
Chi sei? Perché mi cerchi? Il mito di Orfeo ed Euridice, ovvero: sul nostro rapporto con i morti
Cultura generale
Riccardo Peratoner
Un po’ gonfia, lievemente truccata, palliduccia. Un paio di giorni fa una giornalista de Le Iene ha intervistato Sara Tommasi. La tizia, già bocconiana e showgirl dalla bellezza conturbante, ha detto di soffrire di un disturbo bipolare, di essere precipitata nel “dramma della malattia” e che ora, finalmente, “è tutto bello” perché “ho riacquisito la salute”. Evviva. Di Sara Tommasi, carriera formidabile nel ‘mondo dello spettacolo’, da veejay a ‘paperetta’, da ‘schedina’ alla santificazione del calendario di Max, s’è parlato tanto per due cose: a) la presenza ‘attiva’ nei party ad Arcore con Berlusconi family (nel 2014, sul punto, Huffington Post sparò un titolo roboante: Sara Tommasi: “Ho fatto sesso con Silvio Berlusconi”); b) i film porno usciti nel 2012 e nel 2013. Ora. Quello che Sara Tommasi ha dichiarato a Le Iene m’è parso d’averlo già sentito. Ricostruisco i fatti snodando il nastro della mia memoria. Per anni ho praticato in un quotidiano ‘locale’, a Rimini. Esperienza umanamente essenziale. Il quotidiano locale ti obbliga a scendere negli inferi dell’uomo: hai a che fare con gente per cui la menzogna è oro e il doppiogiochismo è la norma. Entri nel sottosuolo dell’uomo. Bene. Ho incrociato Sara Tommasi due volte. La prima fu un due di picche. La Tommasi doveva far dono di sé in un locale riccionese. Non s’è presentata. Il tipo del locale, però, mi fa parlare al telefono con la Tommasi, per una intervista lampo. Il giornalista, di mestiere, tira già la cerniera del politico e guarda nello spioncino della serratura. Le chiesi dei film porno. Lei disse, pressappoco, “non sono io, è una controfigura”. Le chiesi di specificare. Specificò il fatidico ‘disturbo bipolare’, di cui avevano già scritto altri giornali. Ah, certo. Un giornalista ha l’onere di accertare le fonti. Per cui il video hot della Tommasi l’ho visto. Poca roba. Lei si muove meccanicamente, come una bambola gonfiabile. Manca il porno – una tizia o un tipo che sanno come muoversi, che conoscono il rito dell’atletismo sessuale – per non dire dell’eros, che è tutta roba mentale (il corpo esprime la sua verità solo se è innescato dall’immaginazione). La seconda volta fu più interessante. Sara Tommasi doveva far tappa in un ristorante di Rimini. Il caporedattore del giornale mi fa, ‘Davide, telefona al suo agente, facciamo una intervista, la spariamo in prima pagina’. Nella rubrica ho ancora un numero dalla dida sibillina: ‘agente Tommasi’. Chiamo. Il tipo mi dice che nell’intervista non devo citare i video hot, che la Tommasi deve “risciacquarsi l’immagine”, che lui la sta aiutando, che ora fa solo comparsate chic nei locali giusti. Ci sto. Io passerei la vita a leggere Rilke e a ipotizzare viaggi antartici, ma ho una curiosità irrefrenabile, una foia. L’appuntamento è presso l’albergo dove la Tommasi alloggia con l’agente. Torre Pedrera. Borgo limitrofo a Rimini, sul mare. Ricordo il brutto tempo. Ricordo la spiaggia livida e il mare simile a un pezzo di carta appiccicato a casaccio. Ricordo l’albergo enorme, troppo grande, un tempio. Ricordo lei, stretta nel vestito nero, gonna sopra le ginocchia, seno in mirabile esposizione, giacchina nera, capelli neri. Una specie di madonna oscura. Ricordo che l’intervista s’è svolta nel salone da pranzo. Oceanico. C’era anche un tavolo da biliardo, in fondo. Sarà stato tre anni fa. Lei tartaglia qualche parola. La aiuta una amica. Aitante bionda in cerca di fama. L’agente della Tommasi, poco prima, mi tocca dentro, “mi fa penare, ma vedrai… sai, per lei i Berlusconi facevano venire l’elicottero privato”. Devo dire che la nota stuzzicante non mi colpì. Ricordo tutto del contesto e nulla della fatidica intervista – che poi fu pubblicata con il massimo onore nella seconda pagina del giornale e richiamo importante in ‘prima’. La Tommasi parlava per monosillabi – mentre, in effetti, nel video de Le Iene è più pimpante e in carne, son felice per lei. Sembrava immune al mondo, devota alla divina indifferenza. Invece. Era terrorizzata. Dal salone, gigantesco, la luce svaniva, come un mucchio di lucertole. Mi ricordo perfettamente la prepotenza del suo corpo. Ne fui violentato. Un corpo – quello della Tommasi – fatto per avvincere. Pensai, come nelle più ingenue favole, di poter convertire questa ragazza, di poterla ‘salvare’. Che idiota. Di fronte a quel corpo tutte le mie ambizioni di santificazione e di santità svanirono. La Tommasi mi ha costretto a pensare quello che pensa ogni uomo. Più tardi, fui preda dalla compassione. Ma lì, davanti a lei, ero soltanto roso dal desiderio. Sconfitto. La devo ringraziare. Devo ringraziare Sara Tommasi. Quel giorno io non fui in grado di fare niente per lei – se non una intervista ornamentale, come tante. Lei mi ha fatto scoprire che faccio schifo. Ha azzerato ogni elevato pensiero culturale, riducendo i miei occhi al rasoterra della carne. Il suo corpo, come un monito, mi ha detto, sei un porco, come tutti. Ha ragione. Fu una esperienza più utile della lettura del Timeo. (d.b.)