02 Giugno 2021

“Bisogna arrivare al cuore del labirinto e osare, osare”. Dialogo con Francis, cattolico

In un sobborgo di Parigi, primavera 2018, ancora lontani dalla pandemia. Agente dei servizi al parlamento nazionale francese per tutta una vita, è lui che con Kader ha fondato il gruppo interreligioso di cui faccio parte. Prima di sapere chi fosse, lo incontravo ovunque e in qualsiasi circostanza. Ad eventi sociali, mondani, spirituali, caritativi, militari, pacifisti, sacri e profani, discute, scambia, si confronta, indossando eccentrici accessori, sciarpe colorate, camicie vivaci. Attivissimo nella vita associativa che in Francia è una cosa seria, se ne avesse facoltà riuscirebbe a coinvolgere persino i sassi. Entusiasta del sociale, elettrone libero, si diverte a definirsi “buffone”, mettendo a volte in imbarazzo chi lo ascolta. È conosciuto da tutti semplicemente come Francis. Io gli sono molto affezionata: ho sempre avuto un debole per chi esce fuori dalle righe.   

Francis, cattolico; photo Cristina Dogliani

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1. Come ti chiami, e perché i tuoi genitori hanno scelto proprio questo nome?

Francis – Mi chiamo Francis. Mia madre pensava che avrebbe avuto una femmina che voleva chiamare France. All’epoca non c’erano tutti gli esami che si fanno oggi per conoscere il sesso del nascituro, così quando sono nato ha scelto Francis che è un nome di origine più anglosassone. Ma ho scoperto dopo – e la cosa che mi ha fatto piacere sia per il nome che porto che per la fede che pratico – che esistevano delle chiese di San Francis. Mi sono sentito rassicurato.

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2. Se non ti chiamassi in questo modo, che nome sceglieresti se potessi prenderlo in prestito ad un personaggio storico o reale del passato o del presente?

Francis – Allora direi, del passato… Un personaggio che amo molto è Charles-Maurice de Talleyrand, quindi direi Charles-Maurice, che era vescovo di Autun e ha attraversato la rivoluzione fino ad arrivare a Charles X. Un personaggio sulfureo, non di meno pieno di idee che alla fin fine si conoscono ben poco. 

M.D. – Sai come lo chiamava Napoleone? (Rido).

F. – …Di soprannomi ne aveva parecchi. (Io rido più forte) “De la merde en bas de soie” (merda in calze di seta), lo so. Ma Talleyrand non si è mai curato di cosa dicevano di lui, perché sapeva che rispetto agli altri lui era riuscito a durare (lo dice con una certa fierezza, quasi fremendo. Poi fa una pausa). E se ne parla ancora oggi! (Conclude soddisfatto).

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3. Sai che questa intervista anticipa il mio prossimo progetto letterario in cui sono intervistate persone note o sconosciute che avrebbero potuto condurre una vita comoda e vivere con tranquillità e facendo finta di nulla, ma che han deciso di sobbarcarsi rischi, disagi di ogni genere ed il biasimo della famiglia, degli amici e\o della società, per aver compiuto scelte “scomode”. Tu, secondo te, perché sei seduto su questa sedia e stai per essere intervistato?

Francis – (Sembra in difficoltà alla domanda, come se non ne avesse proprio idea e si aspettasse che glielo spieghi io)… Forse perché vedi in me qualcosa che possa apportare alla tua opera delle idee nuove e originali? Quando si scrive bisogna avere un orizzonte largo…

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4. Ne L’Arte della guerra, scritta fra il 1519 e il 1520, Machiavelli diceva che “Gli uomini che vogliono fare una cosa, debbono prima con ogni industria prepararsi per essere, venendo l’Occasione, apparecchiati a soddisfare a quello che si hanno presupposto di operare”. Nelle piccole cose, o ancor più nelle grandi, è sufficiente impegnarsi con ogni industria, con grande zelo, tenacia e ostinazione, o si ha anche bisogno dell’Occasione?

Francis – Machiavelli è uno di quei personaggi che rimangono indimenticabili e imprescindibili. L’Occasione di cui parla bisogna assolutamente che si presenti. Charles de Gaulle nel suo libro Le fil de l’épée definiva il ruolo del capo e diceva: “Bisogna cogliere le occasioni per condurle meglio” e “La gloria si dà solo a coloro che l’hanno sempre sognata”. Allora quando si hanno delle idee, delle convinzioni, la fede, quando si crede in qualcosa e si vuole dare un senso alla propria vita, bisogna in effetti affrontare le tempeste e andare controcorrente nella società e persino nel proprio gruppo. Bisogna prepararsi, certo, ma sempre con saggezza e con un ordine di marcia definito. E per quanto riguarda la fortuna, il destino, sì, credo che esistano.

M.D. – Ma il solo prepararsi, lavorarci, è sufficiente per realizzare qualcosa?

F. – Sì, è sufficiente per ottenerla. Una citazione di Talleyrand dice: “Abbiate dei progetti, pensateci ogni giorno, lavorateci e non ne parlate con nessuno”.

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5. A cosa pensi, cosa provi nei momenti più duri quando hai tutti contro e le critiche si abbattono numerose? A quale forza ti sei aggrappato?

Francis – Mi aggrappo alla Provvidenza e al disegno che è stato tracciato per me da Dio, il grande architetto dell’universo. Ognuno fa parte di un disegno, ognuno di noi ha un destino fissato, ma sta a noi individuarlo, perché la vita è come un labirinto e se non ci si avventura o se si resta semplicemente all’ingresso di questo labirinto… Bisogna arrivare fino al cuore, correre dei rischi. Bisogna osare! Bisogna osare, essere e durare in ognuna delle imprese.

Manuela Diliberto e Francis; photo Cristina Dogliani

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6. Cosa fa la differenza fra il decidere di intraprendere la via più tortuosa e, invece, il far finta di niente?

Francis – La differenza sta nel fatto che le persone che scelgono una strada tortuosa sono persone interessate al senso della vita, che si sono sempre interrogate a questo proposito. Forse sin da piccoli hanno avuto degli esempi attorno a loro che li hanno stimolati a non vivere di sola materia, ma ad impegnarsi, investirsi in qualcosa, ad avere delle idee, coltivare un ideale. Bisogna essere sognatori, è necessario sognare la propria vita…

M.D. – E per te? Cosa significa per te, personalmente, investirti in qualcosa scegliendo la strada più difficile, come ad esempio quella di fondare un gruppo interreligioso nel nostro comune, come hai fatto, andando in giro a convincere tutti, a discutere, a dialogare?

F. – Ma… (ride) Trovo che sia meglio, comunque, impegnarsi, investirsi in una tematica sociale… perché restare nel confort, circondato da begli oggetti, potrà essere anche carino, ma personalmente mi annoierei! Assolutamente. Ho lavorato tutta la mia vita in parlamento e a volte mi chiedevo se non mi trovassi fuori dal mondo, in un sistema preservato e elitario… È ovvio che sia molto gradevole trovarsi in questo contesto, ma… si è tagliati fuori dal mondo!

Mi viene in mente un episodio raccontato da uno studioso di cui non ricordo il nome, in cui il Duca di Morny (figlio naturale di Hortense de Beauharnais Bonaparte, 1811-65) infastidito da un mendicante che sulla riva della Senna faceva rumore con il suo clarinetto per ricevere qualche soldo, aveva detto alla sua corte: “Ho fatto di tutto per cacciarlo. Non ci sono riuscito. Tutto sommato non ho poi questo gran potere!”. (Rido). Si era scontrato con un uomo libero che voleva essere in quel punto, lì, con il suo clarinetto. Che avrebbe potuto fargli?

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7. Una grande pena, una grande apprensione o una grande paura, possono giustificare la defezione da una scelta che in determinate circostanze può rivelarsi fatale sia per se stessi che per la collettività? Fino a che punto ci possiamo scusare quando a pagare per la nostra inerzia è anche qualcun altro?

Francis – Prima di tutto bisogna dire che quando si decide di investirsi in qualche impresa, aver paura è umano. Chi non ha paura di niente è incosciente. Se ci si investe in un’azione, un’idea, un progetto, una religione, un movimento filosofico, una riflessione o nel dialogo interreligioso, vuol dire che nel tuo intimo hai voglia di farlo e che ci credi ciecamente. Il giorno in cui toccherò dei limiti e la paura sarà superiore alle mie convinzioni o in cui mi ritirerò avvisando prima le persone attorno a me che mi hanno dato fiducia… spero che avrò la forza di non tradire prima di tutto i miei ma neanche l’umanità.

M.D. – Allora aver paura non è scusabile per te.

F. – Ma no… Bisogna vincere la paura e soprattutto non averne mai dell’altro.

M.D. – È facile da dire…

F. – È facile da dire e difficile da fare, ma penso che nel cuore di chi si impegna in un ideale c’è sempre l’esempio di un personaggio che lo ispira e lo guida. Nella storia tutti i personaggi che si sono investiti in grandi imprese, che hanno spesso corso dei rischi enormi, l’hanno fatto perché avevano davanti agli occhi un riferimento, l’esempio di qualcuno prima di loro. Penso a un grande cristiano, Monsignor Oscar Romero (1917-1980), in America del sud, che si è battuto contro tutti i regimi di dittatura… Lui aveva l’esempio di Gesù (sorride) nonostante la paura e i dubbi che ha di certo avuto. In ogni caso è andato fino in fondo. Mi viene in mente la frase scritta sull’immagine della mia Prima Comunione che ha ispirato tutta la mia vita – sono questi piccoli flash che mi fanno andare avanti – e che recitava: “Avanza verso il largo, un grande amore ti aspetta”. Mi dico che è forse la chiave per interpretare la fine della mia vita.

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8. Un mio conoscente conserva ben in mostra fra i suoi libri, nella libreria del suo salone, una copia di Mein Kampf. Davanti al mio stupore e alle mie domande ha spiegato seraficamente che si tratta dell’omaggio che i suoi genitori ricevettero il giorno del loro matrimonio in Germania, negli anni 30, come si usava fare per le coppie di giovani sposi, e che per lui non si tratta che di un caro ricordo di famiglia, e niente di più. Pensi che la sua spiegazione e la sua scelta siano comprensibili e legittime?

Francis – Beh, nella vita di un individuo ci sono delle cose che accadono, che non si decidono e che succedono: in tal caso la persona in questione ha ereditato questo libro. Può decidere di conservarlo perché fa parte della sua vita o, altrimenti, rileggerlo, capire quanto male ci sia in esso e come faccia parte di un momento terribile della storia dell’umanità. In ogni caso mi è difficile giudicare un periodo storico che non ho vissuto, senza, certo, togliere nulla all’atrocità del personaggio di Hitler. Alla fin fine conservare la traccia di questo libro forse non è male, ma tutto dipende da cosa ne vogliamo fare.

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9. Se non fossi te ma fossi un’altra persona e ti incontrassi e avessi occasione di conoscerti un po’, con che parole descriveresti Francis? Che descrizione ne daresti?

Francis – Stravagante, originale, estroverso, libertino, libero pensatore, rivoluzionario, ma sempre rispettando le persone, rispettando la vita.

M. – E Buffone? Ti definisci sempre così… Che intendi con questo?

F. – Tu che hai letto molto sai di certo che faceva il buffone nel Medio Evo? (Rido).

M. – Sì. Una figura affascinante!

F. – Esattamente, e aveva un ruolo sociale ben preciso. Era una persona colta, intelligente, che attraverso l’autoderisione, l’umorismo e la provocazione, metteva in guardia il re. Hai letto il libro di Francis Perrin, Le bouffon des rois (“Il buffone dei re”)?

M. – No.

F. – È la storia di Alain Triboulet, gobbo e zoppo, che da buffone diventa uno dei personaggi più influenti della corte di Francia durante i due regni di Luigi XII e Francesco I. Temuto dai cortigiani, è il confidente, l’intimo, il consigliere dei due potentissimi re. Ecco… io seguo la stessa strada. È quello che fa un elettrone libero (altra locuzione che usa Francis per definirsi): va ovunque, osserva, parla e non si lascia intimorire dalla verità. E denuncia ciò che i potenti non vogliono vedere. Autoderisione e provocazione sono due ottimi strumenti per farlo!

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10. Se non fossi Francis, chi vorresti essere?

Francis – Un artista. Un artista o un ambasciatore, come ho detto prima, o un grande avvocato… perché poi alla fine fra questi tre mestieri c’è un tratto comune: l’artista è un ambasciatore nel mondo della cultura, l’ambasciatore porta la cultura del suo paese e l’avvocato è una specie di artista durante le sue arringhe, perché evoca l’arte e la filosofia.

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Domanda Personale. Cosa vuol dire “interreligioso” per te?

Francis – Potrei dartene due di definizioni di interreligioso. Una è quella che avevo anni fa, prima di cominciare l’esperienza con il gruppo, ed è quella della chiesa cattolica, e cioè un atto ecumenico di apertura verso le altre confessioni religiose. Penso per esempio ai grandi incontri dei pontefici con i rappresentanti delle altre confessioni… mi viene in mente quando il 13 aprile del 1986 per la prima volta un papa, Giovanni Paolo II, si recò in visita in una sinagoga, quella di Roma. L’altra, invece, è quella che ne posso dare oggi, dopo la mia esperienza. Interreligioso per me è un concetto ormai assolutamente legato a quello della società civile e un impegno imprescindibile da essa. Oggi mi sento a tutti gli effetti un cittadino di confessione cattolica impegnato nella vita sociale. (Fa una pausa e continua quasi solenne). In genere non lo si dice, ma tieni a mente che la dicitura del Ministero dell’Interno per intero, in Francia, è: Ministero dell’Interno e dei Culti (Ministère de l’Intérieur et des Cultes)! 

M. – Visto che abbiamo parlato di libertà sociale, di denuncia, parliamo un po’ dell’antitesi della libertà, parliamo della schiavitù: credi che sia un capitolo chiuso della storia?

Francis – La schiavitù e la tratta sono state praticate sin dalla notte dei tempi. È stato anche il caso della Francia con i navigli dei negrieri che partivano da Nantes. Quello che osservo però è che purtroppo le cose non sono tanto cambiate ai giorni nostri. Oggi ci sono altre forme di schiavitù, e non si può dire che abbiamo fatto molti progressi in questo campo! Ad esempio, prendiamo i cellulari che usiamo oggi, prova della nostra evoluzione tecnologica (dice, puntando gli occhi sui nostri, sul tavolo). Quanti bambini sono stati costretti a trovare i minerali per farli funzionare? E quante persone lavorano nel mondo in condizioni che non sono quelle nostre in Europa, in cui si sono acquisiti i diritti grazie alle lotte socialiste? La verità è che ci dovremmo porre molte più domande. (Fa una pausa) … se riflettessimo su tutto questo profondamente, cercando di essere coerenti con la propria religione, credo che non riusciremmo a guardarci così facilmente allo specchio. (Rimaniamo in silenzio ad osservarci).

Manuela Diliberto

*In copertina: Francis, cattolico, in un ritratto fotografico di Cristina Dogliani.

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