È uscita una biografia mastodontica di Susan Sontag, che da noi ha goduto il plauso degli intelligenti che leggevano Barthes e approfondivano il tema “cinema & sguardo fotografico”. Naturalmente la Sontag era più di questo, non era incasellabile in uno schedario ideologico, era troppo avanti rispetto ai suoi lettori italiani tra anni Settanta e Ottanta. La biografiaSontag: Her Life and Workdi Benjamin Moser è lì a provarlo. Vista in una vetrina fa spavento: sembra una cassa mortuaria tirata a lucido con un viso ammaliante incorniciato da folta criniera. Sotto, se vai a grattare, trovi una donna corrosa dalla sua intelligenza. Troppo intellettuale. Anche per gli standard europei.
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Sull’ultimo numero del New Yorkertrovate un articolo lunghetto dedicato a Susan Sontag. Il pezzo annuncia l’uscita di un terzo diario di Susan che percorre tutti gli anni Ottanta. Dopodiché l’articolessa si diffonde a parlare della prima biografia ufficiale, uscita adesso grazie a Moser, a 15 anni dalla morte. Ma le acque non si sono ancora calmate, il pettegolezzo sciabola e infesta. Siamo alla spremitura delle fonti, alla vendemmia delle carte cadute dalla scrivania dell’autore.
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Mettendo da parte le considerazioni su cultura & politica di Sontag, rimarranno più a lungo i diari privati che il lettore italiano ha a disposizione grazie a Nottetempo. Qui in fondo leggete una scelta dal secondo volume, metà anni Sessanta. Molto sesso, poca carne, moltissima letteratura.
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Traduco dal New Yorker una nota diaristica rivelatrice: “Quante volte ho detto in giro che Pearl Kazin era la fidanzata principale di Dylan Thomas? Che Norman Mailer fa orgie? Che Matthiessen [scrittore] era queer. Tutto pubblico, per esserne certi, ma chi diavolo sono io per andare a spiattellare le abitudini sessuali altrui? Quante volte mi sono criticata con rabbia per questo: denigrare gli altri per i fatti sessuali è poco meno offensivo che vantare conoscenze altolocate, quando invece non ne abbiamo. Cosa che ho fatto l’anno scorso ai danni di Allen Ginsberg mentre scrivevo Commentary” (febbraio 1960). Si vede che i diari di Sontag sono tutto cervello, lontanissimi dai diari lerci stile Goncourt. Sontag era e rimase un’intellettuale. Tentava di descrivere il brivido della carne passando in punta di piedi sul dorso della natura.
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Considerazione a margine. Sontag fece scalpore perché dopo essersi sposata nel 1950 a diciassette anni e aver avuto un figlio cambiò dottrina e praticò e visse il lesbismo. Ecco una nota inedita di Sontag tratta dalla biografia: “Si stava nel letto, i primi mesi del matrimonio, facendo l’amore quattro o cinque volte al giorno e nelle pause parlavamo, parlavamo senza fine di arte, politica, religione, morale”. Una tremenda affinità intellettuale. Tenere presente che il marito aveva ventinove anni e insegnava sociologia all’università di Chicago e Sontag ne era assistente. Il matrimonio durò otto anni, se può interessare. Se qualcosa venne fuori, oltre a un figlio, fu la pubblicazione su Freud che valse gloria al marito. Ma, sogghigna il biografo, era farina di altro sacco…
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L’articolo del New Yorker punta il dito contro la Sontag, nel classico modo della rivista puritana che, per additare il colpevole sulla base di una divina folgorazione, lancia il sasso nello stagno, vedendo poi come si muovono gli altri quando le acque creano le piccole onde dell’ingiuria morale. Ancora oggi, a distanza di quarant’anni, le sue perfomance intellettuali appaiono ardite. In particolare, il suo saggio su Cioran è visto nell’articolessa come “un pezzo che fece sbiancare ogni lettore di lingua inglese, a parte dieci o venti persone”. In realtà la Sontag individuava con forza le origini conservatrici di Cioran. Ecco un estratto: “Può essere rilevante ricordare che Cioran nacque nel 1911 in Romania. In teoria tutti questi celebri intellettuali espatriati come lui sono stati apolitici o decisamente reazionari. Il suo unico libro, oltre alle cinque raccolte di saggi, è un’edizione di Joseph de Maistre pubblicata nel 1957. Scrisse un’introduzione e presentò alcuni passi di quel libro. Ma non ha sviluppato nulla di simile a una teologia esplicita per la contro-rivoluzione al modo di de Maistre (in fondo Cioran la vede proprio come lui). Come Donoso Cortés e (più vicino a noi) Eric Voegelin, Cioran possiede quel che possiamo descrivere qui come sensibilità cattolica destrorsa. L’abito mentale di fomentare le rivoluzioni contro l’ordine sociale stabilito in nome di giustizia e eguaglianza lui lo bolla come fanatismo infantile. Come un vetusto cardinale che guardasse le attività di una setta di rozzi millennial”. Non male, la signora…
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Proprio vero: il saggio di Sontag rischia di perdersi nelle biblioteche italiane. È stato tradotto per Mondadori e inserito insieme a un altro paio di testi in Stili di volontà radicale. Siccome però il testo è del 1999 e su Amazon viaggia a prezzi d’asta, ve ne ripropongo il finale poderoso, da pensatrice muscolare: “Mentre Cioran ci mostra la sua visione politica, per quanto implicitamente, in quasi tutti i saggi, il suo approccio alla fine non gronda di pietà religiosa. Molto c’è di politico, simpatie morali comuni con la sensibilità cattolica destrorsa – Cioran medesimo, lo ribadisco, è tutto paradossi di teologia atea. Sostiene che la fede da sola non risolve un bel nulla. Forse quel che lo trattiene dall’abbracciare (in via secolare) una specie di teologia cattolica è il fatto che lui capisce fin troppo bene – e condivide – i presupposti dei pensatori romantici”.
“In quanto critico della sinistra, Cioran fa un’analisi lievemente snob del fatto che ‘la ribellione gode di un privilegio indiscusso tra noi’ e non dimentica che ‘quasi tutte le nostre scoperte sono state arrecate da violenze, esacerbazione della nostra stabilità’. Perciò, nei saggi trovi implicazioni degne di un conservatore, con un trattamento risentito, tipico degli sradicati – ma devi cercare l’attitudine positiva e l’ironia verso la ribellione, come in Pensare contro se stessi – un saggio che conclude con un ammonimento. ‘Poiché l’Assoluto corrisponde al significato che non siamo stati abili a coltivare, arrendiamoci a tutti i ribelli. Finiranno per volgersi contro se stessi, contro di noi’”.
Finale palpabile del saggio: “Tutto ciò rende la posizione di Cioran poco conservatrice. Invero, nel senso moderno della parola, sopra tutto e tutti, è una postura aristocratica”.
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Tornando all’articolessa, per concludere. C’è tutta una serie di considerazioni malevole: come quella che Sontag pur amando le donne andava a letto con il suo editore, il quale oggi è ricco di aneddoti sugli alberghi degli incontri e non tralascia nulla nelle interviste raccolte nella biografia.
E poi, per ogni schiaffo una carezza: la biografia riporta alcuni ‘pregevoli’ ricordi di Sigrid Nunez che all’epoca aveva 23 anni ed era fidanzata con il figlio di Susan, David, 25 anni: i due convivevano sotto lo stesso tetto con la mamma di lui. Guardate che bozzetto raccontato dalla Nunez: “David prese la macchina e ricordo che andammo in giro, io lui Susan e Brodsky, la macchina piena di fumo e la voce di Joseph – profonda, un rombo, e tante risate divertenti e agitate”.
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L’articolo del New Yorker si chiude salomonicamente copiando questa nota di diario del 1973: “Nella vita, non voglio mi si riduca al mio lavoro. Nel mio lavoro, non voglio essere ridotta alla mia vita. – Il mio lavoro è troppo austero. – La mia vita è un aneddoto brutale”.
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Le note che leggete ora sono di una donna che aveva superato il giro di boa dei trenta. Si direbbe?
Andrea Bianchi
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Susan Sontag, La coscienza imbrigliata al corpo. Diari e taccuini 1964-80
24/8/1964
La bella monotonia della grande arte – Stendhal, Bach. (Ma non Shakespeare)
La sensazione dell’inevitabilità di uno stile – la sensazione che l’artista non avesse alternative, perché totalmente incentrato nel proprio stile.
Confrontare Flaubert e Joyce (voulu, costruito, intricato) con Laclos e Radiguet.
L’arte più grande sembra una secrezione, non una costruzione.
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1/11/64
Avevo paura di mia madre, una paura fisica. Non paura della sua rabbia, o paura che lei riducesse lo scarso nutrimento emotivo che mi forniva, ma paura di lei. Mi schiaffeggiava in faccia – perché le rispondevo, la contraddicevo. L’ho sempre giustificata. Non mi sono mai permessa la rabbia, l’indignazione.
Se non posso giudicare il mondo, devo giudicare me stessa. Sto imparando a giudicare il mondo.
Da scrittrice tollero l’errore, la prestazione insufficiente, il fallimento. (…) è proprio questo l’atteggiamento che non riesco ad assumere rispetto al sesso. Non ho fiducia che alcune volte (senza bisogno di forzare) il sesso funzionerà.
Nel sesso vorrei, come per la scrittura, essere veicolo, mezzo, strumento di una forza che è al di là di me. Vorrei farmi ‘usare’ dal sesso, fidandomene. Abbandono verso se stessi, verso la vita. Una preghiera. Che così sia, qualunque cosa sia. Mi lascio andare.
Bisogna essere devoti al sesso. Così non si avrebbe l’ardire di essere ansiosi. L’ansia non si rivelerebbe per quello che è – grettezza spirituale, meschinità, piccolezza.
Consultare: Levy Strauss sul Natale, Proust su Flaubert, la nuova rivista Hermes di Eliade, Butor su Rothko, qualunque traduzione inglese di Louis-René des Forets.
Fantascienza – mitologia popolare per l’immaginazione negativa contemporanea sull’impersonale.
Creature extraterrestri = la cosa, ciò che assume il controllo.
Saggio: stile, silenzio, ripetizione.
Raffronto tra Klee e Valery. Teoria + arte. (…)
Pornografia. John Wilmot, John Cleland, Lawrence Sterne, John Wilkes e Robert Burns poeti e scrittori erano tutti affiliati a società segrete erotiche. Wilkes ai Monaci di Medmenham, Burns alle Muse di Caledonia.
XVIII secolo nessun senso di colpa, ateismo, opere più filosofiche, polemiche.
XIX secolo senso di colpa, orrore. Orrore di Stendhal giovane per le prostitute.(…)
Andrea de Nerciat raggiunse il grado di colonnello. Due opere filosofiche:
Le diable au corps il sesso mai condannato, sempre piacevole, molta satira sociale.