho da sempre un’inclinazione per le scrittrici: Natalie Ginzburg, Simone De Beauvoir, Isabel Allende, Elena Ferrante, Annie Ernaux, Donna Tartt…

Come vorresti essere ricordata? Quale epitaffio?

Donna libera, amò la vita, riamata.

Gianluca Barbera

Gruppo MAGOG