05 Luglio 2023

L’esistenza non basta. Su Kazimierz Brandys, un Don Chisciotte polacco

«Non ci sono fatti ma solo interpretazioni». Lo ha detto Nietzsche, uno fatto alla sua maniera ma che non parlava a vanvera. Certo, la teoria che non esistano i fatti può lasciare perplessi. Per fortuna in nostro soccorso arriva uno scrittore al quale era molto chiaro quanto sia ambigua la realtà che ci circonda. Kazimierz Brandys (1916-2000). Polacco, negli anni Trenta, insofferente al nazionalismo imperante nel suo Paese, si avvicinò alle idee di sinistra e nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale fu tra gli autori di punta del regime comunista. Poi, a partire dagli anni Cinquanta, cominciarono ad affiorare in lui i primi dubbi sul socialismo reale che lo portarono prima a lasciare il Partito comunista e quindi ad andare in esilio a Parigi dal 1981. Da quel momento i suoi libri furono boicottati dall’editoria polacca per il suo impegno politico nelle file dell’opposizione al regime socialista.

Brandys è stato autore di diversi romanzi, saggi e sceneggiature, ma il suo libro più noto e apprezzato è senza alcun dubbio Rondò, scritto tra il 1974 e il 1977 e pubblicato nel 1982. È la storia di Tom, un giovane che si innamora di Tola, un’attrice di teatro nella Varsavia degli anni Trenta. Lei però ama un altro, un famoso e affascinante attore. Il romanzo ha un meccanismo narrativo perfetto. Gli eventi si succedono a un ritmo vorticoso e il tono ha qualcosa di funambolico e giocoso, tanto che a tratti sembra quasi di essere in una commedia di Feydeau. La vicenda è ambientata nel mondo del teatro, tra spettacoli, prove e cafè letterari. I personaggi principali e i comprimari si rincorrono e si cercano in un continuo gioco di specchi, maschere e prospettive che illuminano, ma sempre solo parzialmente, qualcosa di magmatico e mai pienamente determinato. Va detto che i temi del teatro e dell’identità sono fortemente connaturati a Brandys, che in una conferenza ha affermato:

«Negli attori la personalità e la parte interpretata sono la stessa cosa, la differenza tra essere e recitare è impalpabile, cosa che attenua il peso morale della vita, Nel momento in cui termina la sua parte, e deve mostrare il bene o il male elementare dentro di lui, l’uomo che è attore si denuda senza ritegno, con la naturalezza tipica degli animali».

Per amore della ragazza, Tom durante la guerra si inventa un gruppo di resistenza antinazista, chiamato appunto “Rondò”, e affida alla sua amata operazioni in apparenza pericolose ma in realtà immaginarie. Il lettore si domanda: lo fa per mantenere un controllo su di lei? Oppure per giocare con il destino e con la storia?E poi dov’è il confine esatto tra verità e finzione? E questo confine esiste poi per davvero?

Di fatto, Rondò è un romanzo su un’entità che non esiste, ma la cosa straordinaria è che a mano a mano che la storia procede questo strano soggetto immaginario assume per così dire una vita propria, indipendente dalla volontà di chi l’ha ideata, tanto che finisce per diventare talmente reale da causare un sacco di guai al proprio creatore. Di fronte a una realtà che non lo soddisfaceva Tom, il protagonista, si era ribellato e aveva deciso di inventarsene un’altra tutta sua, ma finisce per essere travolto dal castello di carte che ha messo in piedi. A un certo punto fa una riflessione illuminante:

«Desideravo da molto tempo un contatto con l’immaginario: cercando qualcosa oltre il quotidiano, avevo bisogno di conferirgli una forma più piena e una più poetica armonia. Probabilmente l’esistenza da sola non bastava ad appagarmi».

Con le sue fragilità, le sue delusioni, il suo disperato bisogno di trovare una propria identità nel mondo che lo circonda Tom è un Don Chisciotte in salsa polacca nel cuore della storia tragica del Novecento, o forse, per tornare al grande amore di Brandys per il teatro, un personaggio pirandelliano in cerca d’autore. Comunque sia, parla al nostro cuore al pari di altri grandi eroi letterari, penso al carissimo Frédéric Moreau dell’Educazione sentimentale o al Julien Sorel di Il rosso e il nero.

Quando arriva alla fine di Rondò il lettore resta come tramortito, con più domande di quando ha cominciato. La prova provata che siamo di fronte a un grande romanzo.

Un libro magnifico sul ruolo dell’immaginario, sulla fantasia, sulla menzogna, sulla verità, sulla realtà, sulle piccole e grandi irrealtà, sulle illusioni, sulle apparenze, sul «tutto è vero e niente è falso, tutto è falso e niente è vero».

Silvano Calzini

Gruppo MAGOG