13 Febbraio 2020

L’ambientalismo secondo Régis Debray: benvenuti all’Internazionale dell’Angoscia. È stato Petrarca a inaugurare l’era faustiana e a prevedere l’allunaggio

In Francia esiste ancora la categoria dell’intellettuale – un tizio che declina i ‘temi’ con ansia non tanto televisiva (come accade da questo lato delle Alpi), ma da ghigliottinatore. Piaccia o meno, l’intellettuale francofono è piacione e giacobino. Régis Debray, ventenne, era al fianco del ‘Che’ – fu il suo Giuda? – ora, plurisettantenne, ci spiega come va il mondo. Formidabile pamphlettista, per Gallimard, lo scorso anno, ha firmato “L’Europe fantôme” e “Du génie français”, mentre Mimesis traduceva “Fenomenologia del terrore”. Ora, con infallibile prestanza mediatica, Debray pubblica “Le Siècle Vert. Un changement de civilisation”. Questa la ‘quarta’: “Uno spettro ossessiona l’Occidente: la fine del sistema Terra. Tutti i poteri del mondo antico cercano di scongiurare o contenere la preoccupazione crescente. Ovunque, la gioventù scolarizzata si solleva e da Berlino a Roma, da New York a Parigi, da Madrid a Manchester, un solo grido: Basta discorsi, agiamo! Il futuro accusa il passato e convoca Prometeo al timone perché domani non sapremo più cos’è un pupazzo di neve, una fonte d’acqua potabile, una spiaggia. Abbiamo conosciuto l’Internazionale della speranza, stiamo scoprendo l’Internazionale dell’angoscia. Questo è un momento cruciale tra due epoche della nostra cultura. Il secolo sta cambiando sotto i nostri occhi, con urgenza. Noi, sopravvissuti del XX secolo, dobbiamo ricordare da quale matrice siamo usciti, quale storia ci ha fatto evolvere: un millennio di acculturazione”. Traduciamo qui parte del primo capitolo del libro.

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La colpa di Faust

Da quale infinito Medioevo siamo sorti? Dalla modernità. O dall’era faustiana – come l’ha battezzata Oswald Spengler questo grande poeta frainteso della storia universale. Faust è il medico e mago, nato alla fine del XV secolo, che fa un patto con il Diavolo, impersonato da Mefistofele, fa prodezze con il suo atanor, i suoi alambicchi, scopre la giovinezza eterna, seduce l’innocente Margherita, ma finisce strangolato dal suo mentore satanico. Ascensione, supremazia, dannazione: meglio del mito pagano di Prometeo, quello di Faust designa il destino dei pescatori di uomini che vollero diventare divinità facendosi “padroni e possessori della natura”. Vendere l’anima all’alchimia e ai suoi incanti non fu un buon affare… Goethe ne fece un dramma, Berlioz un’opera, Valery un saggio teatrale, Thomas Mann un romanzo, e a noi, che arriviamo come la polizia sulla scena di un crimine, il nostro pianeta, appare come un appello di luci dal fondo della notte. Quando ha preso forma questa era inebriante, che sostituisce l’antichità greco-romana, a volte definita apollinea? Poco prima del Quattrocento, un giorno del 1336, quando Petrarca, il poeta, andò a conquistare l’ignoto scalando il Mont Ventoux – piuttosto che contemplarlo da lontano, saggiandolo nel sogno, come facevano i Greci con l’Olimpo. Passando, cioè, da una contemplazione estetica e distante al desiderio di possedere fisicamente uno spazio. Quando si è conclusa questa era? Nel 1969, il giorno in cui Neil Armstrong mise piede sulla Luna. “Un grande passo per l’umanità…”, già, ma verso dove? L’avventura iniziata a Vaucluse trova culmine in Florida, a Cape Canaveral. Stessa sfida, diversa scala. Tra il punto di partenza e quello di arrivo, gli scienziati hanno progettato la bomba atomica. Un grosso sasso nella scarpa e nella coscienza dell’uomo predestinato ad ascendere. Di qui il nostro imbarazzo. E un sospetto celato: questo patto di fedeltà con le cose non risulta, piuttosto, sulla soglia del Rinascimento, un passo di lato? Quello che l’amante di Laura, Petrarca, dice essere un “commosso desiderio di vedere un luogo rinomato per la sua altezza”, non ancora la luna ma una montagna “decisamente ripida e quasi inaccessibile”, inaugura una pericolosa escalation che ora cerchiamo in forme imberbi di arginare. Diventando faustiano, il mammifero a due zampe ha abbandonato l’eterno per entrare nella storia, ma è lasciando la storia che si scopre un mero elemento della zoologia. Una specie animale sospesa, che si domanda se meriti un futuro, e quale… Non rimpiangiamo nulla del passato, non ci attendiamo nulla dal futuro che non sappiamo già. “Non ci si bagna due volte nello stesso fiume”, dice Eraclito. Immagine commovente di una eternità immobile. Il nostro fiume ci altera mentre scorre. Noi siamo occidentali, curiosi, insoddisfatti, irretiti dal sangue. All’impalpabile delle Mille e una notte Don Giovanni preferisce mille notti, polpose, e Faust conquista una regione da colonizzare, da mettere a reddito…

Régis Debray

*In copertina: una immagine da “Scene da Faust”, spettacolo di Federico Tiezzi, tratto da Goethe

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