21 Maggio 2021

“Senza bacchetta magica il mondo si cambia solo con il cuore”. Dialogo con Kader, musulmano

In un sobborgo di Parigi, primavera 2018, ancora lontani dalla pandemia. È presidente dell’associazione che gestisce i rapporti fra la comunità musulmana e le istituzioni comunali nel borgo in cui abito ed uno dei fondatori del nostro gruppo interreligioso. La prima volta che lo vidi fu nel 2016, all’uscita della chiesa. Portava una mano sul cuore e insieme all’imam e ad altri musulmani, chiedeva perdono a noi cristiani per l’assassinio di padre Hamel. Lo incontro per l’intervista nella biblioteca della Parrocchia, sede, fra l’altro, delle riunioni del gruppo. Mi rivolgo spessissimo a lui per documentare la parte del romanzo cui lavoro in questo momento che riguarda i rapporti della cultura occidentale con l’Islam. È attraverso la sua fede profonda che definisco e raffino i contorni sottili che separano l’Occidente dalla seconda religione di Francia. Nell’ascoltare il mio amico Kader che qui ringrazio per l’accoglienza sempre calorosa, la disponibilità e la saggezza illuminante, la parola “tolleranza” assume graziosamente un significato fresco come i prati all’alba.

Kader, musulmano; photo Cristina Dogliani

1. Come ti chiami, e perché i tuoi genitori hanno scelto proprio questo nome?

Kader – Mi chiamo Kader se si vuole abbreviare il mio nome. Altrimenti ho due nomi “Abdel” e “Kader”. Ed è una cosa normale perché sono di confessione musulmana e sono cresciuto in questa cultura e con questa religione. “Abdel” è la creatura del creatore, il servitore e “Kader’ in arabo vuol dire “il potente”, colui che crea. (La voce di Kader è sommessa, calda, discreta, ma il modo in cui si esprime cela la determinazione inattaccabile della fede. Parla lentamente cercando con cura le parole).

*

2. Se non ti chiamassi in questo modo, che nome sceglieresti se potessi prenderlo in prestito ad un personaggio storico o reale del passato o del presente?

Kader – Non ci ho mai pensato… È vero che ci sono persone che si ammirano e in effetti il loro nome, per questo, resta per me qualcosa di significativo, ma non al punto da cambiare il mio.

*

3. Sai che questa intervista anticipa il mio prossimo progetto letterario in cui sono intervistate persone note o sconosciute che avrebbero potuto condurre una vita comoda e vivere con tranquillità e facendo finta di nulla, ma che han deciso di sobbarcarsi rischi, disagi di ogni genere ed il biasimo della famiglia, degli amici e\o della società, per aver compiuto scelte “scomode”. Tu, secondo te, perché sei seduto su questa sedia e stai per essere intervistato?

Kader – Mah… allora, cerco di rispondere alla domanda… La mia scelta è stata già quella di essere utile prima di tutto alla persona che me l’ha chiesto. (Rido). Ma è una cosa dovuta, normale. Secondo, con la mia testimonianza vorrei apportare un contributo alla visione che si ha dell’Islam. Mi piacerebbe che altri l’ascoltassero così da poter dare un esempio e riuscire a fornire spunti per trarne una morale e far sapere che ci sono persone che praticano l’Islam e che sono davvero felici, come me… Se questo può essere di aiuto, scelgo volentieri di farmi intervistare. (Conclude con sguardo benevolo e sorridente).

*

4. Ne L’Arte della guerra, scritta fra il 1519 e il 1520, Machiavelli diceva che “Gli uomini che vogliono fare una cosa, debbono prima con ogni industria prepararsi per essere, venendo l’Occasione, apparecchiati a soddisfare a quello che si hanno presupposto di operare”. Nelle piccole cose, o ancor più nelle grandi, è sufficiente impegnarsi con ogni industria, con grande zelo, tenacia e ostinazione, o si ha anche bisogno dell’Occasione?

Kader – Sì, se si presentano le occasioni, tanto meglio! Quello che serve è soprattutto uno sforzo alla comunicazione. Personalmente ho interrotto la mia vita professionale in seguito a problemi di salute e ho deciso di dedicarmi al mondo delle associazioni legate alla sfera religiosa. Se si fa l’esempio della piattaforma di dialogo interreligioso cui noi partecipiamo e degli avvenimenti annuali in cui invitiamo la gente per venire a conoscere la nostra esperienza, il modo in cui ci ascoltiamo gli uni con gli altri, in cui ci rispettiamo malgrado le nostre diversità, quando diciamo a queste persone: “Guardate, siamo un esempio concreto di come si possa vivere insieme nelle differenze culturali”, ecco, questo è un modo che di certo contribuisce allo spirito della comunicazione…

M.D. – Quindi l’Occasione la si sollecita attraverso la comunicazione?

K. – Sì. Perché alla fine a cosa è volto il nostro contributo per fare le cose? Al cambiare la mentalità delle persone e a far dire loro: “Vedete, siamo talmente diversi, eppure ci ritroviamo tutti davanti all’idea del rispetto, della tolleranza…”.

M.D. – Ma che bella la tua risposta!

*

5. A cosa pensi, cosa provi nei momenti più duri quando hai tutti contro e le critiche si abbattono numerose? A quale forza ti sei aggrappato?

Kader – Mah… ho molto rispetto per gli atei e per coloro che praticano le altre religioni. Io pratico una religione nella quale mi ritrovo pienamente, e, per esempio, per rispondere alla tua domanda, mi aggrappo alla pazienza. Perché se non si impara a essere prima di tutto pazienti, non si hanno i mezzi per cambiare il corso delle cose o il mondo. Non si possono cambiare le persone così, ad un tratto: non abbiamo la bacchetta magica! Tutto quello che possiamo fare è perseverare e, nel frattempo, fare del nostro meglio… e poi avere ancora pazienza. Chi ha pazienza eviterà di passare attraverso un sentiero negativo. …Finché si può preservare la salute, l’umore e una vita sana, la pazienza è la risposta.

Manuela Diliberto insieme a Kader; photo Cristina Dogliani

*

6. Cosa fa la differenza fra il decidere di intraprendere la via più tortuosa e, invece, il far finta di niente?

Kader – Mah… Ritorno al concetto della bacchetta magica: non abbiamo la bacchetta magica, ahimé, purtroppo… Invece possiamo provare a cambiare le cose con i nostri comportamenti. Si dice che se non riusciamo a cambiare i comportamenti con la nostra bocca, possiamo provare a cambiarli con le mani e se non si riesce con le mani, li si cambia con il cuore. Se ci si mette già dalla parte della gente che cerca di cambiare le cose con il cuore, avremo guadagnato in amore… ed è tutto ciò che possiamo fare! Anche perché se si vuole agire in altro modo, si finisce inevitabilmente con la violenza e si rende il male per il male.

M.D. – Davanti a questo tu saresti capace di startene a casa a far finta di niente, a guardare la televisione e lasciare fuori il mondo?

K. – Certo che no! Proprio per questo faccio tutto quello che posso a questo scopo. Quando si tratta di aiutare finanziariamente aiuto, ma soprattutto cerco di agire in base alla mia capacità sia finanziaria che fisica. Sono limitato, come tutti gli esseri umani, ma cerco sempre di agire senza oltrepassare la linea rossa, e cioè quella del risolvere il male con il male. Le persone che fanno del male non si possono far ragionare così… bisogna essere come loro per farle ragionare, e se si diventa come loro, ci si ritroverà, anche se involontariamente, a fare del male. Ed è per questo che ciascuno deve cercare di dare il proprio contributo, purché sia un contributo positivo.

*

7. Una grande pena, una grande apprensione o una grande paura, possono giustificare la defezione da una scelta che in determinate circostanze può rivelarsi fatale sia per se stessi che per la collettività? Fino a che punto ci possiamo scusare quando a pagare per la nostra inerzia è anche qualcun altro?

Kader – (Gli spiego meglio la domanda, evocando anche il nostro stesso progetto di dialogo interreligioso. Se avessimo scelto di restarcene a casa con i nostri pregiudizi sull’altro, avremmo forse contribuito all’involuzione dell’opinione comune che spesso degenera in violenza. Nel nostro borgo l’unione congiunta del consiglio comunale con l’associazione di cui Kader è presidente, questa rara sinergia, permette di arginare i rigurgiti di intolleranza e fanatismo. Se noi del gruppo interreligioso siamo in questa magnifica armonia, vuol dire anche che i mezzi per disinnescare la bomba dell’intolleranza esistono).

Io parlo per quello che mi concerne, per quello che riguarda la religione musulmana. Da musulmano ti dico che c’è un lavoro che è stato fatto per anni qui in Francia il cui frutto si vede oggi. Prima c’erano un sacco di cose che non erano tollerabili e che restavano incomprensibili. Non c’era neanche da sognarsele! Nel frattempo ci sono stati cambiamenti per cui si è cercato di far comprendere alla gente che l’integrazione avviene da entrambe le parti: il paese che accoglie deve fare degli sforzi per capire e integrare la cultura e la religione di chi arriva e colui che arriva deve a sua volta rispettare e comprendere la religione e la cultura del paese che l’accoglie. Se c’è un rispetto da entrambe le parti, tutto si svolge benissimo. Purtroppo spesso non va in questo modo. Soprattutto all’inizio, vent’anni fa, non si tollerava la vista di un uomo che porta una djellaba (tunica tradizionale indossata soprattutto nel Maghreb),per esempio. Adesso le cose sono cambiate in positivo. Ora la maggior parte dei francesi di origine hanno capito che anche queste persone qua sono completamente francesi, che portano con loro una cultura diversa e una religione diversa, ma sempre nel rispetto della laicità. E che l’inglobare culture differenti, come nel caso degli U.S.A., può diventare una ricchezza invece di rappresentare un limite.  

M.D. – L’unione fa la ricchezza… è il caso di dirlo!

K. – Voilà! Proprio così!

M.D. – Ma secondo te si possono giudicare quei Francesi, o anche quegli Italiani che, per esempio, vivono in questi quartieri detti popolari e in cui la maggior parte degli abitanti viene ormai, che so, dal Niger tanto per dire, e che spesso spacciano o vivono di espedienti e che vivendo gli uni sugli altri, in condizioni terribili, se la prendono con loro? Si possono biasimare quando dicono: “I Nigeriani sono tutti spacciatori e delinquenti, non li vogliamo!”?

K. – Prima un paese era un paese e un continente un continente, nel vero senso della parola. Oggi quello che era un paese è diventato un quartiere. Cioè oggi quello spazio immenso si è ridotto ad un quartiere, piccolo non per la sua dimensione ma per il numero delle persone che ci è andata ad abitare e che si è spostata così rapidamente come il ritmo del mondo. Tutto questo flusso dell’altro continente ha portato con sé anche una parte del male di quella società, e quando parlo del male, intendo gli estremismi, siano essi religiosi, politici, sociali, gli estremismi che in ogni caso avevano a casa loro. Ma quando tutti questi estremismi te li ritrovi concentrati sul pianerottolo di casa tua, la reazione è assolutamente normale! Ed è una cosa comprensibile! Ma allora bisogna lasciare del tempo…

M.D. – E avere pazienza… (rido).

K. – Avere pazienza e dare il tempo ad ognuno di adattarsi a questo tipo di “mondializzazione” in cui si fanno le cose velocemente, si cammina velocemente, si viaggia e ci si sposta da un continente all’altro velocemente. La prova è che, per quanto riguarda la questione dei migranti, tale fenomeno cambierà per forza di cose la mentalità della gente. Bisogna conservare il lato positivo quando si parla del “problema” dei migranti e pensare piuttosto alle persone in Germania che li accolgono con la scritta “Benvenuti!” e a tutte le altre manifestazioni di questo genere che, certo, vorremmo vedere anche altrove. Ma bisogna essere pazienti: il mondo si sta muovendo. Fintanto che saremo in piena transizione, seguiamo questa transizione, con calma… e ognuno finirà per ritrovarsi.

*

8. Un mio conoscente conserva ben in mostra fra i suoi libri, nella libreria del suo salone, una copia di Mein Kampf. Davanti al mio stupore e alle mie domande ha spiegato seraficamente che si tratta dell’omaggio che i suoi genitori ricevettero il giorno del loro matrimonio in Germania, negli anni ’30, come si usava fare per le coppie di giovani sposi, e che per lui non si tratta che di un caro ricordo di famiglia, e niente di più. Pensi che la sua spiegazione e la sua scelta siano comprensibili e legittime?

Kader – Prima di parlare della “legittimità” parliamo della “comprensione”. Lo capiamo. Si hanno dei figli e si amano delle persone, i genitori, e si sa cos’è l’amore che si può nutrire per i propri genitori. Ma per spiegare meglio questo, c’è un versetto del Corano che dice: “I vostri beni e i vostri figli non sono altro che una tentazione” (Sura VIII – Il Bottino). Perché questo? Perché per i nostri figli siamo disposti a uccidere, a fare qualsiasi cosa. Ecco questo versetto spiega in che modo si è disposti a prestare una tale attenzione alla famiglia, ai genitori, è comprensibile, poi però bisogna restare vigili e non essere mai disposti a oltrepassare certi limiti che possono procurare del male alle persone che stanno attorno, ai vicini, alle persone con cui si vive. Quindi è comprensibile ma è al tempo stesso male. Non è legittimo, anche se non bisogna proibirlo, perché un semplice libro in una biblioteca, non può fare del male. Bisogna più vedere come si comporta l’essere umano, se è qualcuno di corretto o meno, il modo in cui ragiona…

*

9. Se non fossi te ma fossi un’altra persona e ti incontrassi e avessi occasione di conoscerti un po’, con che parole descriveresti Kader? Che descrizione ne daresti?

Kader – Mah… non voglio sputare su ciò che sono… le qualità sono quelle che cerco sempre di coltivare, come la religiosità che è una grande forza. Allora ogni sera faccio un bilancio della mia giornata e mi chiedo se ho offeso delle persone o se Dio l’indomani mi darà ancora la possibilità di vivere per andarmi a scusare o a perdonare. Mi piacerebbe un giorno addormentarmi e poter dormire la prima parte della notte con un cuore completamente puro, il che vuol dire non avere offeso nessuno e aver perdonato chi mi ha offeso. E’ una cosa così difficile! Sono una creatura di Dio e ho le mie debolezze. Ecco qui (sorride con tale amorevolezza da chiedersi cosa avrebbe mai da rimproverarsi lui davanti a Dio in quel momento). Se dovessi scegliere qualcuno vorrei essere questa persona qui. Ma è molto difficile…

M.D. – Appunto, la domanda successiva parla proprio di ciò…

*

10.

Se non fossi Kader, chi vorresti essere?

Kader – Vorrei essere me stesso, ma con un rimpianto, quello di non esserlo stato un po’ prima. Quello di prima non era il mio vero comportamento. Il comportamento è cambiato a partire dal momento in cui ho ereditato la saggezza. È la saggezza che ha determinato ciò che sono oggi. Certo come tutti ho delle mancanze… molte mancanze.

M.D. – Ma sei sempre stato credente?

K. – Sì, sempre. Anche se, nonostante ciò che si afferma, nel Corano si dice che essere credenti o praticanti non è sufficiente se non si ha la devozione religiosa verso Dio. Se si ha la devozione, sia avrà il timore di Dio e con esso il rispetto.

M.D. – (Rido) Gesù dice più o meno la stessa cosa.

K. – Ma Gesù è un profeta dell’Islam… (sorride con dolcezza).

*

Domanda Personale. Qual è il significato della parola Charia per un cittadino francese di confessione musulmana?

Kader – Nella religione musulmana si crede in Dio e nel nostro Profeta… E anche nei nostri profeti e ai gesti, alle consuetudini dei nostri profeti. Cos’è la charia? È esattamente questo. Quando noi pratichiamo la religione musulmana stiamo già praticando la charia che è il nome della pratica dell’Islam. Charia viene dall’arabo “legge”, di conseguenza seguiamo la legge dell’Islam. Poi ci possono essere persone più elastiche, altre completamente immerse in questa pratica e altre ancora che ne sono al di fuori (come in tutte le confessioni, penso fra me). Praticare la charia significa praticare l’Islam alla lettera. Ma chi pratica oggi l’Islam alla lettera? Se i musulmani praticassero la charia lettera per lettera saremmo ancora tutti con la spada a tagliare teste. Come per tutte le altre religioni…

M.D. – Come per la lapidazione delle donne nell’Antico Testamento: è scritto, ma nessuno la applicherebbe mai!

K. – Esatto. E come per tutte le altre religioni… È necessario riportare alcuni versetti al loro contesto storico dell’epoca. Quindi non bisogna prendere tutto alla lettera, ma concentrarsi solo su ciò che è positivo e “mettere da parte” il resto. Bisogna apportare una nuova comprensione e un nuovo adattamento del Corano al contesto in cui viviamo oggi. Purtroppo non si è mai lasciato ai Musulmani la possibilità di lavorare su questo dall’interno. C’è sempre stata la voce esterna di altre religioni, di altre culture non musulmane che ha interferito dicendo come si doveva agire. E questo non può mai funzionare. Purtroppo l’effetto è stato piuttosto quello delle colonie e delle varie guerre che non hanno permesso ai Musulmani di arrivare ad un tale livello di comprensione, di adattamento. Adesso invece si comincia a farlo…  

M.D. – La prima cosa che secondo te dovrebbero fare le persone che arrivano in una nuova cultura quel è?

K. – Non si dovrebbero screditare le persone, soprattutto non dovrebbero farlo quelle che arrivano. Chi arriva si dovrebbe comportare come un insegnante che entra in una classe e dà prova di buon comportamento. Cosa dice l’Islam a questo riguardo? Dio dice “Il tuo vicino, il tuo vicino, il tuo vicino…” e lo dice tre volte. Non ha mai detto se il tuo vicino è “ebreo” o “cristiano” allora non essere buono con lui. Siamo noi, gli uomini, che lo diciamo: “Ah, no, non lo aiuto perché è cristiano” o “ebreo”, e questa è la debolezza degli uomini che in questo momento non praticano una vera devozione, una vera charia. Perché se seguissero la charia e la praticassero, ecco, il risultato sarebbe un buon comportamento nei confronti dell’altro.

M.D. – Alcuni giornalisti in Italia dicono che visto che per i Musulmani il Corano è parola rivelata è impossibile non seguirlo alla lettera e che quindi la charia in sé è incompatibile con la laicità delle repubbliche democratiche.

K. – I giornalisti fanno il loro lavoro ed io lo rispetto, ma il problema è che qui non si tratta di cancellare o meno delle parole del Corano, ma di nonpraticare questo o quel versetto al fine di restare in contatto con il contesto attuale, con il nuovo contesto. Quindi ogni versetto ha il proprio contesto. Il Corano è la parola di Dio e non ha intermediari. Non ne ha mai avuti. È stato trasmesso direttamente dall’Angelo Gabriele. Non si può cancellare, non si può dire che questo o quel versetto è negativo, perché l’ha detto Dio stesso, ma si può dire quel versetto in questo momento provocherebbe del male, ed è stato detto per un altro contesto storico…

M.D. – Grazie, Kader!

K. – Grazie soprattutto a te.

Manuela Diliberto

*In copertina: Kader, musulmano, in un ritratto fotografico di Cristina Dogliani. 

Gruppo MAGOG