05 Aprile 2020

“Finalmente, Don Chisciotte approdò a Milano”. Franz Kafka in corsia. Portiamo i grandi libri negli ospedali, per rispondere al male con le parole adatte

Portare la parola dove è il male, nel luogo della cura, dove la sua forza è verificata senza scampo, senza infingimento. In questo credo. Quando, a contagio placato, le strutture sanitarie torneranno luoghi della ricerca, dell’avventura e dell’avvenire, questo andrà fatto. Fare degli ospedali dei Centri culturali della Cura. Costruire progetti editoriali all’interno degli ospedali. Cioè, ideare libri; e in concomitanza, scuole di scrittura e spazi di memoria. La cura non può compiersi che attraverso le parole adatte, in grado di innescare il desiderio della guarigione, l’energia. Gli scrittori devono sfidare il luogo del dolore, saggiare lì la parola; i grandi libri devono invadere le corsie, un dono che lenisce i corpi, inaugura pensieri, scatti. Il prototipo di questo progetto, che unisce competenze editoriali e mediche, è stato pensato con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, uno dei centri sanitari, come si dice, ‘in prima linea’ nella lotta al contagio. In forma preliminare, si sono coinvolti alcuni narratori di oggi – per la collana “I Terapeuti” – e tradotti alcuni grandi libri – per la collana “La ricerca della felicità”. Qui ricalco una selezione di brani dal libro di Franz Kafka, “Er”, una antologia di visioni, di frammenti, di pallottole di diamante, che sondano le profondità, snodano il trauma in luce. (d.b.)

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La bestia ha una coda enorme, lunga diversi metri. Vorrei afferrarla, almeno una volta, quella coda, ma è impossibile: la bestia si muove sempre, e la coda sembra volare. La bestia sembra un canguro, ma il suo volto è umano, è piccolo, ovale, inespressivo. Soltanto i denti hanno una espressività radiosa, sia che li nasconda sia quando li mostra, minacciosa. Penso che la bestia voglia ammaestrarmi: altrimenti, perché dovrebbe sottrarmi la coda quando sto per prenderla, poi aspetta che io la rincorra per saltare via un’altra volta?

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Devi sfondare il muro con il cranio. Non è difficile sfondarlo, perché il muro è di carta. La cosa difficile è non farsi ingannare dal fatto che sulla carta sei raffigurato proprio tu, molto somigliante, mentre sfondi il muro. “Ma non lo sfondo continuamente?”, potresti pensare.

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Confessione e menzogna sono la stessa cosa. Per confessare, si mente. Ciò che si è non lo si può dire proprio perché lo si è; possiamo dire solo ciò che non siamo, cioè la menzogna. Nel coro, probabilmente, c’è una certa verità.

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Scrivere è una forma di preghiera.

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Intorno al Sinai, strisciano. Il loro discorso è impalpabile: o gridano o tacciono. Nessuno scende da lassù su una strada larga, nuova, liscia, che si ingrandisce quando la si percorre, che accelera i passi.

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L’uomo, d’altronde, è una palude: quando è preda dell’entusiasmo è come se in un punto della palude, nel pieno della sua acqua verde, vedessimo tuffarsi una piccola rana.

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Se fossimo capaci di bloccarci una parola prima della verità: tutti invece – anche io nell’arco di questo aforisma – la annientiamo con parole a centinaia.

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Si chiamava Thamühl quel luogo – era umido. Nella sinagoga di Thamühl vive un animale che ha le dimensioni e l’aspetto di una faina. La sinagoga di Thamühl è un edificio semplice, nudo, basso. Anche se è piccola la sinagoga basta per una comunità che si riduce di anno in anno. Già adesso si fa fatica a raccogliere i soldi per la manutenzione della sinagoga: alcuni hanno detto che per il culto è sufficiente una stanza. Nella sinagoga vive un animale dalle dimensioni di una faina. A volte lo si vede: si lascia avvicinare fino a una distanza di un paio di metri. Il suo pelo è verde e azzurro, ma nessuno lo ha mai toccato. L’animale è timido, stranamente tranquillo: se non lo spaventassero, non si muoverebbe mai dalla sua posizione. Il suo luogo preferito è la grata del settore dedicato alle donne. Perché ne abbiano paura è un mistero.

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Tutta la Spagna rideva di lui, per questo a Don Chisciotte non restò altro che emigrare. Come puoi continuare a vivere in un paese dove tutti ridono di te? Per questo, viaggiò lungo la Francia del Sud, e lì incontrò brave persone, con cui fece amicizia; poi attraversò le Alpi, in inverno, tra fatiche e dolori indicibili. Dunque, capitò nella pianura padana, che non gli piacque molto, e infine, finalmente, approdò a Milano.

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Diario. 1922

Gennaio

Valicare la soglia – tutto è nel bene. Un altro mondo – senza alfabeto né voce.

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Nostalgia della campagna? La campagna intona la nostalgia – la nostalgia infinita.

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Del cuore è l’inquietudine.

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Disciplina. Io non voglio evolvere, voglio passare ad altro, ad un altro che si chiama “voglio un’altra stella” – ma basterebbe sostare vicino a me, vicinissimo, basterebbe considerare come un luogo diverso il luogo in cui sto.

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Energie che si sgretolano durante la corsa in slitta – vivere non è fare il ginnasta.

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Febbraio

Nel freddo il viso muta, ma nessuno se ne accorge.

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Sfuggirgli – basta un salto – oppure nascondersi sotto la lampada, nella stanza dove il silenzio è stanziale. Dirlo è pericolante. Qualcosa chiama al bosco e la lampada esiste per aiutarli a trovare la via.

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Mettere il mio cuore al servizio.

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Raccontare una ferita, nel ghiaccio.

Franz Kafka

*Lo studio grafico del progetto editoriale è di Alice Metulini

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